Valle d’Aosta, l’ascesa delle circoscrizioni venatorie

È raro che dalla quieta Valle d’Aosta arrivi una polemica politica. A meno di parlare di caccia. In questo caso, al di là dei numeri ampi, le opposizioni si fanno sentire e riflettono in piccolo quanto avviene sui palcoscenici di tutto il resto del Belpaese. Ma la nuova norma venatoria è stata approvata e, anche se con un periodo bianco di 18 mesi prima di entrare pienamente a regime, va a incidere soprattutto sul criterio di assegnazione dei capi da abbattere. Nel dettaglio, nella seduta del 14 luglio 2016 il Consiglio regionale ha approvato i 18 articoli del disegno di legge governativo che modifica le norme per la tutela e la gestione della fauna selvatica, la disciplina dell’attività venatoria e le disposizioni in materia di parchi faunistici, modificando le leggi regionali 64/1994 e 34/2006.

Il testo è passato con 25 sì (Union Valdôtaine, Stella Alpina, PD-Sinistra VdA, Union Valdôtaine Progressiste), il voto contrario del rappresentante del Movimento 5 Stelle e le 6 astensioni del gruppo ALPE e di Elso Gerandin (UVP).

La legge: capi assegnati all’interno delle circoscrizioni

Se si presta attenzione alle parole del relatore di maggioranza, il consigliere segretario David Follien (UV), è evidente che la spending review abbia rappresentato uno dei capisaldi della riforma: “viene eliminato l'obbligo di revisione quinquennale del piano regionale faunistico-venatorio, diminuiscono il numero e le indennità dei rappresentanti della Consulta faunistica regionale, è introdotto il permesso giornaliero di caccia” che si affianca al tesserino annuale. E in più, la quota spettante al Comitato regionale per la gestione venatoria passa dall’80% al 40%, così da incrementare il fondo per il risarcimento dei danni da fauna selvatica.

Ma nella razionalizzazione della caccia non c’è soltanto il comprensibile capitolo delle spese e, anche se i nuovi meccanismi di gestione entreranno in vigore a pieno regime soltanto dal 1° gennaio 2018 per lasciare ai cacciatori tutto il tempo per prenderci l’abitudine, vale la pena di cominciare a farci caso: le circoscrizioni venatorie sub-comprensoriali diventano ufficialmente le unità di riferimento per la distribuzione dei cacciatori sul territorio. Soprattutto: per le specie soggette ad assegnazione nominativa, compreso il cinghiale non in braccata, i capi sono assegnati ai cacciatori appartenenti a una specifica circoscrizione, mentre tutte le altre specie cacciabili restano prelevabili all’interno di tutto il comprensorio alpino. Ma sino al 31 dicembre 2017 entra in vigore una normativa-ponte che assegna i capi ai cacciatori di una circoscrizione soltanto in via prioritaria, e poi procede con l’assegnazione degli animali eccedenti ai cacciatori esterni.

Soddisfatta la Giunta: fiducia nei cacciatori

Il sito ufficiale della Regione riporta le parole di soddisfazione dell’assessore all’agricoltura Renzo Testolin (UV), soddisfatto per l’introduzione di norme tecniche che garantiscano uniformità su tutto il territorio e tentino di affrontare i cambiamenti a cui la società è inevitabilmente sottoposta nel corso di 20 anni. Testolin ribadisce che fino al 2018 sarà in vigore “un meccanismo di compensazione equa tra tutti i cacciatori” e si dice certo “che il mondo venatorio saprà fare buon uso della fase transitoria per trovare soluzioni che permettano di favorire e stimolare lo spostamento delle residenze venatorie nelle circoscrizioni a più alta vocazione di caccia, al fine di ottenere a regime percentuali di assegnazioni il più uniformi possibile su tutto il territorio regionale”.

Compatta la maggioranza, polemici i 5 Stelle

Favorevole il PD-SVdA: secondo Carmela Fontana “la caccia rappresenta uno strumento gestionale nella regolazione degli ungulati e negli ultimi anni il settore è stato interessato da un percorso di formazione continua a cui accompagnare l’ammodernamento dell'apparato normativo”. Fontana afferma che il nuovo provvedimento va “incontro a queste esigenze e sia volto a una gestione più rispondente alle peculiarità del territorio, ad assicurare la più ampia partecipazione a tutte le categorie interessate e a responsabilizzare il cacciatore”.

Il capogruppo di ALPE Albert Chatrian ha motivato l’astensione dei suoi facendo riferimento a un emendamento da loro presentato “che teneva conto del 99% dei desiderata emersi nel corso dei lavori già svolti” e alla crescente sfiducia dei 1.400 valdostani coinvolti nel settore e però ormai disincantati per via delle lungaggini burocratiche.

Pur con qualche perplessità, Alessandro Nogara (UVP) ha affermato che in sostanza il disegno di legge modifica in positivo la norma precedente e recepisce i due terzi sulle richieste dei cacciatori; ma l’UVP si dice pronta a battagliare per emendare la legge nel prossimo autunno, superando la norma transitoria con un provvedimento che leghi ancor di più i cacciatori al territorio di riferimento. Proprio per questo motivo è arrivata l’astensione a titolo personale di Elso Gerandin (UVP), secondo il quale “la reintroduzione del sistema della compensazione nell'assegnazione dei capi ci fa tornare indietro quando invece, nel 2013, si era scelto di abbandonarlo definitivamente”.

Il voto contrario della più combattiva forza di opposizione, il Movimento 5 Stelle, arriva più per motivi ideologici che per le ricadute pratiche. Roberto Cognetta, unico eletto pentastellato in consiglio, ha ribadito che “il Movimento 5 Stelle è da sempre contro la caccia e il mio voto non può che essere contrario a questa legge che nelle premesse dice di voler salvaguardare la fauna, ma nei fatti permette di uccidere animali innocenti per il gusto di sparare. I motivi sono molti ma sopra tutti gli altri devo ribadire che, oggi più che mai, è inaccettabile uccidere per divertimento. Altri motivi sono che la crisi ambientale è fortissima, che in Valle d'Aosta il Piano faunistico venatorio regionale è fermo al 2012, che la caccia comporta un devastante disturbo biologico su tutte le specie, anche quelle che non sono oggetto di spari. La caccia continua ad avvelenare l'ambiente con il piombo delle cartucce. Infine, non meno importante, sono contrario perché gli incidenti capitano e il ferimento o la morte di un essere umano non si giustifica in nessun modo”.

C’è poco da dire: se non si concorda sulle basi del paradigma di riferimento, è difficile arrivare a una posizione di sintesi. Nella più piccola regione italiana come nelle più elevate stanze della Repubblica.

(esseti)