Carne selvaggia: carnivori di tutto il mondo unitevi! Ottava parte: la cucina tradizionale della Capanna di Eraclio

“La Capanna di Eraclio”, una stella Michelin nel 1999, a Codigoro, in provincia di Ferrara. Risale ai primi anni del 900, costruita da nonno Luigi. 

La selvaggina è legata intimamente alla tradizione culinaria italiana e anche alla sua geografia. Sulle tavole dei ricchi e su quelle dei poveri, che ne apprezzavano l’apporto proteico a buon mercato. Oggi la selvaggina può essere per tutti, ma è ancora alla base di piatti straordinari, ancora del tutto attuali. “Eraclio era cacciatore e pescatore, il resto lo portavano i contadini della zona”: così è nato il famoso ristorante “La Capanna di Eraclio”, una stella Michelin nel 1999.

Lo racconta Maria Grazia Soncini che ha ereditato il mestiere di chef, con il fratello Pierluigi. A Codigoro, in provincia di Ferrara, nel rinomato ristorante, i sapori della gastronomia hanno raggiunto un’eccellenza riconosciuta e apprezzata in tutto il Paese. Eraclio era papà di Maria Grazia, la capanna risale ai primi anni del 900, costruita da nonno Luigi. Poco più di una casupola di legno e pietra che oggi conserva i segni degli ampliamenti e dei rimaneggiamenti, proprio come le case di una volta.

In quella capanna Maria Grazia e Pierluigi hanno raccolto da tempo il testimone dell’eccellenza della cucina ferrarese e italiana. Soprattutto da Vanda Bernardoni, la moglie di Eraclio, alle spalle una esperienza decennale di sfoglina.

La più grande varietà di avifauna d'Italia

Maria Grazia è affettuosamente legata alla tradizione famigliare e della terra. È la zona delle Valli di Comacchio, una delle aree umide più estese d'Italia, tra le province di Ravenna e Ferrara, a sud del Delta del Po e a nord della riviera romagnola. Ospita la più grande varietà di avifauna d'Italia. Codigoro, nel delta del Po ferrarese, è terra di anguille, muggini, vongole e moleche, zucche e aglio bianco, naturalmente anatre e altra selvaggina di penna come pernici e fagiani. Qui la cucina è fatta di ricette antiche, sapori tradizionali quasi centenari.

Soncini, come vede l'utilizzo della carne di selvaggina in cucina e cosa pensa della caccia di oggi rispetto alle questioni della filiera corta e della qualità delle carni "selvagge"?

«Utilizzando animali interi si tende a dare dignità a ogni parte di questi, per abito mentale, a non buttare via niente. Il gioco più stimolante è proprio quello di rendere le parti meno pregiate interessanti e ugualmente golose».

«La carne di selvaggina è quella di animali che vivono e si nutrono liberamente, mangiano quello che piace loro e per il loro benessere, pertanto le ritengo carni “sane”. Attualmente ci sono macelli dedicati, quindi si può controllare la salubrità della carne. Spero che questo avvenga anche per tutti gli uccelli di valle, in modo da poterli utilizzare liberamente in cucina. Mettere in commercio animali appena cacciati, sia delle valli che dei boschi, permette di avere in cucina prodotti da lavorare in tempi brevi e nella loro “purezza”».

E poi c'è la questione della tradizione culinaria che prevede numerosi piatti a base di selvaggina o cacciagione. Lei ha una visione "circolare" della cucina: non si butta via niente...

«La zona costiera del delta del Po è stata ed è una zona di valli di caccia, specialmente nel Rodigino. Pertanto, sono ingredienti che si sono sempre consumati, nel passato per sopravvivenza e, attualmente, per diletto gastronomico. A me piace molto cucinare la selvaggina, alla Capanna abbiamo costantemente piatti a base di volatili di Valle. L’attuale legislazione, purtroppo non ci permette l’utilizzo di alcune specie».

Cucinare la selvaggina

Esistono modi moderni per cucinare la selvaggina, per sfruttarne appieno le caratteristiche e le peculiarità?

Il ristorante è nelle Valli di Comacchio, una delle aree umide più estese d'Italia, che ospita la più grande varietà di avifauna d'Italia.

«Sono una cuoca vecchio stampo, le mie prime conoscenze provengono da una cucina casalinga, quella dell’economia domestica, dove non erano previsti scarti. Utilizzando animali interi si tende a dare dignità a ogni parte di questi, per abito mentale, a non buttare via niente. Il gioco più stimolante è proprio quello di rendere le parti meno pregiate interessanti e ugualmente golose».

Come usa e intende la carne di selvaggina?

«Cucino con ricette tradizionali e considero un privilegio poter condividere questo sapere con il cliente. Pertanto, le mie ricette prevedono le lunghe cotture. Ma se la carne è controllata e sana le lunghe cotture fatte in passato per sanificare possono essere bypassate arrivando a servire la carne cruda. E questo grazie alla filiera corta. Non sono una fan delle cotture sottovuoto e a bassa temperatura per la selvaggina, anche se ho stima per chi le fa».

Ci spiega una ricetta di selvaggina, come il famoso "risotto di caccia di valle"?

Il risotto di caccia di valle, celebre piatto della Capanna, inalterato nel tempo.

«Per quanto mi è possibile uso diverse tipologie di selvaggina di Valle. Per il ragù del risotto, le carni delle cosce, più fibrose, vengono macinate e i petti tagliati a cubetti, in modo da avere alla masticazione una consistenza piacevole. Procedo come per uno normale ragù, sfumando con vino rosso e aggiungendo una piccola parte di conserva di pomodoro, come da tradizione. Porto a cottura il risotto con il brodo ottenuto dalle carcasse degli animali. Manteco con un olio al rosmarino e un po’ di parmigiano dove ho grattugiato della noce moscata». (8-continua)



Ricetta: germano con cipolla al vino rosso e polenta

1 germano di valle; 2 cipolle dorate di Parma; vino rosso leggero 1/2 bottiglia

Fiammeggiare il germano, tritare la cipolla e porli in una casseruola che li contenga perfettamente. Aggiungere qualche cucchiaio di olio Evo e rosolare, girando un paio di volte l'anatra, finché la cipolla comincerà a caramellare. Lasciare il petto rivolto verso il basso. A questo punto versare il vino rosso precedentemente scaldato per dealcolizzarlo. Salare e coprire con il coperchio. Cuocere a fuoco lento per un'ora e mezza circa senza più girare l'anatra, finché il vino si sarà consumato. Da accompagnare con polenta. Nella Capanna di Eraclio la polenta è bianca, tradizionale del Delta del Po, ma quella gialla va comunque bene!