Carne selvaggia: carnivori di tutto il mondo unitevi! Parte prima

La carne, nell'alimentazione odierna, viene sempre più "nascosta" e trasformata. Se ne disconosce la provenienza per un fatto etico ad emotivo. I giovani si spaventano quando vedono un pollo appeso in macelleria, ma impazziscono per hamburger, hot-dog o chicken nuggets. Di pari passo cresce l'interesse verso filosofie o culture come quella vegana o vegetariana, che appaiono maggiormente rispettose dell'ambiente e degli animali. È una questione di sensibilità, ma non certo di immoralità come sostengono gli animalisti.

Non è immorale mangiare carne

La carne, nell'alimentazione odierna, viene sempre più "nascosta" e trasformata. Se ne disconosce la provenienza per un fatto etico ad emotivo.

Immorale è torturare, maltrattare, seviziare o macellare in modo cruento. Non è immorale mangiare carne. L’uomo è nato predatore, quindi se si ciba di animali, ma con tutto il rispetto dovuto loro nella fase precedente la morte, non è immorale. Se un allevatore cresce le sue bestie con amore e le uccide con dignità, non c’è niente di immorale e ce ne possiamo nutrire senza problema. Se un cacciatore abbatte la selvaggina libera sul territorio seguendo tutte le regole del prima e del dopo, non c’è niente di immorale e ce ne possiamo senz’altro nutrire. Se invece si comprano i “fusi” di pollo e la pancetta a cubetti in vaschetta, provenienti da animali che hanno subito ogni genere di maltrattamenti dalla nascita alla morte… ci si nutre anche di tutto ciò che hanno subito.

Nonostante il settore dell'allevamento sia in grado di sfamare centinaia di milioni di persone, uno stile di vita così facile e confortevole ha un prezzo elevato. La questione degli allevamenti intensivi non deve essere sottovalutata. Negli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi libri sull’argomento: da “Farmageddon” di Philip Limbery a “La rivoluzione nel piatto” di Sabrina Giannini. Se ne sono occupate numerose inchieste giornalistiche come quelle della stessa Giannini in “Indovina chi viene a cena” (https://www.raiplay.it/programmi/indovinachivieneacena) o i reportage “Animali come noi” di Giulia Innocenzi (https://www.raiplay.it/programmi/animalicomenoi ), entrambi di produzione RAI o anche Cowspiracy - Il segreto della sostenibilità ambientale di Kip Andersen, diffuso da Netflix (https://www.netflix.com/it/title/80033772 ).

La qualità delle carni industriali

È un grave errore presumere che i cacciatori siano irrispettosi e indifferenti alle questioni relative al benessere degli animali.

Quanto emerge è che la qualità degli alimenti prodotti con allevamenti intensivi non è e non può essere elevata, stante l’esigenza di ridurre costi per riempire i banchi della distribuzione organizzata. Ogni anno in Italia vengono macellati più di 550 milioni di polli. Oltre il 90% di questi animali appartiene alle razze cosiddette “ad accrescimento rapido”, ibridi commerciali di avicoli selezionati geneticamente per raggiungere caratteristiche funzionali alla vendita per il consumo umano al costo più basso possibile. E lo stesso vale per suini, ovini e bovini, ma anche per le uova. Nonché per i pesci e i prodotti agricoli.

Immorale è torturare, maltrattare, seviziare o macellare in modo cruento. Non è immorale mangiare carne.

Anche il tema dell’igiene, per gli allevamenti intensivi, solleva dubbi: a causa dell’elevata concentrazione dei capi, sono richieste dosi più alte di farmaci e antibiotici, per garantire la sicurezza sanitaria e prevenire la possibile diffusione di infezioni o epidemie. E se anche numerose leggi in Europa sono intervenute a regolamentare la materia, dubbi permangono anche sull’uso di anabolizzanti od ormoni, questi ultimi leciti per esempio negli Stati Uniti, per “pompare” gli animali e ottenere una crescita maggiore in minor tempo.

L’uso eccessivo degli antibiotici può favorire la resistenza con una serie di conseguenze molto pericolose per la salute umana. E basti solo un accenno all’impatto ambientale degli allevamenti intensivi, che determina un inquinamento non trascurabile, sia per le emissioni di gas serra, sia per la produzione di liquami che possono contaminare le acque, nonché il consumo di risorse, quali acqua, foraggi e mangimi, che in alcune aree del mondo comporta il disboscamento, a sua volta causa di desertificazione e offese alla biodiversità.

La cultura della caccia

La carne selvatica che i cacciatori raccolgono produce poche emissioni dannose e viene prelevata senza danni all'habitat, anzi.

Il benessere degli animali è comunque sempre più sentito dai consumatori e, spesso, risulta l’argomento più forte sul piano etico ed emotivo. È evidente che questo “conviene” all’industria alimentare: basta l’impegno a rendere più “confortevoli” gli allevamenti e tanta pubblicità green per far dimenticare le immagini delle condizioni di vita degli animali negli allevamenti intensivi. D’altro canto, se è vero che le tendenze dei consumi sono sempre più orientate su cibi genuini e salutistici, molti strati sociali devono poi fare i conti con la crisi economica.

È possibile ottenere carne minimizzando l’impatto ambientale, senza alcun trattamento chimico, senza torture e violenze? La risposta è sì. E quasi 20 milioni di cacciatori negli Stati Uniti e in Europa stanno facendo proprio questo. È un grave errore presumere che i cacciatori siano irrispettosi e indifferenti alle questioni relative al benessere degli animali: non solo forniscono sostegno economico ai programmi di conservazione, spesso salvaguardando l’ambiente o animali non cacciabili, ma onorano anche la cultura della caccia. Questa attività, così spesso criticata, è invece la vera ragione per cui oggi la fauna selvatica non è (più) a rischio, ma anzi abbonda. E non mi riferisco alla proliferazione dei cinghiali che ha ben altre origini. La caccia è ed è sempre stata qualcosa di molto naturale per l'uomo ed è il modo in cui i nostri primi antenati si procuravano il cibo e riuscivano a sopravvivere. La carne selvatica che i cacciatori raccolgono produce poche emissioni dannose e viene prelevata senza danni all'habitat, anzi. 

All’estero, in particolare nei Paesi di lingua anglosassone si parla di “Fair chase” (https://en.wikipedia.org/wiki/Fair_chase ): inseguimento etico e sportivo e la cattura di qualsiasi animale selvatico in libertà in un modo che non dia al cacciatore un vantaggio ingiusto. Secondo i principi del Fair chase, gli animali devono avere una ragionevole possibilità di eludere il cacciatore e non vengono cacciati, per esempio, quando le condizioni atmosferiche siano difficili. La maggior parte dei cacciatori europei rispetta altri principi non troppo diversi da quelli enunciati per il Fair chase, e abbatte la fauna selvatica nel modo più preciso e accurato possibile per causare la minima sofferenza all'animale.

La cacciagione è alla base della cultura culinaria europea e gli chef europei l’hanno riscoperta per piatti prestigiosi, ma anche del tutto nuovi, che tengono in dovuta considerazione le qualità organolettiche delle carni perché anche i cacciatori oggi sanno come conservarle al meglio. Lo vedremo.