

Quella di Remington con la diciannove-undici (nineteen-eleven), come gli americani chiamano comunemente l’arma che fu di ordinanza fino al 1985 e restò ancora in servizio per anni dopo quella data, è una relazione che parte da lontano. Esattamente dal 1918, quando la richiesta di pistole semiautomatiche da parte dei militari superò la pur ampia capacità produttiva della Colt, che nell’estate di quell’anno era arrivata a produrre 2200 pistole al giorno.
La guerra si avviava al suo termine ma Remington riuscì a consegnare 21.677 pistole, che furono accettate. Il rapporto riprese con la seconda guerra mondiale, nel corso della quale Remington Rand, che aveva avuto un contratto militare insieme ad altri costruttori civili, produsse ben 877.751 esemplari della Goverment Pistol, che tra le due guerre era giunta alla variante 1911A1. Va notato che la stessa Colt, nel medesimo periodo, costruì 605.331 pistole ma va anche notato che Colt all’epoca era fortemente impegnata nella costruzione delle mitragliatrici.

Anche dopo la guerra e dopo l’adozione della Beretta come pistola d’ordinanza la diciannove-undici era rimasta nel cuore degli americani. Per favorirne l’uso anche le prime gare di tiro pratico - allora si chiamava così, benché di pratico non avesse nulla - erano strutturate per privilegiare la munizione .45 ACP rispetto alla 9mm Parabellum. La Government poteva essere accuratizzata, migliorata per le gare con l’aggiunta di componenti aftermarket. Magari perdendo la propria fama di affidabilità, ad opera di preparatori creativi secondo i quali John Moses Browning era un banale orecchiante che di armi non aveva capito gran che.

L’arma, nella sua impostazione funzionale, continuava ad essere sul mercato ad opera di vari costruttori, basti pensare a Kimber e STI ma i produttori di cloni erano – e sono – davvero molti. Mancavano i produttori di originali; una lacuna che fu colmata dalla 1991A1 di Colt e più recentemente dalle 1911 R1 di Remington.

Quest’ultima ha tenuto conto sia dell’impianto originale sia delle nuove richieste del mercato, magari con qualche commistione visto che anche nel modello più ligio all’originale il mainspring housing è quello diritto della 1911 mentre gli sgusci per raggiungere meglio il grilletto appartengono alla A1. Fatta questa prima variazione rispetto al modello originale, naturalmente se ne potevano fare altre, fino a giungere ad una pistola che avesse tutte le caratteristiche che un preparatore reputato avrebbe potuto aggiungere ad una 1911. E ciò che ne risultò fu questa Enhanced in acciaio inossidabile. Enhanced significa migliorata, ora vedremo come.


Incominciamo dalle mire: il mirino ha un luminoso spezzone di fibra ottica rossa mentre la tacca non è più quella striminzita dell’originale ma un componente aftermarket dalla finestra ben definita e con la faccia verso ricolta al tiratore solcata orizzontalmente in funzione antiriflesso. Entrambe le mire sono montate sul carrello a coda di rondine; la tacca ha un grado di libertà maggiore rispetto al mirino, per consentirne un più agevole spostamento al fine della regolazione in deriva; è fissata da una vite che serve a renderne stabile la posizione. Gli intagli di presa sul carrello sono ora anche nella parte anteriore del medesimo.
Il comando della sicura manuale è maggiorato e consente un agevole porto cocked and locked, cioè con il colpo in canna, il cane armato e la sicura inserita. Il grilletto è allungato, alleggerito e con corsa totale regolabile per eliminare il collasso di retroscatto. Il cane è alleggerito a durante la corsa retrograda del carrello va in appoggio sull’elsa maggiorata della sicura dorsale; quest’ultima ha nella sua parte inferiore, zigrinata al pari del dorso del mainspring housing, una protrusione che rende sempre certo lo sblocco. Le guancette sono in materiale sintetico zigrinato e quella sinistra ha uno sguscio per l’appoggio del pollice e per consentire un più agevole raggiungimento del pulsante di sgancio del caricatore.
Quest’ultimo – che contiene otto colpi; nella confezione ce n’è una altro di riserva – ha la soletta in polimero ed è conformato in modo tale che la pressione sul pulsante di sgancio lo faccia immediatamente cadere a terra per gravità. Il cambio del caricatore al volo è quindi facilitato. Come sempre accade, le soluzioni più immediatamente visibili sono quelle esterne, ma ciò che rende precisa una pistola è altro, che si percepisce solo maneggiando l’arma. Che la finitura sabbiata esterna non rechi alcun segno di utensile è visibile e comune a parecchie armi, ma la parte meno visibile è che non vi sono segni di utensile nemmeno all’interno.

Le tolleranze sono tutte strettissime, al punto che ad arma appena ricevuta non mi fu possibile smontarla nel mio solito modo, cioè incominciando con l’estrarre la leva dell’hold-open. Perché fosse possibile, fu necessario sparare due scatole di cartucce; il motivo per cui in foto vedete i bossoli è che non ne avanzai nemmeno una. Lo scatto è in due tempi di cui il primo cortissimo, leggermente roll-over, senza impuntamenti.

L’arma ha la sicura automatica al percussore, che non influisce sulla qualità dello scatto.
In pratica si è venuti incontro a quella fascia di pubblico che ama l’aspetto e l’impugnatura della 1911 ma non ama spararci, per via delle mire piccole che sembrano sparire in pieno sole, della difficoltà di cambiare velocemente il caricatore e dell’affidabilità. Che è a prova di bomba sulla pistola militare solo a patto che si usino le munizioni con palla blindata da 230 grani.