Toscana, si discute ancora sul controllo dei cinghiali

Cinghiali e Toscana, un binomio destinato ad accompagnarci ancora a lungo. Mentre non si è ancora esaurito il dibattito sulla legge obiettivo approvata dal Consiglio Regionale e proseguono gli interventi e discussioni sui regolamenti attuativi, sta circolando una bozza per il piano di controllo degli ungulati che, se ratificata, avrà vigore per il triennio 2016-2018. Anche se la bozza del provvedimento tenta di ridurne al minimo gli interventi, considerati troppo complessi e non più gestibili, risulta inevitabile fornire alcune indicazioni stringenti e valide per tutti i soggetti e su tutto il territorio da applicare in quelle circostanze nelle quali non sia possibile effettuare la caccia o qualora gli interventi di prelievo si siano rivelati non efficaci. 

Si tratta di un chiaro esempio di politica di prevenzione e riduzione del danno: il piano di controllo si propone per quelle situazioni in cui si verifichino danni a coltivazioni, attività umane o persone, fauna allevata, opere idriche e viabilità. Nella fattispecie, si propongono innanzitutto metodi ecologici quali installazione di barriere e dissuasori e l’eliminazione delle fonti trofiche artificiali, in aggiunta all’indennizzo di chi è stato colpito nei propri interessi economici. Il prelievo prevede poi la cattura, la selezione all’aspetto o alla cerca, la caccia col metodo della girata e, guarda un po’ chi rispunta, la braccata, sostanzialmente esclusa dalla legge obiettivo. Anche nella bozza però questa forma di caccia, più invasiva rispetto alle altre, è prevista soltanto come extrema ratio “nelle sole aree agricole soggette a danni effettivi o potenziali, effettivamente coltivate con colture (per esempio mais, favino, girasole, etc.) tali che, per altezza e sviluppo vegetativo, non permettano l'avvistabilità dei cinghiali e quindi l'efficace utilizzo risolutivo delle altre tecniche di prelievo […]”.

Allo stesso tempo, le associazioni venatorie continuano a rimanere vigili su tutto quanto abbia a che fare con le popolazioni di ungulati presenti sul territorio: dopo l’incontro di Grosseto del 22 aprile tra i cinghialai e l’assessore regionale Marco Remaschi, la Confederazione dei Cacciatori Toscani ribadisce le proprie richieste a proposito del ruolo degli Atc, dei criteri individuazione delle aree vocate e non vocate e del ruolo delle squadre nella gestione del cinghiale. Ma il territorio ribolle: le squadre aderenti alla Pro Cinghiale di Siena attaccano le associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale per non aver difeso a dovere la caccia in braccata e minacciano di non pagare le quote d’iscrizione agli Atc, Antonio Goretti della Libera Caccia risponde in mondo deciso affermando che il silenzio di chi rimane chiuso nel proprio cerchio stretto non serve per ottenere risultati. “Quando c’è da combattere per la caccia”, si legge nella lettera di risposta, “fatelo insieme agli altri cacciatori ai quali non importa niente del tipo di assicurazione che avete in tasca”.

La (doppia) controversia è lontana da una chiusura. E chissà se i prossimi provvedimenti normativi riusciranno a fare un po’ di chiarezza e a riportare qualche grammo di quiete nel mondo venatorio.