Gli agricoltori possono abbattere i cinghiali in difesa dei campi nelle Marche

Avevano fatto ricorso al Tar Marche alcune associazioni ambientaliste contro il provvedimento che permetteva l’abbattimento dei cinghiali da parte degli agricoltori nelle proprie aziende, sostenendo che fosse incostituzionale l’estensione ai proprietari dei fondi della possibilità di prendere parte all’attività di selezione prevista dall’articolo 25. 

Il 27 Luglio la Corte Costituzionale ha respinto questa teoria, aprendo la possibilità per tutte le Regioni Italiane di seguire l’esempio delle Marche. La popolazione dei cinghiali risulta più che raddoppiata negli ultimi dieci anni e vengono stimati attualmente  almeno due milioni di esemplari. Se si prende in considerazione la dorsale appenninica la concentrazione media corrisponde a circa un selvatico ogni cinque abitanti e i danni stimati alle colture di oltre 200 milioni di euro.  

L'abbattimento controllato dei cinghiali non incide in modo negativo sull’ambiente

L’abbattimento controllato dei cinghiali non incide dunque in modo negativo sull’ambiente e l’ecosistema ed è del tutto assente una motivazione logica per far si che venisse accolto il ricorso secondo il TAR Marche.

La situazione dei cinghiali, che sempre più spesso si spingono fino ai centri abitati  costringe ormai le aziende a lasciare i terreni incolti, stravolgendo l’assetto produttivo delle zone. Questa proliferazione incontrollata dei selvatici mette a rischio l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali. Coldiretti in una recente analisi aveva sottolineato la necessità di un intervento che limitasse l’abbandono delle zone agricole da parte delle aziende con gravi conseguenze economiche. A preoccupare erano anche i rischi di  possibile diffusione di malattie come la peste suina e non da ultimo quelli legati alla sicurezza nelle strade con sempre maggiori segnalazioni di incidenti stradali causati dai cinghiali.