Caccia al cinghiale: scegliere la razza dei cani più indicati

La selezione, il nostro addestramento e l’ambiente determinano quanto e come quella razza o quei soggetti potranno esprimersi.

Tutto parte da li, da un punto preciso in cui la passione e la ricerca di emozioni confluiscono come nel mare delle proprie aspettative. Il passo che facciamo nella ricerca della “razza perfetta” che possa essere la migliore interprete dei nostri sogni di cacciatori comincia da lontano, da molto lontano. È raro, non impossibile, ma raro, trovare qualcuno che si cimenta nell’allevamento e nell’addestramento del cane da cinghiale senza aver avuto alle spalle una lunga tradizione familiare. L’amore per il cane e la conoscenza della sua funzionalità nella caccia al cinghiale si approcciano fin da bambini e sono forse l’espressione più profonda delle tradizioni rurali. È naturale che ognuno sia fortemente convinto che la razza che ha sempre utilizzato sia la migliore in assoluto e il metodo di caccia che ha da sempre perseguito sia quello che indiscutibilmente porta maggiori risultati e maggior divertimento. Per nostra fortuna le cose non stanno cosi e da regione a regione, da comune a comune, da famiglia a famiglia, scopriamo un’infinità di sfumature tali da rappresentare una serie incalcolabile di metodi e approcci alla caccia al cinghiale e all’utilizzo del cane, ognuno a suo modo valido e rispettabile. 

Se però volessimo “uscire” dalle abitudini e cercare nel grande mondo della cinofilia una razza diversa dovremmo considerare alcuni elementi imprescindibili per ridurre il rischio di fallimento. Attenzione, nessun metodo e nessun consiglio nella caccia è mai risolutivo e assoluto, nessuna scuola è la migliore e nessuno potrà rivelarvi la strada più breve e più fruttuosa per ottenere dei buoni risultati dalla vostra passione. Saranno sempre e solo il tempo, il cane, la pazienza, gli errori a disegnare la scuola migliore da frequentare, un insieme di osservazione, esperienze, delusioni che preparano la strada a piccoli e grandi successi. Lo studio, la ricerca, la profondità con la quale saprete comprendere e criticare costruttivamente quanto visto e quanto fatto, vi aiuteranno a migliorare il vostro approccio e sicuramente a ridurre anche i tempi necessari. Ho già avuto modo di osservare molti giovani che in pochi anni sono riusciti ad ottenere dai loro cani, sia in prove di lavoro, in esposizioni e a caccia, risultati che tanti veterani, spesso troppo barricati dietro le proprie convinzioni, non hanno mai visto e probabilmente non vedranno mai.

Proviamo a disegnare con metodo gli elementi determinanti da considerare nella scelta di una razza. La consueta premessa va ribadita per non perdere mai la bussola: non esiste una razza migliore di altre, non esiste un cane più predisposto alla caccia di altri, tutte le razze da caccia hanno un istinto innato di rintracciare, scovare e inseguire la preda. È la selezione, il nostro addestramento e l’ambiente a determinare quanto e come quella razza o quei soggetto potranno esprimersi.

  1. Il territorio

Dove cacciamo abitualmente, come si conforma, quali sono le difficoltà. L’Italia ha un panorama territori tra i più ricchi e diversi al mondo: dalle Alpi alle pianure, dai monti più brulli alle colline più aspre, da climi miti a condizioni a volte estreme. Ce n’è davvero per tutti e in questa varietà alcune razze si adattano meglio mentre altre faticano di più. Chi avrà studiato l’origine di alcune razze avrà apprezzato come la selezione abbia “costruito” alcune razze con lo specifico compito di rispondere alle esigenze che le condizioni territoriali imponevano ai cacciatori. Penso all’Ariegeois in Francia che ha alleggerito il Gascon Saintongeois che faticava a rincorrere la lepre sulle montagne o del Segugio Maremmano in Toscana che consente alle piccole e alle grandi squadre di vincere la sfida di una vegetazione a volte impenetrabile.

L’orografia e il clima sono le prime voci dei nostri appunti. Com’è dunque il nostro territorio? Cacciamo in montagna? In pianura? Il clima è sostanzialmente mite o abbiamo periodi invernali piuttosto rigidi. Siamo a ridosso del mare con aria ricca di iodio o nell’entroterra?

Nella scelta del cucciolo, dobbiamo tener presente il territorio e la morfologia del cane che in quegli spazi dovrà muoversi e cacciare.

La vegetazione come si presenta? Alberi ad alto fusto che lasciano il bosco piuttosto libero? Macchia mediterranea molto fitta ma penetrabile? Fossati e calanchi con fortini di rovi e cannucce o asperità imprevedibili come i grandi massi e le fitte trame di spini bassi e intricati che fortificano le zone di caccia dell’Ogliastra? La percorribilità del territorio privilegia razze a “gamba lunga”, con gli animali lanciati in fughe furibonde per chilometri, anche i cani più pesanti trovano spazio per lanciare la corsa e assestarsi in andature efficienti. Il fiuto potente di razze francesi che amano tracciare la zampa dei selvatici li aiuta a ricucire con parsimonia lunghi tratti di bosco o pianure, laddove tante altre soggetti (meglio dire soggetti e non includere la totalità delle razze) con un’indole più sbrigativa potrebbero abbandonare la pista. In altri casi invece la cacciata si potrebbe ridurre a spazi ristretti, a poche centinaia di metri a volte, con i cinghiali arroccati cosi bene tra la fitta vegetazione, da renderli quasi inamovibili e invisibili. In questi casi torna a valere la variabile “temperatura media” per cui pochi gradi e assenza di pioggia potrebbe pregiudicare la resistenza dei cani sottoposti a lavori di grandissimo impegno in tempi e spazi molto ridotti. Gli strappi affaticano e assetano il cane e se il clima non aiuta la cacciata non da frutti.

L’estensione delle zone di caccia è sempre una costante che determina i primi passaggi della scelta. Quanto è vasto è il territorio della battuta? Poche decine di ettari o centinaia? Le zone sono miste? Si tende a organizzare le cacciate con un numero sempre diverso di cani? Questo aspetto fa più bene alla razza che scegliete che alla vostra economia di caccia. Ecco perché: in molti, ormai ossessionati dalla presenza di selvatici sgraditi, o indispettiti dalle lunghe seguite fuoriuscite dalla battuta che portano via i cani migliori chiudendo i giochi della battuta, piuttosto che tenere qualche muta di scorta o utilizzare razze con un metodo di caccia a raggio più ridotto (vedi Dachsbrake o Bassotti) tendono ad “accorciare” i propri cani. Ecco dunque Segugi Maremmani, grandissimi e infaticabili seguitatori, essere ridotti forzatamente a eseguire lavori quasi senza accostamento e con seguite limitate. Il risultato è una grave forzatura nell’adattamento all’ambiente e, in molti casi, canizze come sfiammate che si accendono improvvisamente nella cacciata per poi ridursi a qualche scagno appena l’animale si allontana di poco senza aver nemmeno raggiunto le poste. L’utilità del cane si esprime attraverso la prestazione e il risultato ma non dobbiamo mai trascurare l’attitudine di una razza e la selezione per cui quei soggetti sono portati a un certo tipo di lavoro, solo nelle loro “condizioni naturali” potranno esprimersi al meglio. Il Terreno e la selezione delle vostre zone come si presenta? Sassoso e duro? Arido o sempre umido? Con scogli che affiorano dal fango secco come lame o terriccio morbido da sottobosco di pineta? La delicatezza del piede di alcuni cani mal si presta a queste condizioni come la lunghezza del pelo che nelle razze a pelo corto facilita escoriazioni e graffi sulle zampe. La conformazione del terreno incide anche sull’olfattazione, sulla reperibilità di passate buone e la risoluzione dei falli in accostamento. 

Chi caccia sui calanchi cretosi ad esempio sa quanta fatica deve fare il cane per rimontare crepacci e depressioni profonde quando le zampe affondano per 20 cm in un materiale morbido e compatto da sembrare cemento. I cinghiali arroccati nella vegetazione che si sviluppa in alto restano spesso incolumi con i cani che faticano ad avanzare e conquistare metri. Le razze più agili e leggere sono sempre privilegiate in questi casi a patto di avere al seguito conduttori altrettanto agili da poterli seguire.

Un cane ben strutturato nella morfologia riuscirà a cacciare con minore sforzo fisico, quindi migliore resistenza e resa sul campo.

Un terreno sconnesso a lungo andare provoca infiammazioni alle articolazioni, per quanto naturale sia il passo dei nostri cani, le sollecitazioni sono numerose e le articolazioni ne risentono. Pertanto, nella scelta della razza, dovrete tener conto anche della selezione e della linea di sangue, perché? 

Perché un cane ben strutturato e con un patrimonio genetico forte avrà un tesoretto fisico da spendersi su questi terreni. Articolazioni forti preservate da appiombi corretti, legamenti elastici e resistenti sostenuti da muscolatura ben sviluppata e tonica, groppa corretta che trasferisce correttamente la spinta all’avantreno del cane rendendo facile il movimento. 

La salute generale del vostro cane è messa alla prova da terreni difficili, pertanto, al di là della razza, è bene che i vostri soggetti siano in salute e “nati per durare”. Abbiamo già compreso come le caratteristiche del territorio siano quelle che più di ogni altra cosa incidono sulla scelta della razza per la caccia al cinghiale.

Lo stile di caccia

Ogni razza è stata selezionata per un lavoro specifico, studiare e approfondire la conoscenza del cane è fondamentale per capire come impostare la vostra strada. Lo studio, la ricerca, sono passaggi imprescindibili.

Lo stile di caccia è composto dall’insieme degli elementi e degli atteggiamenti con cui esercitiamo la caccia al cinghiale, ad esempio: la caccia che pratichiamo: in singolo, in girata, in braccata; il modo in cui la eseguiamo: “alla cerca” attendendo che il lavoro dei cani rilevi il passaggio dei cinghiali, con lunghi accostamenti, con azioni più irate sulle rimesse, con sciolte più comode su tratturi battuti di notte o più scontrose liberando i cani sui campi. Nella caccia a singolo al cinghiale difficilmente potremo privilegiare razze con grandi seguite e anche i sagaci abbaiatori a fermo potrebbero essere non completamente idonei. Gli esperti ci sapranno dire, ma in condizioni particolari, in cui abbiamo poche chance di arrivare al colpo decisivo, un cane “segnalatore” che non infastidisca troppo i cinghiali e non li metta eccessivamente in guardia potrebbe essere una soluzione non ortodossa ma molto, molto efficace. Nella girata il numero ridotto dei partecipanti e dei cani impiegati disegna uno stile di caccia più elastico e dinamico, con ispezioni piuttosto rapide e senza necessità che il cane compia accostamenti lunghi e ben vocalizzati. Non avremo bisogno di seguirlo per lunghi tratti, i raggi di azione della battuta sono ristretti e possiamo aspettare che il nostro amico si posizioni a fermo e incalzi il cinghiale fino alle poste. Nella braccata le porzioni di territorio sono ampie, le poste numerose e il numero di cani richiesto è piuttosto alto. E’ indispensabile ispezionare tutte le rimesse e importante che i cani vocalizzino l’accostamento perché i canai possano interpretare l’andamento della muta anche a notevole distanza e gli altri cani siano pronti a dare manforte quando il vociare si farà più deciso in prossimità delle lestre. Non esistendo una sola rimessa è utile avere più mute in azione, questo spesso pregiudica la capacità di alcuni soggetti di esprimersi bene in singolo, tuttavia l’ampiezza della braccata e il numero di animali coinvolto richiede quasi sempre rafforzamenti sul numero di soggetti impiegati.

Mi piace ricordare come le istanze di cui stiamo parlando siano molto evidenti nella Monteria Spagnola. I territori molto vasti delle battute sono composti da vegetazione bassa e rada, i Coti (cosi sono chiamate le “riserve” di caccia) confinano spesso con ampie praterie. Se i cani, sciolti a centinaia durante le battute, fossero lanciati all’inseguimento di un cinghiale “padellato” in quelle aree si disperderebbero su territori vastissimi rendendo un inferno il recupero. Il numero di cinghiali presenti è cosi abbondante da non preoccupare l’organizzazione qualora qualche animale torni indietro o aggiri i battitori riconquistando la lestra, i cani lo lasceranno presto per accostarsi ai loro conduttori che con lunghe lance battono la vegetazione mettendo in fuga i cinghiali spesso ancor prima dell’arrivo dei cani. La selezione pertanto ha fatto sì che razze molto vecchie come in Podenco Ibizenco e Iberico possano insidiare i cinghiali con seguite non particolarmente vocalizzate e nemmeno troppo lunghe, tuttavia ideali per costringere i cinghiali a lasciare le lestre e raggiungere le poste. Raramente si vede un cane singolo spingere un cinghiale verso le carabine e ancora più raro è sentire seguite lunghe. Durante una battuta a Granucillo vicino Zamora, ospite del caro amico Cristiano Tiberi, toccai con mano questo stile di caccia, restando impressionato positivamente per l’efficacia dei cani e negativamente per le seguite vibranti che mi sarei aspettato con oltre 300 cani liberati. Ricordo che mi impressionò tantissimo una femmina di Griffon Bleu de Gascogne che seguitò per ore un cinghiale segnando con continuità la traccia pur non attirando l’attenzione degli eserciti di cani schierati al suo fianco

2. Voi stessi

Il nostro modo di cacciare, il nostro carattere e l'approccio all'addestramento sono fattori da tenere in considerazione nella valutazione della razza che poi ci accompagnerà a caccia.

E si, come detto tante volte, il vostro carattere, la vostra ambizione, il modo in cui approcciate alla vita e alla natura determina forse il passo decisivo nella scelta della razza. Più i soggetti scelti avranno un’indole che vi somiglia, uno stile che si avvicina al vostro, più facilmente per voi sarà costruire quel legame indispensabile per meglio educarli e addestrarli. Molti dimostrano un carattere più impulsivo, sbrigativo e concentrato sulla risoluzione rapida delle questione, altri sono più riflessivi e pazienti, qualcuno cerca nella caccia l’eleganza, il piacere del metodo, altri vogliono impattare con più energia e sentire la forza e l’impeto di razze più concrete. Da qui si evince una tendenza a preferire razze passatrici, metodiche, puntuali come alcune francesi, oppure rapidi risolutori con uno spiccato intuito venatorio come il Briquet Griffon Vandeen, a molti piace sentire il cambio deciso di tono quando il segugio giunge alla lestra e su questo aspetto il Segugio Maremmano è un vero poeta, altri vogliono vedere uniformità ed eleganza nei passaggi di lunghi trenini di cani in seguita e apprezzano dunque Ariegeois o Porcelaine. Alcuni intenditori, arcigni e cocciuti per quanto calmi e pazienti, amano il Bruno del Giura, cane di grande rendimento se azzecchiamo una buona linea di sangue, con una rara capacità di tenere il naso sulla traccia anche con animali lunghissimi. Insomma, conoscere se stessi (come diceva il filosofo Cartesio) è fondamentale. Come prima istanza abbandoniamo le convinzioni che le scelte degli altri siano le migliori, che i cani degli altri siano migliori dei vostri, che il metodo di addestramento degli altri renda di più del vostro, non perdetevi in questa sterile competizione. Impiaghiamo spesso più tempo sbagliando cercando di imitare gli altri, piuttosto che azzeccare le scelte sbagliando da soli e facendo esperienza diretta.

Il punto di equilibrio tra territorio, stile di caccia e il vostro carattere, vi indica la razza migliore per voi. Ricordate, ogni razza ha le sue peculiarità, è stata selezionata per un lavoro specifico, studiare e approfondire la conoscenza del cane è fondamentale per capire come impostare la vostra strada. Lo studio, la ricerca, sono passaggi a cui non potrete sottrarvi, sono la lunga strada verso la cinofilia o rischierete di restare dei semplici canai.

Video: Caccia al cinghiale, scegliere la razza