Caccia al cinghiale in battuta 2024: Tornado in Sabina

Il territorio in cui ci troviamo a cacciare è vario e comprende la tipica macchia mediterranea con sottobosco fitto alternata a prati e campi coltivati.

La stagione venatoria è in fase avanzata quando ricevo l’invito da parte dell’amico Enrico Montini per raggiungere i territori di confine fra Umbria e Lazio dove la sua squadra Tornado sta vivendo emozionanti giornate di caccia al cinghiale che vorrebbe condividere insieme. Il tempo di organizzare la partenza e mi ritrovo già accolto all’indomani della caccia dal solito calore che ritrovo fra cacciatori gentili, animati da sentimenti di amicizia cresciuta nella squadra fra i boschi, condividendo emozioni, fatiche, gioie e delusioni, in una parola, vivendo della stessa passione. Si confrontano al tavolo dove siamo riuniti per la cena le varie ipotesi e strategie per la battuta di caccia e tutti collaborano per dare il migliore contributo e mettermi nella condizione di poter avere immagini e occasioni che possano raccontare questa antica storia mai tramontata. I cinghiali nel territorio frequentato dalla squadra sono presenti in buon numero ma le condizioni ambientali, il freddo improvviso con bruschi cali di temperature nelle ore notturne, i lupi sempre più presenti e insistenti nella zona, portano i selvatici a concentrarsi in branchi numerosi in continuo spostamento lasciando poche certezze ai cacciatori.

Inizia la caccia al cinghiale 

Fondamentale è la fase di tracciatura mattutina, per cercare qualche indizio nel terreno ghiacciato di gennaio che possa guidare l’organizzazione della battuta. La conoscenza del territorio, sempre imprescindibile in questa caccia, è percepibile in ogni dettaglio delle parole dei cacciatori della squadra Tornado che al mattino si dividono per perlustrare le zone di pastura e cercare il percorso seguito dai cinghiali per le zone di rimessa. Li seguiamo in silenzio, cercando soltanto di condividerne alcuni fondamentali aspetti che possono essere di curiosità o di aiuto per i giovani cacciatori che hanno modo di notare qualche particolare nella fase di riconoscimento delle tracce, se vorranno essere di ausilio alla propria squadra nella caccia al cinghiale. Il bosco e i campi non sono carta bianca in cui i segni sono immediatamente individuabili, occorre sviluppare un acuto senso di osservazione per trovare prima e interpretare poi quello che è il linguaggio della natura. Una goccia di rugiada può fare la differenza sullo stelo di un filo d’erba e rivelare il passaggio recente di un selvatico rispetto a una traccia ormai asciutta o meno marcata del giorno precedente che in natura rappresenta un arco temporale immenso in cui davvero tutto può cambiare.

Intorno al fuoco, il ritrovo della squadra e le ultime decisioni prima della disposizione delle poste e l'inizio della battuta di caccia.

Il freddo suggerisce di ispezionare le zone esposte a sud, più assolate e predilette dai cinghiali nel periodo invernale, dove i fitti canneti e le rogaie impenetrabili diventano ottimi ricoveri.  Ci si muove a passo lento e cadenzato aiutati da cani al guinzaglio che cercano di individuare il passaggio recente scelto dai cinghiali per il rientro nei boschi. Trascorrono le prime ore del mattino nelle ricerche fin quando arrivano notizie da diversi luoghi ispezionati e sembra che qualcuno sia certo di aver trovato la pista giusta. È giunta dunque l’ora del ritrovo alla casa di caccia per decidere la zona da battere e la disposizione delle poste prima della partenza. Intorno al fuoco acceso di tanto in tanto sale il profumo deciso della carne abbrustolita e consumata in fretta fra parole e speranze masticate che tradiscono l’emozione della partenza imminente. Seguiamo in fila indiana il gruppo dei cacciatori e raggiungiamo in silenzio la sommità di una zona panoramica da cui potremo avere buona visuale sulla battuta in corso. I cani uggiolano e strattonano aspettando la sciolta dei canettieri, mentre alle poste il suono metallico di caricatori e otturatori che si chiudono lentamente lasciano progressivamente spazio al silenzio e alla concentrazione dell’attesa. Inizia la caccia, lo percepiamo immediatamente dalla canizza dei segugi maremmani e dei vandeani che non tarda a farsi sentire e salire nella nostra direzione. Le voci incalzanti dei canai parlano una lingua arcaica e universale, quella di un sentimento incontenibile, fatto di incitamenti e coraggio, di fatica e sacrificio, di speranza e paura, di attenzione e fiducia, di uomo e natura che si incontrano di nuovo, a caccia.