“Dopo la caccia alla beccaccia, quella alla coturnice è la caccia che ho esercitato con la più grande passione... E mentre la caccia alla beccaccia, per me, era soprattutto scienza, arte e malia, quella alla coturnice il trionfo della forza, della potenza, dell'impeto tenace e razionale... Il giorno dopo andammo a Stolac, ove feci due eccellenti giorni di caccia alle coturnici, questa gita solitaria la ricordo oltre per il risultato, per il penoso ritorno, a causa della suola della scarpa completamente mangiata da quelle terribili rocce”.

Con queste e altre parole Giorgio Gramignani descrive minuziosamente nel suo libro “Fra cime, boschi e paludi", le sue straordinarie avventure di caccia vissute nella prima metà del secolo scorso soprattutto durante quella che lui definì la sua strana guerra, fra i monti dell'Albania, del Montenegro e della Bosnia in cui, anche durante il conflitto mondiale, non volle rinunciare alla passione per la caccia e la cinofilia. Anzi, come ufficiale medico, trovò spesso il modo per ottenere permessi e spostamenti con lo scopo di cacciare soprattutto coturnici e beccacce. I carnieri elencati con semplicità da Gramignani e spesso impronunciabili, sarebbero oggi neanche lontanamente immaginabili, per tanti e ovvi motivi.
Ma, proprio perché la caccia ha dovuto e voluto evolversi ed adattarsi ai continui cambiamenti portati dal tempo e dall'uomo, da anni posso dire comunque, di trovarmi puntualmente a partire con la stessa passione e lo stesso entusiasmo, per le mie giornate di caccia, consapevole della loro diversità, in quegli stessi luoghi. Fra quelle rocce, di cui decenni fa già Gramignani testimoniava l'asprezza, ritrovo un contatto ancestrale con le dimensioni della fatica, del silenzio, del sacrificio tenace e della passione condivisa con i cani nella pienezza del suo senso etimologico ereditato dal greco, Pasxo, dunque soffro, o meglio, sono disposto a soffrire se necessario, senza rimpiangere il sentimento vivo che mi porta ad esperire in modo unico e autentico la vita con amore. Per questo, parlare di passione allude ad un amore incondizionato e incontrollabile, fino a diventare tormento ed estasi insieme. Come si può ridurre la forza di questi sentimenti al solo sparo, al numero di selvatici abbattuti, facendo riferimento alla caccia?

Abbiamo raggiunto Ilja Zovko imbarcandoci da Ancona verso Spalato in Croazia. Con altre due ore di macchina si arriva a Caplina, una cittadina appena dentro i confini della Bosnia Erzegovina dove sostiamo prima e dopo le nostre uscite di caccia sui monti della zona di Stolac. Le coturnici che abitano questi territori sono le stesse coturnici che popolano tutta l'area balcanica, appartenenti quindi alla specie alectoris graeca, da non confondere con la coturnice orientale alectoris Chukar che invece si trova nei paesi del sud-est asiatico. Le coturnici, come le starne, possono vivere nelle steppe, sui monti, in ambienti anche molto inospitali, ma proliferano anche nei luoghi in cui riescono ad approfittare della presenza umana e dunque delle condizioni che le attività rurali dell'agricoltura e della pastorizia non intensive portano nell'ambiente come risorsa alimentare. Sono queste le condizioni ambientali che determinano il loro incremento o la loro scomparsa e che non vengono volutamente prese in considerazione nei paesi industrializzati e indifferenti a questi patrimoni naturali. È molto più semplice dichiarare le specie a rischio addebitando la causa alla pressione venatoria. Detto ciò, sono le positive condizioni condizioni ambientali sopra descritte, che noi con i nostri cani andiamo a ritrovare nei paesi in cui fortunatamente la caccia e i cacciatori rappresentano ancora una salvaguardia fondamentale dei territori e dei selvatici che puntualmente infatti li abitano. I voli delle coturnici sui monti in cui Ilja e i cacciatori del suo paese sono cresciuti, continuano a farci tremare anno dopo anno le gambe e il cuore davanti alla ferma dei cani. Niente di semplice o scontato da conquistare, luoghi che richiedono a cani e cacciatori di essere concentrati e disposti a percorrere ore e chilometri di cammino saltando muri di rocce e risalendo colline aride e fitte di essenze spinose, disposti a lasciare sudore, qualche lembo di pelle, dolori ad ogni articolazione continuamente sollecitata, ma che alla fine premiano la tenacia e la passione ardente di cui Gramignani parlava e che oggi più di ieri equivale ad essere cacciatori.