Caccia al cinghiale: il tiro a fermo, un’arte da canaio

Sfilano i cinghiali sui sentieri battuti in cerca di fuga dai cani che pressano e dai bracchieri che li spingono con forza verso le poste. Sui pendii dei calanchi, tra gli alti fusti delle montagne, sui prati che spezzano la continuità della macchia tra le zone di caccia e le zone protette, la mole rapida e potente degli irsuti sfidano i proiettili e i cacciatori, una sfida eterna che le carabine scandiscono da lontano facendo tuonare i colpi. Nella macchia però, nel profondo del bosco dove i cinghiali si arroccano e vanno scovati, insidiati, spinti ad abbandonare roccaforti impenetrabili, si gioca una partita più intensa, lontana dai raffinati concetti di balistica e puntualità del tiro, una battaglia fatta di astuzia, perseveranza, coinvolgimento e spesso, sfinimento. Il faccia a faccia tra uomini e bestie è un privilegio, non me ne vogliate, riservato a chi naviga tra rovi e fitte trame di macchie ricresciute, tra spini e pruni acuminati come istrici cresciuti intrecciati come un crudele confine tra voi e la vostra preda. Li si consumano esperienza e strategia, calma olimpica e una grande dose di intuito che ti fa strisciare nell’ombra approfittando delle circostanza, del vento, dei rumori, avvicinandoti furtivo all’obiettivo, raggiungendolo se si sposta, aleggiando su di lui come un corvo, aspettando quel momento ideale per rilasciare la sentenza: BAM!

Video: Il tiro a ferma nella caccia al cinghiale


Come si costruisce un tiro a fermo

È percepibile dall'abbaio dei cani il movimento del cinghiale nel bosco, il canaio esperto deve sapere quando intervenire con attenzione e determinazione.

Non è cosa facile e non è cosa per tutti. Anche i più esperti e i cacciatori di cinghiale più navigati trovano spesso difficoltà e non è detto che nelle medesime condizioni riescano a portare a termine l’azione in modo pulito e senza rischi. Già, senza rischi, perché la prima istanza da contemplare nel tiro a fermo sono proprio i rischi. Nell’azione più diretta ed emozionante della caccia al cinghiale partecipa l’ambiente attorno e la vegetazione, i cani sul cinghiale, i compagni di squadra con cui coordinarsi prima di mettersi in movimento e infine una lettura chiara della situazione: è un cinghiale che ha solo bisogno di sentire l’odore dell’uomo per abbandonare la lestra o la situazione richiede un intervento chirurgico e definitivo?

I cani prima di sparare il colpo di grazia al cinghiale braccato vanno fatti allontanare con un grido o un intervento deciso del canaio in modo da effettuare il tiro in totale sicurezza.

Il tiro a fermo è richiesto al canaio nel bosco in due situazioni specifiche: quando il cinghiale è arroccato nel suo bastione e lo difende picchiando i cani e mettendo a repentaglio la loro incolumità, oppure quando il cinghiale è stato ferito in azione e va recuperato. Sono le uniche due circostanze in cui il canaio è chiamato ad un’azione che compiere solo lui e solo a lui è deputato questo ruolo delicato. Nelle altre circostanze spesso basta lo scarpone infilato dentro la rogaia che trasmette alla bestia la nostra presenza, il nostro odore e la induce alla fuga, altre volta una voce o il nostro semplice respiro che messo a vento penetra il fitto della macchia e raggiunge il cinghiale. Quando però il soggetto è di quelli combattivi bisogna intervenire rapidamente. Primo passaggio è il coordinamento con il resto dei canai nella macchia, solo dopo aver ricevuto conferma da parte di tutti ci si muove, senza l’approvazione da parte di ognuno potreste trovarvi, come sarà sicuramente accaduto a molti, con due persone sullo stesso cinghiale che si avvicinano sornione e rischiano incidenti allo scocco del tiro. Trovato il via libera l’avvicinamento è lento, silenzioso, rilassato. Ricordiamoci che gli animali vedono con il naso, il crescere delle nostre pulsazioni, spesso inevitabile, corrisponde all’emissione di ferormoni e odori, un segnale che l’animale coglie rapidamente.

Il cinghiale è morto e finalmente può esplodere la gioia dei cani che hanno meritato la preda dopo il duro lavoro svolto.

Curate dunque l’aspetto del vento, o del movimento dell’aria, cercando di passare dalla parte in cui l’aria non trasporta odori verso il cinghiale. Il vostro vantaggio è che lui in quel momento è totalmente impegnato a curarsi dei cani che lo insidiano, fanno circolo attorno a lui, abbaiano molto a ridosso della sua lestra, che sia pure un solo segugio, la sua attenzione è tutta focalizzata sul suo diretto rivale. L’abbaio del cane maschera parzialmente il vostro rumore in avvicinamento che non dovrà mai essere troppo “strappato”, sempre attento alla vegetazione, laddove ci fossero dei rovi che fanno “stracciare” il vostro abbigliamento meglio aggirarli e transitare per un punto meno rumorizzante. A ridosso della lestra il vostro odore comincia a giungere al cinghiale che, se non dovesse mettersi in fuga, potrebbe anche tollerare la vostra presenza che si manifesta in modo lento e poco invasivo, fino a non percepirvi come una reale minaccia. Una forma di avvicinamento tipica dei cacciatori tribali che non dispongono di armi a lunga gittata e devono necessariamente arrivare a ridosso della preda. Non è cosi semplice ovviamente. Se la vegetazione lo permette, a pochi metri intravedete la sagoma del cinghiale. 

Questo è il momento di mantenere la calma e la lucidità. Attorno a quella sagoma si muovono i cani, alcuni sono proprio oscurati dalla mole del cinghiale, altri potrebbero comparire improvvisamente sulla linea di tiro, altri essere presenti ma in una situazione di temporaneo risposo e non abbaiare. È inoltre possibile che siano presenti cani molto giovani, soggetti che non hanno ancora esperienza diretta con i colpi del fucile cosi a ridosso e per una certa “morbidezza” caratteriale potrebbero restare traumatizzati. Di questo aspetto ne abbiano parlato in un altro articolo che vi invito a leggere. Scoccare il colpo è una questione di centesimi di secondo, accade nel momento in cui le fronde e i cani lasciano la traiettoria libera, il colpo deve essere sicuro e certo di atterrare sulla sagoma del cinghiale. Se non si è totalmente sicuro di avere la traiettoria della testa libera meglio puntare alla spalla che rappresenta un bersaglio più semplice e altrettanto micidiale. Se il cinghiale dovesse improvvisamente sfuggire dalla lestra non abbiate fretta a sparare, quello è il momento più rischioso per colpire qualche cane. 

Tiro su cinghiale ferito

Il colpo a fermo va sparato alla minore distanza possibile per uccidere in modo istantaneo il cinghiale senza correre il  rischio di traiettorie incontrollate delle palle o di ulteriori cariche del selvatico ferito nei confronti dei cani.

Diverso è invece il tiro sul cinghiale ferito. La situazione è decisamente più drammatica, i cani sono molto più a ridosso del cinghiale. L’odore del sangue anima il loro istinto predatorio e i segugi, che peraltro avvertono le difficoltà della preda, acquistano coraggio e si addensano sull’animale. Avvicinarsi in questa fase sarà molto più facile, il cinghiale è affannato, fermo in una rogaia o in un fosso dove cerca ristoro dall’acqua. Il tiro però sarà molto più complesso, i cani ballano davanti a lui, lo mordono, vengono caricati, tornano sotto, è una giostra di “piranha” attorno alla loro preda. In questo caso il tiro a distanza è sconsigliato, l’arma migliore per avvicinarsi e mettere fine alle sofferenze della bestia è il coltello conficcato nel costato all’altezza dell’ascella a salire cercando di raggiunger eil cuore. Questo è possibile se il cinghiale lo consente, ma non sempre la ferita lo debilita al punto da attendere la morte senza combattere, a volte è una ferita di minore entità che lo rende ancora più aggressivo fino al punto di potervi anche sfidare e cercare tra le teste dei cani le vostre gambe. Fate attenzione. Fortunatamente siete dotati di un’estensione del vostro braccio, il fucile. Allungando il braccio potreste, nel migliore dei casi arrivare ad appoggiare la canna sulla mole del cinghiale scoccando un tiro assolutamente sicuro. Per fare questo dovete riuscire a padroneggiare bene l’arma con una mano, un tiro un po’ avventuroso che richiede pratica e attenzione e soprattutto un’arma che non abbia un rinculo eccessivo da infortunare il polso o far impennare la canna rischiando che il movimento di ritorno faccia sfuggire un secondo colpo a vuoto. Io ho il mio Benelli M2 che ha un rinculo assolutamente confortevole e, anche se ho una canna slug molto corta ma piuttosto pesante, di fatto non lo sento nemmeno durante un tiro del genere.

Ci sono tanti modi per portare a termine l’azione del tiro a fermo sul cinghiale quando non si può utilizzare un’arma bianca. Ci sono tanti aspetti da considerare. In sintesi la calma, la sicurezza per voi, i vostri compagni e i cani, sono i requisiti indispensabili. Ricordiamoci sempre che la caccia ci mette sempre alla prova e anche se siamo molto esperti potremmo sempre trovarci davanti situazioni nuove e inattese, momenti in cui anche i grandi esperti potrebbero sbagliare.