Lame nella storia. Il Grabendolch, sopravvivere in trincea

Il Grabendolch tedesco, letteralmente “pugnale da trincea”, rientra nella categoria dei Kampfmesser ossia coltelli da combattimento caratterizzati da lame dritte e strette, a doppio taglio, concepite per una facile penetrazione, solitamente con costolatura centrale (per aumentare la robustezza della lama), ramo o rami di guardia più o meno estesi, presenza di un tallone, impugnatura spesso lavorata per consentire una buona presa, le altre caratteristiche di questa arma bianca.

Lame nella storia. Il Grabendolch, sopravvivere in trincea
Soldati tedeschi con il Grabendolch portato alla cintura, con e senza dragona.

Il contesto storico

Nell’autunno del 1914 dopo due mesi di guerra è ormai chiaro allo stato maggiore tedesco che la speranza di una guerra lampo incentrata sulla sconfitta in sei settimane dell’esercito francese per poi concentrare le forze imperiali contro la Russia zarista è definitivamente tramontata. Sul fronte occidentale con l’aiuto della British Expeditionary Force i francesi sono riusciti infatti a bloccare l’avanzata dei germanici a est di Parigi nella prima battaglia della Marna (5-12 settembre). I tedeschi oltretutto non hanno potuto dare la spallata decisiva al fronte perché i rinforzi necessari sono stati dirottati a difendere la Prussia orientale per fermare due armate russe d’invasione che si sono raccolte molto più velocemente del previsto. In pratica si è venuta a creare una situazione di stallo e sta per iniziare la guerra di trincea che porterà tra le fila dei soldati orrori e sofferenze a livelli fino ad allora sconosciuti.

Un nuovo modo di fare la guerra

Soldato della fanteria germanica
Un soldato della fanteria germanica posa per una foto ricordo prima della partenza per il fronte con un Grabendolch infilato in uno degli stivali di ordinanza.

Lo stabilizzarsi del fronte occidentale porta all’inevitabile trinceramento dei due schieramenti. I due eserciti (anglo-francese da una parte e tedesco dall’altra) iniziano dunque opere di fortificazione delle rispettivi linee di difesa consistenti soprattutto nella realizzazione di lunghe trincee.

Queste sono stretti fossati scavati per circa due metri di profondità e altrettanti di larghezza che si estendono per diversi chilometri lungo il territorio.

Spesso le trincee sono coperte da filo spinato e hanno dei ballatoi per il tiro con il fucile e apposite postazioni per il fuoco delle mitragliatrici protette da sacchi di sabbia o terrapieni. Sono scavate con andamento zigzagante per evitare che durante un assalto il nemico possa piazzarvi una mitragliatrice e con questa sparare d’infilata su tutta la trincea. Dinnanzi viene generalmente stesa una fitta rete di filo spinato per rendere difficoltoso l’assalto alle truppe nemiche. I parapetti delle trincee possono essere elevati con sacchi di terra o ghiaia, e rinforzati con robusti scudi di metallo, muniti di feritoie per l’osservazione e per il tiro. Le batterie campali di obici pesanti sono normalmente posizionate nelle retrovie e hanno il compito sia di martellare le prime linee avversarie sia di sconvolgere le colonne di rifornimento del nemico. In breve tempo la guerra diventa caratterizzata da avanzate e ritirate limitate spesso a pochi chilometri; non di rado dopo aver occupato a caro prezzo le prime trincee avversarie bisogna sgombrarle e ripiegare perché dalle seconde linee è scattato il contrattacco nemico per rioccupare le posizioni perdute e così all’infinito. I sistemi difensivi di entrambi gli schieramenti infatti sono di norma molto profondi, articolandosi su un sistema di più linee interrate. In sostanza rispetto alle ultime battaglie in grande stile che hanno sconvolto l’Europa, quelle dell’epoca delle guerre napoleoniche, gli eserciti impegnati nella nuova guerra globale, pur potendo contare sulla forza motore e non più solo su quella animale per il trasporto di truppe e salmerie, non sfruttano a pieno l’accresciuta mobilità proprio in conseguenza della staticità dei vari fronti.

L’arte di arrangiarsi

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Confronto di dimensioni tra il Grabendolch e  una baionetta del Gewehr K98 della Seconda guerra mondiale. Anche in questo conflitto la maneggevolezza del pugnale ideato per la guerra precedente fu vincente rispetto all’ingombro della baionetta di ordinanza.

Quello che fin da subito è chiaro ai soldati semplici sul campo, un po’ meno alle alte gerarchie nelle retrovie, è che quando si ha la fortuna di riuscire a raggiungere la trincea nemica essendo sopravvissuti al micidiale fuco delle mitragliatrici e alla fucileria nemica, una volta balzati dentro il fossato ci si trova a lottare in un serrato corpo a corpo o semplicemente a muoversi affannosamente in un ambiente angusto dove la differenza fra morire e restare in vita dipende dall’agilità. Il fucile d’ordinanza, che fosse il Mauser Gewehr 98 tedesco, il Lee Enfield SMLE nr 1 MK III inglese o il Lebel francese già lunghi di per sé, divengono ancora più difficili da usare come armi bianche quando muniti di baionetta inastata, come prevede il regolamento durante gli assalti alle postazioni nemiche. Oltretutto quando si riesce a infilzare un nemico c’è il rischio concreto che, incastrandosi tra le ossa dell’avversario, si renda difficile e pericolosamente lunga l’estrazione della baionetta stessa, lasciando in pratica disarmato il sodato. 

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Il coltello era assicurato al fodero da un cinturino in cuoio bloccato da un bottone in alluminio.

La lunghezza dei fucili e delle lame delle baionette rispondono ancora ad una concezione ottocentesca del combattimento, che prevedeva sì le mischie ma in campo aperto, questo fin da subito è drammaticamente evidente a chi sta in prima linea. I più scaltri e smaliziati iniziano così ad accorciare una seconda baionetta che tengono infilata nella cintura come un coltello (il pugnale baionetta, un altro Kampfmesser) o se non si ha avuto la possibilità di procurarsi una seconda lama, si usa la vanghetta di ordinanza; con dei colpi assestati di taglio in punti vitali come sotto il mento dell’avversario, lasciato scoperto dall’elmetto, essa si trasforma in un’arma molto più temibile di una baionetta regolamentare. Infine oltre ai tirapugni e a vere e proprie mazze ferrate di suggestione medioevale, i soldati al fronte, anche se non previsto dal regolamento, prendono l’abitudine di portarsi da casa, quando hanno la fortuna di andarci in licenza, pugnali e lame di ogni genere che prima, durante la vita civile, impiegavano nelle attività venatorie, agricole o artigianali. La corta lama, magari adattata  con qualche accorgimento alle esigenze belliche, si presta molto meglio a essere un prezioso strumento di sopravvivenza in quei terribili scontri.

La produzione in serie del Grabendolch

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Le scanalature dell’impugnatura intagliate nelle guancette di legno.

Devono passare diversi mesi dall’inizio delle ostilità prima che il Ministero della Guerra Tedesco, sotto pressione da parte dell’alto comando germanico, emani l’ordine 2067 3 13 A2 con il quale si prevede la distribuzione (e quindi la commessa di produzione a varie fabbriche) di un pugnale da combattimento “ …In aggiunta alle 10 baionette corte e alle cinque pistole, a ogni compagnia di fanteria verranno fornite sei pistole e sei pugnali, man mano che saranno disponibili”.  In pratica ci si è resi conto delle reali necessità del fante impegnato negli scontri in trincea e si prevede in materia di equipaggiamento di dotarlo gradualmente anche di un pugnale per gli scontri all’arma bianca. Nei documenti ufficiali che seguono e che sono le varie circolari che vengono inviate dal Ministero Centrale di Berlino a quelli dei vari Land (Baviera, Sassonia, Württemberg ecc) il Grabendolch viene indicato anche con il termine Nahkampfdolch (pugnale da combattimento ravvicinato), Dolchmesser (pugnale-coltello) o Dolchärtige Messer (coltello a forma di pugnale). Si prevede che i primi reparti ad averlo in dotazione saranno quelli dei pionieri spesso impegnati in missioni di ricognizione in territorio nemico. La dotazione va via via crescendo fino a raggiungere nel 1917 un massimo di 40 pugnali per compagnia seguendo quelle che sono le esigenze del fronte.

Le caratteristiche tecniche dell’arma

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Il corto manico del Grabendolch, studiato per favorire l’impugnatura a martello.

A differenza di quello che accadde in altri eserciti in quello tedesco il pugnale delle truppe germaniche nasce da una vera e propria progettazione che prende come modello di partenza i pugnali da caccia di uso civile della tradizione venatoria germanica. Vengono date delle direttive specifiche da Berlino ai vari Länder ma poi nella pratica escono dalle varie ditte Grabendolch che presentano delle differenziazioni tra di loro soprattutto per la forma della lame, dell’impugnatura, della crociera, del fodero etc… tanto che gli studiosi dell’arma hanno creato a tale riguardo delle sottocategorie: modello prussiano, modello bavarese etc… in cui raggruppare i vari esemplari. Le lame in tale genere di pugnale sono in genere lunghe 130-40 mm e di ottima fattura. Negli ultimi centimetri della punta viene aggiunto di norma un controfilo affilato. I modelli con lama a doppio taglio sembrano appartenere infatti alla produzione iniziale più costosa che poi si sarebbe assestata sulla versione con lama a taglio unico più economica da produrre. Sulla lama non si trova mai, per esigenze legate al segreto militare in tempo di guerra, l’indicazione in chiaro del nome del produttore, ma solamente dei punzoni.

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Il Grabendolch impugnato con una presa a sciabola. 

I punzoni incisi sulla lama o sulla crociera indicano l’approvazione della commissione militare addetta a valutare la qualità e le rispondenze ai criteri generali dei pugnali prodotti dalle varie aziende private. Tra le più famose la Ernst Butsch, la Union Zella, la Gottielb Hammesfahr, la Leupold di Geffrees, la Böker sparse in tutto il territorio del Reich del Kaiser. Sulle lame invece non è raro trovare incisioni commemorative di campagne o battaglie. L’impugnatura deve presentare delle scanalature oblique in numero di 9. Il senso delle fessurazioni cambia di modello in modello. Deve essere in corno o in acciaio ma in pratica la gran parte della produzione viene realizzata con guancette in legno di noce (preferito, in genere, per la minore tendenza a fessurarsi a quello di quercia) e fissate da due o tre rivetti. 

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La crociera del Grabendolch della Böker. Alla base della lama da un lato si trova il numero di matricola. Il coltello viene commercializzato con il controfilo non affilato.

Le impugnature vengono tra l’altro realizzate di diversa lunghezza, soprattutto nel modello prussiano, questo a denotare un’attenzione particolare alle esigenze dei soldati al fronte che hanno mani con complessioni differenti. La comunque limitata lunghezza dell’impugnatura in tutti i modelli fa pensare ad un uso del pugnale con presa a martello ossia la tecnica che prevede che il pollice non agisca sul ramo di guardia superiore (presa a sciabola) ma rinforzi la stretta sull’impugnatura. La presa rovesciata doveva favorire il colpo dall’alto verso il basso in punti vitali come il collo dell’avversario che rimaneva scoperto dall’elmetto.

Le crociere sono di diversa fattura in genere sono a forma di “esse” con un ritto piegato verso l’impugnatura ma possono essere anche dritte. Il fodero normalmente è in acciaio nero (nel modello prussiano) ma anche di cuoio.

Il passante in cuoio o in tela serve per appendere il pugnale al cinturone regolamentare. Il pugnale è assicurato al fodero o con un cinturino che ne blocca l’impugnatura o con uno sperone presente nel passante che si va ad inserire in un incavo scavato nella guancetta.

Il Grabendolch della Böker

Per chi volesse impugnare anche oggi un pezzo di storia la Heinrich Böker Baumwerk di Solingen, vera e propria “cittadina dei coltellinai” tedeschi nella regione del Nord Reno-Westfalia, ha rimesso in produzione il Grabendolch riportando alla base della lama il numero matricolare e riprendendo la numerazione dall’ultimo modello prodotto a fine della Seconda guerra mondiale (sì perché il Grabendolch fu largamente prodotto e quindi anche impiegato dagli elementi appartenenti ai vari reparti della Wehrmacht durante il Secondo conflitto mondiale come pugnale per gli scontri corpo a corpo). Tanto che è sbagliato definire “una replica” questo modello di pugnale. Il modello che la Böker ci ripropone ha una lama a taglio singolo lunga 140mm; crociera a “esse” con la guardia superiore effettivamente troppo bassa (impugnandolo ce ne siamo accorti subito e non abbiamo neppure mani di dimensioni esagerate). 

Lame nella storia. Il Grabendolch, sopravvivere in trincea
Il Grabendolch fu impiegato anche durante la Seconda Guerra Mondiale da reparti della Wehrmacht.

Dal punto di vista legale quindi il modello proposto da Böker non è un vero pugnale, ma un semplice coltello e come tale è di libera vendita e detenzione. I lettori ci perdoneranno se comunque continueremo a riferirci a esso con il termine “pugnale” per non suonare pedanti. La lunghezza dell’impugnatura in legno di quercia è pari a 115mm. Il pugnale si presenta leggero (158 grammi) e maneggevole, facilmente occultabile. Il fodero è in cuoio con puntale rinforzato in metallo. Non ci ha dato l’impressione di assicurare la stessa durata nel tempo in condizioni estreme di impiego (quali quelle delle trincee) del più diffuso, all’epoca, fodero metallico. Presente il cinturino di bloccaggio, troppo corto a nostro giudizio, tanto da rendere difficile, soprattutto da nuovo, l’inserimento del bottone metallico nell’occhiello. 

Scheda tecnica

ProduttoreHeinrich Böker, Solingen (Germania) www.boker.de
ModelloGrabendolch
Tiporiproduzione di pugnale militare
Materialiacciaio C75; legno di quercia
Lamaacciaio inox a singolo filo
Spessore lama3,5 mm
Altezza max lama30 mm
Altezza max 50 mm
Lunghezza impugnatura115 mm
Lunghezza lama140 mm
Peso150 gr
Prezzo155,00 (circa)

Video: Il Grabendolch alla prova sul campo

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