Carne selvaggia: carnivori di tutto il mondo unitevi! Undicesima parte: Lucio Pompili, il cuoco-cacciatore

Cacciatore praticante, Lucio Pompili mi accoglie subito con una accorata denuncia sui difetti di certa caccia. È cacciatore anche in questo. Lo è dal 1970, cioè praticamente da sempre, visto che è vicino alla soglia dei settanta: «Faccio 53 licenze. E ho visto anche il brutto della caccia che è la smania di fare carniere, di abbattere senza criterio tutti gli uccelli possibili. Un male tutto italiano che purtroppo abbiamo esportato anche all’estero». Curiosamente, o forse no, l’inizio della sua carriera che culmina con il titolo di “chef stellato” è quasi contestuale alla prima licenza: ancora prima la Svizzera, dove impara il tedesco che gli serve poi per lavorare nella pensione Silvia a Pesaro, quando la famiglia torna in Italia, poi l’Alberghiero e la gestione della pizzeria Posta Vecchia con papà. Nel 1974, il militare a Bergamo, dove fa incontri decisivi in un ambiente enogastronomico di alto livello. «A quei tempi c’era già Da Vittorio. Vi conosco il pioniere del single malt Silvano Samaroli e il gastronomo Gino Veronelli. C’è un eccezionale venditore e divulgatore di grandi vini, Castelletti con enoteca a Ponte San Pietro e c’era Gioacchino a Bergamo alta».

Il ristorante Symposium a Cartoceto (PU) oggi apre solo per eventi oppure occasioni speciali. I riferimenti alla caccia non mancano.

Il famoso ristorante Symposium 4 stagioni nasce nel 1985 a Cartoceto, un piccolo borgo di circa 600 abitanti in provincia di Pesaro e Urbino, nelle Marche, noto soprattutto per l’olio. Quella di Pompili è cucina del territorio, adeguata al gusto e alle preferenze del momento, con il robusto apporto di cucina regionale a seconda della reperibilità dei prodotti. Cucina che conquista la stella Michelin. Il ristorante oggi apre solo per eventi o nelle feste “comandate” (oggi Symposium eventi www.facebook.com/Symposium.Eventi ). I menù vengono proposti per ogni occasione. «È mia moglie che si occupa dei ricevimenti e degli eventi. Quando amici cacciatori hanno un po’ di cacciagione che merita, chiamano e organizziamo pranzi o cene memorabili…».

Pompili si dedica anche al vino e ha fondato un’azienda vitivinicola che si chiama Le tre Sorelle ed è dedicata alle sue tre figlie. I filari delle viti si sviluppano in un territorio molto scosceso attorno al Symposium: per questo sulle etichette del sangiovese ispirato a quello di Montalcino si legge "Greppo di Sotto"… ma c’è anche un Verdicchio Sauvignon che si chiama Fifty&Fifty.

Il grande cuoco ai fornelli. Oggi si dedica anche ai vini.

Si dice che Pompili sia il miglior chef di cacciagione d’Italia, in particolare quella di piuma. Tordi, pernici, colombacci, fagiani al loro meglio. La sua passione venatoria l’ha portato in Argentina, in Azerbaijan, in Libia. Con Montefeltro ai tempi di Toni Gialdini e anche recentemente. «In passato c’è sempre stato il problema di riportare la cacciagione senza danni e io mi sono inventato mille modi. Anche perché qualche volta occorrevano autorizzazioni molto difficili da ottenere. Sono arrivato a pulire e disossare la carne per poterla mangiare a casa, trasportandola con tutte le cautele. Non ho mai fatto grandi carnieri per scelta, ma quando ci sono più cacciatori inevitabilmente i numeri salgono». Lui conosce tutti i segreti delle carni selvatiche, le sfumature anche di sapore fra una specie e l’altra. E quest’esperienza fa la differenza.

Nel 2009 Pompili ha dedicato un libro alla sua “doppia” passione: “A caccia di sapori, il libro di un cuoco cacciatore” (Cucina&Vini) con in copertina un frullino in un impiattamento piuttosto originale.

Un volume che raccoglie 67 ricette inedite di cacciagione e che consente di rivivere attraverso racconti e fotografie le emozionanti battute di caccia intraprese da Lucio con i suoi amici.

Lucio Pompili è stato il primo cuoco marchigiano che ha saputo raccontare le Marche fuori dalle Marche, è cuoco-contadino e soprattutto cuoco-cacciatore. Non si può prescindere dalla sua eccezionale figura scrivendo di caccia e cucina. E intanto lui continua a scrivere pagine di gastronomia con i fiocchi, guardando anche oltre il territorio marchigiano e non solo per la prossima battuta. «Perché no? Ora, per esempio, sono affascinato da un nuovo strumento di cottura alla brace, l’Ofyr, prodotto nei Paesi Bassi, che sto cercando di distribuire in Italia. Guardo sempre avanti, ma non dimentico la caccia!».

Un nuovo strumento di cottura alla brace utilizzato nel giardino del Symposium: l’Ofyr, prodotto nei Paesi Bassi.

Beccaccia della Santa alleanza

La famosa Beccaccia della Santa alleanza di Pompili.

Pelare e pulire la beccaccia, sventrarla e realizzare con le viscere un paté con il fegato grasso e il burro e il cognac. 

Farcire la beccaccia con la salsiccia e avvolgerla nel lardo e nelle erbe aromatiche, cuocere in forno a 135 gradi per 40 minuti. 

Cuocere le patate sotto la cenere. Tagliare la beccaccia in due, tagliare il petto a fettine e stenderlo sul crostino con il paté di interiora passato in salamandra, stendere vicino la coscetta e guarnire con il becco in modo da rendere riconoscibile il selvatico, mettere vicino la patata cotta sotto la cenere, cotta con un fiocco di burro. (11 – continua)