Trabaldo: uno stile unico e riconoscibile

Biella lavora la lana fin dall’epoca preromana. È ancora tra i maggiori poli lanieri al mondo e riferimento assoluto per i tessuti di alta gamma: cashmere, pelo di cammello, alpaca, vigogna e mohair.

Lo show room della sede Trabaldo a Borgosesia.

La storia dell’azienda Trabaldo (www.trabaldogino.it) nasce agli inizi del Novecento in questa provincia e in un clima di sviluppo economico. Ci racconta tutto Mattia Trabaldo, 29 anni e da 7 in azienda: all’inizio si è occupato di marketing e ora affianca il papà Filippo (67) e ha assunto mansioni più ampie e trasversali.

«La nostra è una storia di famiglia legata alla tradizione del territorio in cui è nata e cresciuta. L’azienda ha visto succedersi 4 generazioni, la terza e la quarta attualmente in attività. Sotto l’amministrazione di mio nonno, Gino Trabaldo, l’azienda era interamente verticalizzata: la lana entrava greggia nello stabilimento e ne uscivano i capi confezionati attraverso tutte le fasi di lavorazione. Qualcosa che, trasportato nel mondo di oggi, ha dell’incredibile. Dal dopoguerra in avanti, la produzione si è specializzata nella confezione di articoli dedicati al tempo libero, più precisamente al mondo dell’alpinismo e dello sci alpinismo. Il piccolo comune di Crevacuore, dove aveva sede l’azienda, era esattamente a metà strada tra il versante valsesiano e quello valdostano del massiccio del monte Rosa, il che rendeva la posizione strategica per i frequentatori di alcuni dei più famosi 4.000 italiani. 

Il marchio Trabaldo. L’azienda ha sede a Borgosesia (Vc), vicino alla provincia di Biella, tra i maggiori poli lanieri al mondo. Si è specializzata nell’abbigliamento sportivo negli anni Ottanta e la prima collezione per caccia risale al 1989.

La linea di abbigliamento Trabaldo Gino negli anni Ottanta era affermata nel mondo dell’outdoor nazionale e internazionale, grazie anche alla distribuzione per il mercato giapponese. In quegli anni la lana rappresentava la fibra tessile più impiegata anche per l’articolo sportivo, ma la svolta del mercato si ebbe con l’avvento delle tecnofibre. Dalla metà degli anni Ottanta con la successione di mio padre, fu subito chiaro come la struttura aziendale dovesse adattarsi al rinnovato scenario. L’azienda smise l’attività di filatura e tessitura per dedicarsi interamente alla confezione, adottando sin da subito i nuovi materiali che il mercato aveva da offrire: dal pile alle prime membrane impermeabili. Fu l’intuizione di mio padre nel vedere le similitudini tra alpinismo e attività venatoria in termini di impiego, a portare alla creazione della prima linea di abbigliamento da caccia. L’approccio tecnologico che volle da subito dare mio padre alla collezione fu la chiave di volta dell’azienda: tutto il know-how costruttivo del mondo outdoor fu trasferito in quello venatorio, per offrire dalla collezione 01 a oggi le migliori soluzioni tecniche sul mercato. Nonostante dagli anni Novanta il settore sia in continuo mutamento, questa è ancora la vera mission aziendale: offrire in un settore ritenuto marginale rispetto al fratello maggiore outdoor, le medesime tecnologie e ricercatezze tecniche, con una specifica attenzione per le esigenze venatorie».

Mattia Trabaldo, 29 anni da 7 in azienda, ne è amministratore e affianca il padre Filippo.

Trabaldo è la prima azienda italiana a specializzarsi nell'abbigliamento per la caccia, all'inizio degli anni Ottanta? Quando esattamente è immessa sul mercato la collezione 01?

«Arrogarsi questo primato è un po’ presuntuoso. In termini assoluti, infatti, è complesso tracciare il confine tra cui distinguere abbigliamento da caccia e abbigliamento tecnico sportivo: all’epoca della nostra prima collezione da caccia esistevano già aziende che operavano in entrambi i settori, magari con poca differenziazione in termini di prodotto, da qui la difficoltà nel tracciare un confine preciso. La collezione 01 fu lanciata sul mercato nel 1989».

Lei o suo padre siete cacciatori? Come l'azienda Trabaldo ha costruito il suo know-how relativamente alla caccia?

«Questa è una storia curiosa che in molti ci chiedono. Né io né mio padre siamo cacciatori praticanti, mio nonno lo era e da ragazzo lo accompagnavo a caccia. La nostra estrazione, così come l’azienda, è alpinistica. Viviamo e frequentiamo la montagna a 360°, estate e inverno, da appassionati sportivi. Le connessioni con il mondo venatorio sono state tante sin da subito. Credo che con l’avvento del nostro Promoter Network, nato nel 2013, abbiamo intrapreso un progetto che affianca l’utilizzatore al produttore fornendo le congiunzioni che potete trovare nelle nostre collezioni. Abbiamo tester specializzati per ogni tipologia di caccia, atleti e cacciatori professionisti, che ci forniscono feedback continui. A volte sono talmente assorbito dai progetti che, frequentando la montagna, mi trovo a vedere le cose con gli occhi più di un cacciatore che di uno sportivo. Questo binomio a mio avviso è vincente per l’evoluzione di un prodotto fuori dagli schemi. Ho anche imparato che Il nostro è un mestiere in cui non bisogna porsi con supponenza: spesso gli spunti migliori sono quelli che possono giungere più inaspettati durante una fiera aperta al pubblico o davanti a una birra tra amici cacciatori».

Lo stabilimento della filatura a Crevacuore, in provincia di Biella. L’azienda è stata fondata da Gino Trabaldo all’inizio del Novecento per lavorare la lana greggia, arrivando alla confezione finale dei capi d’abbigliamento.

Quali sono i capi principali e tradizionali, i must per la caccia? Che caratteristiche deve avere l’abbigliamento per la caccia?

«Credo che ogni cacciatore potrebbe elencarne di diversi. Ognuno, infatti, in base alla tipologia di caccia praticata o all’ambiente frequentato, ha il suo feticcio. Questi cambiano anche nel tempo. Una volta il cosciale era imprescindibile per molti cacciatori del Centro e Sud Italia, oggi è un qualcosa che sta sparendo grazie all’avvento di pantaloni sempre più performanti. Anche in termini di caratteristiche non credo che si possa fare di tutta l’erba un fascio, ma sia necessario distinguere in base alla tipologia di caccia e agli ambienti. Chi frequenta la montagna ha bisogno prodotti con un ottimo rapporto peso/volume, chi sfida la macchia mira prima di tutto alla robustezza e alla protezione. L’obiettivo della nostra azienda è fornire a ogni cacciatore il prodotto dedicato alle sue esigenze, specifico e non generico».

Esiste un abbigliamento "italiano" per la caccia?

«Credo che l’abbigliamento italiano sia universalmente riconosciuto nella moda così come nella caccia. In linea di massima sento di poter dire che in Italia il settore in generale è più evoluto rispetto a molti altri Paesi e l’offerta di abbigliamento tecnico in negozio è maggiore. La caccia è qualcosa di estremamente legato al territorio, per questo l’abbigliamento italiano non sempre incontra i gusti dei cacciatori stranieri. Un alpinista che scala una montagna sulle Alpi, in linea di principio non varierà molto il suo abbigliamento per la medesima attività svolta in Nord America. Questo perché l’ambiente in alta montagna è simile. Nella caccia, invece, i territori cambiano tantissimo a seconda del Paese, della latitudine e di come viene affrontata l’attività venatoria. Questo porta spesso ad avere abitudini nel vestirsi completamente diverse addirittura da regione a regione».

Per Trabaldo il solo look non basta: all’aspetto devono corrispondere anche le tecnicità che il consumatore si aspetta.

A quali canoni vi ispirate per le collezioni?

«L’evoluzione delle nostre collezioni negli anni ci ha portati ad avere uno stile unico che il mercato oggi ci riconosce. Abbiamo col tempo creato un canone tutto nostro che è stato spesso seguito dal mercato. Non abbiamo canoni assoluti, bensì criteri con cui ci approcciamo alle collezioni. La nostra azienda ha sempre cercato di unire l’aspetto pratico funzionale a quello estetico. Ci pregiamo di realizzare prodotti unici nel loro genere e per questo tutelati legalmente da modelli registrati, per offrire al consumatore la certezza di indossare qualcosa di veramente unico».

Dove producete il vostro abbigliamento?

«Oggi la produzione si concentra tra Italia ed Europa dell’Est».

Quali sono i tessuti, i tagli, i colori, le forme che meglio si adattano alla caccia?

Versione alta visibilità del modello Avenger, per il beccacciaio più esigente. Abbinamento di Cordura ripstop con Titanial light nelle aree più esposte ad usura. Gli inserti in Ketratex stretch su spalle, gomiti e schiena donano elasticità al capo, garantendo una vestibilità asciutta. Soluzioni per massimizzare traspirabilità e ventilazione.

«Quello dei tessuti è capitolo sterminato. Lavoriamo con tutto il tessile Cordura e Kevlar e con altri, ma sviluppiamo anche tessuti che facciamo fare ad hoc, stante la nostra estrazione: Titanial, per esempio, è struttura tessile originale ed esclusiva. L’approccio dell’azienda è volto alla specificità. Ogni caccia e ogni ambiente necessitano accorgimenti tecnici e stilistici differenti. Un tessuto, per quanto valido, non potrà mai servire perfettamente al cacciatore di montagna come al canaio della Maremma. Questo vale anche per i colori e per le vestibilità».

Cosa pensa dell’arancione ad alta visibilità, che è obbligatorio anche in Italia e del camouflage?

«Credo che si stia andando nella direzione giusta, ma servirebbe più chiarezza. L’alta visibilità, che non è solamente l’arancione, è imprescindibile per alcune tipologie di caccia, ma superflua per altre. Credo che le normative in materia dovrebbero essere meno generiche, questo aiuterebbe a ridurre lo scetticismo che purtroppo c’è ancora in materia di alta visibilità da parte di molti cacciatori italiani. In merito al camouflage bisognerebbe distinguere quanto è realmente necessario al fine del mimetismo e quanto invece diventa più puramente un gusto estetico personale. Credo che oggi la maggior parte dei cacciatori che sceglie un abbigliamento camouflage lo faccia più per gusto estetico che per reale esigenza mimetica».

Oggi si va verso capi più tecnici e tecnologici con maggiori caratteristiche di “sportività”. È il vostro mantra…

«Sono le scelte dei consumatori a guidare il mercato. Le nostre collezioni hanno da sempre avuto un look sportivo e poco tradizionale rispetto ai canoni e questo è stato apprezzato. All’aspetto però devono corrispondere anche le tecnicità che il consumatore si aspetta, il solo look non basta. È inevitabile come l’evoluzione continua nei materiali e nelle lavorazioni spinga il consumatore ad orientarsi su scelte sempre più innovative rispetto a quelle del passato».

Black edition del pantalone ASCENT della serie Alpine Challenge, dedicato alle uscite di inizio stagione e alle giornate di sole e clima mite in montagna. Ascent black unisce modellature di derivazione alpinistica e materiali specifici per l’attività venatoria.

Che durata hanno le collezioni? È in crescita l’abbigliamento femminile?

«Il nostro abbigliamento venatorio prevede prodotti continuativi. Non è fast fashion, i capi hanno una vita media di 4-5 anni, poi ci sono prodotti particolari che resistono anche 10 e che magari aggiustiamo ogni anno, da una stagione con l’altra. È il caso, per esempio, del nostro pantalone cult anti spino Panther pro. Abbiamo presentato la prima collezione donna nel 2019 e siamo stati tra i primi: è marginale, sembra in crescita, ma abbiamo ancora pochi articoli».

Cosa fa davvero la differenza per quanto riguarda i prodotti dell'azienda Trabaldo rispetto alla concorrenza?

«Credo che la varietà della proposta sia un aspetto importante. Ogni cacciatore trova nella nostra collezione qualcosa di specifico e dedicato alla sua tipologia di caccia. Facciamo moltissima ricerca sui nuovi materiali, sviluppando offerte esclusive. Anche l’approccio del body-mapping trova ampio spazio nei nostri sviluppi. Ogni parte del corpo assolve a funzioni diverse e necessità quindi accorgimenti differenti, da qui le numerose combinazioni di materiali che mettiamo in campo. La qualità nelle lavorazioni e nella confezione è un elemento imprescindibile». 

Che cosa vuole dire avere "stile" a caccia?

«Ogni cacciatore potrebbe rispondere a suo modo. Per noi lo stile è quando gusto estetico, funzionalità e tecnicità si incontrano. Ovviamente più facile a dirsi che a farsi».