Difesa e congegni di mira

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Difesa e congegni di mira
La tacca di mira della Walther PPQ è dotata di riferimenti tondi luminescenti

In un precedente articolo abbiamo parlato di quanto sia importante nel tiro mirato l’utilizzo corretto dello scatto e dei congegni di mira. 

Le armi corte dispongono di vari tipi di congegni di mira. I più semplici sono integrali alla struttura dell’arma o sono riportati su apposite fresature a coda di rondine. Alcuni dispositivi sono fissi mentre altri possono essere regolati in alzo e in deriva. Normalmente i congegni di mira, per evitare possibili riflessi, sono resi opachi tramite vari processi, i più sofisticati hanno il lato posteriore zigrinato per aumentare il potere antiriflesso. Le tacche di mira, sempre per evitare i riflessi, possono inoltre avere il lato posteriore incassato e in alcuni casi rastremato verso la base. Alcuni modelli di mirini e tacche di mira, sono dotati di riferimenti di colore chiaro che dovrebbero aumentare la velocità di acquisizione del bersaglio. 

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La Glock adotta sulla tacca di mira il sistema di riferimento white outline

I riferimenti colorati applicati sui congegni di mira, dot (rotondi), squared (squadrati), white outline (contorni bianchi), possono essere verniciati con semplici colori bianchi, alcuni si avvalgono delle fibre ottiche, altri sono verniciati con sostanze al fosforo luminescenti mentre i più costosi sono costituiti da ampolline contenenti trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno. Se consideriamo le statistiche relative alle distanze degli scontri a fuoco, che indicano che tali eventi si verificano entro 3 metri di cui l’80% entro un metro e le modifiche che avvengono nel corpo umano sottoposto a stress da combattimento, i congegni di mira e ancor più i riferimenti luminescenti potrebbero risultare superflui. Inoltre, nelle situazioni difensive, la destrezza acquisita nel tiro mirato potrebbe servire a poco a causa delle ridotte distanze, questo perché a un metro anche un principiante può facilmente mettere a segno un colpo.

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Nel lontano 1892 un tiratore sportivo E.E. Patridge scoprì che i congegni di mira squadrati aumentavano la precisione

Vediamo cosa accade utilizzando i congegni di mira normali, dotati di riferimenti colorati o luminescenti in diverse situazioni.

Quando ci alleniamo al poligono sotto la tettoia in ombra, puntiamo l’arma verso il bersaglio posto in piena luce. In questo caso, stando in controluce è molto difficile intravedere i riferimenti bianchi verniciati. Chi vuole fare il tiro di precisione, tra l’altro, è avvantaggiato se, invece di mirare tramite i pallini bianchi eventualmente visibili, prende per riferimento la sommità del mirino e della tacca di mira, controlla le luci laterali formatesi, mettendo il mirino perfettamente al centro della finestra della tacca di mira. Non a caso le pistole da tiro hanno i congegni di mira completamente neri. 

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Ecco cosa si vede al buio completo utilizzando congegni di mira luminescenti. Il bersaglio dov'è?

I piccoli inserti di fibra ottica consentono un effettivo aumento in velocità dell’acquisizione dei congegni di mira. Specialmente quando, per difetti visivi di varia natura, non si è più in grado di mettere bene a fuoco i normali congegni di mira. La loro efficacia viene meno con l’affievolirsi della luce ambiente. I punti di riferimento luminescenti al fosforo hanno una utilità dubbia. In piena luce si comportano come i normali punti ricavati dalla vernice normale mentre al buio, dopo un certo periodo, per poter essere visti, devono essere ricaricati da una fonte luminosa. Lo stesso vale per le mire al trizio, nulla cambia sotto la luce solare mentre al calare della luce possono essere utilizzate fino a quando si può essere certi del bersaglio. Al buio vedremo le mire ma non sapremo dove puntarle. Un’importante regola di sicurezza dice: sii sicuro del tuo bersaglio.

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Stressfire la tecnica di M. Ayoob. L'arma è indirizzata verso il bersaglio ma il mirino non è allineato con la sommità della tacca di mira

Esaminiamo ora le distanze degli scontri a fuoco e quali tecniche possono essere applicate in tali frangenti. 

Come al solito possiamo solo affidarci alle statistiche. Non si deve confondere l’allenamento in poligono con quello che accade nella realtà. L’avversario non è un oggetto immobile e passivo come la nostra sagoma di cartone, non possiamo studiare un piano preventivo, nulla avviene a comando come nelle gare. Nessun aggressore è così cortese da avvertire delle proprie cattive intenzioni. Nessun malvivente aggredisce partendo da lontano. È statisticamente provato che, non solo chi è armato di bastone, coltello o delle sole mani, quindi è costretto ad avvicinarsi per arrecare danno, ma anche chi aggredisce con armi da fuoco tende ad avvicinarsi il più possibile, magari per sopperire alla scarsa confidenza con l’arma, della quale frequentemente è venuto in possesso da poche ore. 

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Con l'avversario a corta distanza non possiamo estendere le braccia. In questi frangenti i congegni di mira sono inutili

Tutto è imposto dalla distanza dell’avversario, ricordando che più questa è ridotta e meno vale la nostra bravura di tiratori. L’aggressione è violenta e improvvisa, non c’è il Range Officer che ci dice: shooter, are you ready? La distanza dell’avversario di solito è così breve che spesso non possiamo neanche estendere il braccio che impugna l’arma, il braccio di supporto è solitamente impegnato a contrastare l’avversario. Dimentichiamo il tiro a due mani. Se riusciamo a eseguire un’estrazione scansando gli indumenti, a queste distanze, avendo l’avversario addosso, i congegni di mira sono inutili perché l’arma rimane accostata all’altezza del fianco, per evitarne la sottrazione. 

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Questo è come vediamo arma e bersaglio durante l'allenamento in poligono

Se aumentiamo la distanza tra noi e l’avversario (ipotizziamo 7 metri circa) si deve puntare l’arma verso il pericolo estendendo il braccio, cercando di vedere il mirino in maniera grossolana ma senza attardarci a collimare perfettamente i congegni di mira. L'intenso allenamento porta a indirizzare l'arma, come se fosse il prolungamento del nostro braccio, verso il bersaglio grosso. La tecnica è chiamata Flash Sight Picture. La Stressfire point index è un'altra tecnica di mira molto veloce sviluppata dal noto M. Ayoob. Il mirino non è allineato con la tacca ma leggermente in alto. Spesso però ci dobbiamo accontentare di vedere la punta della canna o del carrello della propria arma. Questo considerando che sotto stress la capacità di mettere a fuoco a corta distanza oggetti molto piccoli, come appunto i congegni di mira, diventa improbabile. A maggior ragione non si riescono a vedere i minuscoli dot, di qualsiasi tipo siano. 

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A causa dello stress, questo è quello che vediamo, ottimisticamente, durante uno scontro a fuoco

È senz’altro vero che collimando perfettamente i congegni di mira (ma soprattutto tirando bene il grilletto) i colpi andranno a segno ma non possiamo soffermarci a prendere una mira accurata perché, oltre per i problemi provocati dagli ormoni dello stress, è provato che alla distanza di 7 metri, un avversario che scatta contro di noi, impiega meno di 1,5“ per entrare in contatto fisico con la nostra persona. Se sottraiamo a questo tempo, quello che occorre al nostro cervello per realizzare di essere in pericolo mortale, quindi fare l’estrazione e portare l’arma verso l’avversario, i decimi di secondo a nostra disposizione diminuiscono notevolmente. Quindi ogni frazione di secondo è preziosa, con buona pace di quanti preferiscono il porto dell’arma corta senza colpo in canna.  In ogni caso è utile addestrarsi al tiro, incrementando la precisione perché, anche se le statistiche fanno pensare che gli scontri avvengano sempre a distanza di braccio può sempre capitare che l’avversario sia più lontano.