Beretta 93R: la pistola a raffica

Beretta 93R 
Il “sistema” 93 al completo: le differenze più evidenti rispetto alla 92 sono la canna sporgente, con tanto di freno di bocca, il caricatore maggiorato, l’impugnatura anteriore e il calciolo rimovibile

La prima arma “lunga” in grado di sparare a raffica ma camerata per un calibro da pistola, pare sia stata l’italiana Villar Perosa, la famosa “pernacchia”, messa a punto durante la Prima guerra mondiale. Una volta capita l’utilità di questa tipologia di armi fu subito un fiorire di progetti simili: era iniziata la saga dei “mitra” o, come si diceva una volta, dei “moschetti automatici”.

A qualcuno venne l’idea di dotare della possibilità di sparare a raffica anche le armi corte, trasformando la pistola da “semiautomatica” in “automatica”.

Beretta 93R 
L’arma pronta all’impiego

La prima rappresentante di questo genere di cui si ha notizia fu una variante della Steyr 1912 denominata P16: selettore di fuoco, calciolo per una migliore controllabilità, caricatore allungato, ma sempre monofilare, da 16 cartucce. 

La Steyr citata pare fosse stata pensata per l’impiego da bordo dei primitivi aerei del tempo, e in questa ottica poteva avere una sua logica: un unico “rafficone” sparato in poco tempo poteva in effetti servire a colpire il fugace avversario. 

Beretta 93R 
Del tutto fuori luogo, a voler essere pignoli, il dado “industriale” e lasciato in bianco che tiene in sito il perno principale passante del calciolo. Immaginiamo che il dente deputato a bloccare il calciolo al fusto segnerà inevitabilmente la lega leggera di quest’ultimo

Si dice poi che la pistola venisse impiegata anche da operatori terrestri, alcuni dei quali la usavano tenendola piegata su un fianco, come si vede fare oggigiorno dai “Gangsta” nei film di Hollywood, in modo da sfruttare il rinculo e “coprire” una più vasta area durante gli scontri ravvicinati.  

Dopo la Steyr sono state via via allestite altre armi corte a raffica, fino ad arrivare quasi ai giorni nostri, ritenendo evidentemente che questa tipologia abbia una certa utilità, ma al di là della “libidine”che suscita una pistola full auto, quali possono essere gli impieghi reali in ambito militare e di polizia? Per un uso “offensivo” si hanno oggi a disposizione armi ben più controllabili e prestanti, e anche il ruolo di PWD, ossia di Personal Defense Weapon, è ricoperto con notevole difficoltà da una semplice pistola, ancorché a raffica: a cosa serve svuotare un caricatore in pochi decimi di secondo se non si riesce a colpire il bersaglio e si resta con l’arma scarica? 

Beretta 93R 
Il fusto è predisposto per l’aggancio del calciolo

Le pistole “automatiche” di cui parliamo, infatti, non sono da confondere con le “pistole mitragliatrici”. Queste ultime rappresentano il punto di arrivo dello sviluppo dei “moschetti automatici” e sono armi da spalla, non portabili in fondina, mentre le “pistole a raffica”, o meglio a tiro selettivo, sono normali armi corte con la possibilità di fuoco completamente automatico: già è difficile controllare una pistola dal peso inferiore al chilogrammo che utilizzi una cartuccia a livello del 9 Parabellum, figurarsi come si possa dominarla se spara a raffica! 

Beretta 93R 
La guancetta destra è molto spessa, perché al suo interno è situato il complesso meccanismo di controllo della raffica. Al di sopra della guancetta sporge la leva che comanda il “contatore” dei tre colpi
Beretta 93R 
L’alimentazione in linea della pistola automatica Beretta è garanzia di affidabilità, e non per niente ha fatto scuola. In evidenza le notevoli sezioni del carrello, più pesante di quello delle normali 92
Beretta 93R 
Il ponticello del grilletto è molto spazioso, dato che si prevede che l’operatore vi inserisca anche il pollice della mano debole, che afferra l’impugnatura anteriore

Oltretutto, i  mitra moderni hanno una cadenza tra i 400 ed i 600 colpi al minuto, mentre le poche pistole full auto, sia datate che più moderne, hanno una “velocità” più che doppia, il che, in presenza di normali caricatori da dieci-venti cartucce significa in pratica quasi un “botto” solo: a cosa possa servire questa serie di colpi mal indirizzabili non è molto chiaro, e forse l’unico utilizzo concreto di una pistola automatica è quello di “assassination weapon”, ossia di attrezzo da usare per colpire un avversario a distanza ravvicinata riempiendolo di buchi nel minor tempo possibile.

Che un’arma di questo tipo abbia impieghi limitati è dimostrato anche dal fatto che di pistole a raffica ne sono state progettate ben poche. Tra le vecchie glorie vanno ricordate le Mauser 712 Schnellfeuer e alcune loro derivate, quali le spagnole Astra. Sempre spagnola la rara Star dei primi anni ʼ30, molto simile nell’aspetto a una normale 1911, ma dotata di un complesso meccanismo ospitato sul carrello che le permetteva di trasformarsi in full auto. 

L’idea di dotare alcuni soldati di una pistola a raffica è tornata “di moda” dopo la Seconda guerra mondiale. I sovietici misero a punto la loro Stetckhin in 9 Makarov e la distribuirono alle truppe corazzate. Tra fondina-calciolo, caricatori di scorta e la pistola stessa, non è che poi l’ingombro fosse molto minore di un Ak47, e infatti la Stetckhin ha lasciato il posto a versioni ridotte del famoso fucile d’assalto. 

In campo occidentale si cercò di scimmiottare le idee russe: la tedesca H&K mise a punto la versione a raffica della P9, mai entrata in produzione e, soprattutto, propose la sua VP70, pensata per ricoprire lo stesso ruolo della full auto sovietica, ma almeno dotata di un innovativo sistema di limitazione della raffica, in modo da poter sparare in automatico solo serie di tre colpi. 

Beretta 93R 
Il selettore può assumere due posizioni; in alto, in corrispondenza con un puntino bianco, l’arma funziona in modalità semiautomatica, mentre abbassando la leva si rende possibile la raffica controllata (posizione indicata dai tre pallini). La leva della sicura manuale, di dimensioni ridotte, è concentrica al selettore

Nello stesso periodo la Steyr propose la Pi 18, arma che in versione semiautomatica divenne più conosciuta come GB.

Nel 1971 la Colt presentò la sua SCAMP, una pistola poco più grossa della 1911 ma camerata per una cartuccia a collo di bottiglia in calibro .22, per la quale venne coniato il termine Personal Defense Weapon.

Per ricoprire il ruolo di PDW vennero in seguito progettate versioni ridotte di vere pistole mitragliatrici, come la Mini UZI, seguita a ruota dai vari Ingram e TMP.

Un posto di rilievo, anche per il fatto di essere entrata prepotentemente nella storia italiana, lo ebbe la cecoslovacca Skorpion 61, allora camerata solo per il 7,65.

Con la disponibilità di tutti questi prodotti specifici si potrebbe pensare che i progettisti si guardassero bene dal rendere full auto le normali armi corte, ma al contrario le pistole a raffica hanno continuato a essere pensate e prodotte: tra queste ricordiamo una speciale versione della CZ 75 e, soprattutto, la Glock 18, per la quale è stato almeno allestito un caricatore da ben trenta colpi.

Beretta 93R 
La tacca di mira è leggermente diversa da quella montata sulla serie 92. Da notare la particolare sezione del carrello, con la sommità piatta e i fianchi molto estesi

Anche la Beretta si è cimentata nel settore, e nel tempo ha proposto versioni a raffica delle proprie pistole a chiusura stabile, dapprima la 51R, la cui valenza era troppo penalizzata dal caricatore, ancorché maggiorato, da dieci colpi, seguita più recentemente dalla 93R, di cui abbiamo avuto modo di esaminare a fondo un paio di esemplari in occasione di una recente visita alla fabbrica di Gardone, e di cui desideriamo parlarvi.  

Se la 51 era in pratica solo una normale pistola con il selettore, essendo una smilza impugnatura anteriore l’unica concessione alla controllabilità, la Beretta 93 è già più simile al concetto di PDW, essendo a tutti gli effetti un’arma ben diversa dalla normale 92. 

La 93R impiega un meccanismo di sparo a sola singola azione (SAO) e quasi tutte le parti interne sono completamente diverse da quelle della 92. Delle componenti principali l’unica intercambiabile, ancorché più lunga è la canna, mentre sono del tutto specifici il castello e il carrello: quest’ultimo, tra l’altro, è decisamente più pesante e massiccio, in modo da ridurre la cadenza di tiro, peraltro ancora elevatissima. 

Beretta 93R 
Lato sinistro dellʼarma in apertura


Beretta 93R 
Il mirino è di pezzo con il carrello

Solo poche componenti, come il ritegno del caricatore, l’estrattore, il perno di smontaggio e altre minuterie, sono intercambiabili con la 92, e anche il caricatore è maggiorato, pur essendo possibile impiegare i normali astucci da quindici.

Del tutto differente anche il sistema di sicura manuale, affidato a una leva coassiale al selettore di tiro, orientata verso il lato posteriore, che rappresenta l’unica sicurezza presente, mancando il blocco automatico al percussore.

La 93R è dotata di selettore di tiro: se si sceglie la modalità automatica la raffica è però limitata a tre colpi per volta, grazie a un complesso meccanismo ospitato sotto la guancetta destra e attivato dal movimento retrogrado del carrello, a sua volta dotato, allo scopo, di un vistoso gradino sporgente.

Come è possibile limitare a tre la partenza dei colpi? Ovviamente servono sistemi complicati e quello progettato dalla Beretta vede l’impiego di un meccanismo a cricchetto di cui cercheremo di spiegare il funzionamento. 

Beretta 93R 
Volata dell’arma con il freno di bocca. Negli ultimi esemplari prodotti, le sei finestre sulla canna sono state sostituite da due intagli semilunari inclinati in avanti

Sul castello, davanti al cane, è presente una leva che si attiva quando si porta il selettore di tiro in modalità automatica. Questa leva, interferendo con una sede ricavata sul lato inferiore del carrello, consentirebbe il fuoco automatico continuo, ma è il meccanismo posto sotto la guancetta destra che ne inibisce la funzione dopo tre spari. Allo scopo viene utilizzata una seconda leva, lunga e “dentata”, libera di muoversi verticalmente per un certo tratto: all’inizio, con l’arma pronta al fuoco, tale leva è spinta verso l’alto dalla sua molla e non svolge alcuna funzione, ma se raggiunge il fine corsa inferiore blocca il dente che consente l’automatismo, per cui il cane resta armato e l’operatore, se vuole sparare di nuovo, deve rilasciare il grilletto come su una normale semiautomatica. Per poter “contare” fino a tre esiste un sistema per cui questa seconda leva viene fatta abbassare di un terzo della sua corsa a ogni ciclo dell’otturatore.

Beretta 93R 
L’impugnatura è evidentemente “parente” della 92

Allo scopo si utilizza un sistema a cricchetto formato da due ulteriori piccole barrette molleggiate, foggiate a gancio: la prima abbassa la leva quando il moto del carrello la spinge in basso, la seconda provvede a trattenerla nella posizione raggiunta.

Rilasciando il grilletto tutto il sistema si resetta, per cui se si fossero sparati solo due colpi in full auto, alla pressione successiva il meccanismo ricomincerebbe a contare da zero, possibilità solo teorica perché la cadenza di fuoco elevatissima fa partire i tre colpi in una minuscola frazione di secondo.

Controllare un’arma così piccola e leggera nel tiro a raffica, seppur limitato a tre colpi, non è facile, per cui la Beretta ha adottato vari accorgimenti per rendere più “dominabile” la sua 93R.

La canna è allungata e dotata di compensatore integrale, formato da sei grossi luci rettangolari nella parte distale superiore o, negli ultimi esemplari, da due tagli inclinati in avanti.

Beretta 93R 
Lato destro dell’arma in chiusura

Per utilizzare la pistola a due mani, davanti al ponticello è stata incernierata una leva che funge da impugnatura anteriore: a riposo corre parallela al dust cover, ma può essere abbassata di circa 45° e bloccata in posizione. Dato che si prevede che il pollice della mano debole, destinata da impugnare la leva, sia infilato nel ponticello, quest’ultimo è molto esteso in lunghezza e lo spazio al suo interno è notevole, anche perché il grilletto rimane volto vicino al fusto, essendo l’arma a sola singola azione.

I caricatori specifici per la 93R sono appena più lunghi di quelli normali, con una capacità di venti colpi, cui si può sommare l’eventuale colpo in camera. 

Beretta 93R 
La canna potrebbe essere montata su qualsiasi arma della serie 92

Con il selettore su “auto”, si hanno quindi a disposizione sette raffiche da tre colpi che, data la cadenza di tiro, in pratica corrispondono ad avere per le mani una pistola a sette colpi.

Del tutto peculiare, infine, il calciolo estensibile che in effetti trasforma la 93R in un piccolo mitra, calciolo riproposto identico su una limitata serie (pare una trentina) di normali 92.

Il calciolo viene agganciato in modo molto stabile al castello in basso, vicino al bocchettone del caricatore, mediante tre punti di contatto, con due perni e un incastro.

Anteriormente, sul lato sinistro del fusto, è presente un foro circolare, in cui va a incastrarsi un perno poco sporgente, ricavato sull’estremità anteriore del calciolo, mentre un secondo perno, più lungo e passante, viene inserito nella apposita sede ricavata sotto l’imboccatura del caricatore, laddove sulle normali 92 troviamo l’anello per il correggiolo. 

Beretta 93R 
Particolare della complessa catena di scatto della pistola automatica 93R. E ancora non abbiamo smontato la guancetta destra…

Un grosso dente molleggiato va infine a impegnare una fresatura sul dorso del castello, impedendo così ai due perni di sfilarsi.

Notevole il fatto che il calciolo, quando separato dall’arma, può essere ripiegato a compasso, dimezzando così il suo ingombro.

L’arma è sorprendentemente facile da dominare nel tiro, posto ovviamente di averla correttamente imbracciata con il calciolo esteso; certo, non è lontanamente paragonabile a una vera pistola mitragliatrice, ma rispetto alle altre armi con cui abbiamo tirato della stessa classe, come la Glock 18 e la VP70, la controllabilità è eccellente. 

In definitiva, al di là di una somiglianza estetica e il sistema di chiusura a blocco oscillante, la 93R era un’arma totalmente diversa dalla normale 92. Per questa pistola vennero allestiti anche alcuni accessori, tra cui un moderatore di suono, a conferma di una vocazione, come dire, un po’ sbarazzina di tutto l’impianto. Costi notevoli, un’altrettanto notevole complessità meccanica e, soprattutto, gli scarsi impieghi pratici, non permisero una grande diffusione della 93R, rimasta però come ulteriore testimonianza della capacità della Beretta di affrontare con successo anche settori molto particolari. 

Beretta 93R 
Tolta la guancetta appare il meccanismo da orologiaio del limitatore di raffica. Le componenti, in lamiera, sono trattenute sui loro perni da anelli elastici. Numerose, e delicate, le mollette a filo
Beretta 93R 
Smontaggio da campo dell’arma