Reato di furto e conseguenze sul porto d’armi: la nuova sentenza del Consiglio di Stato

I fatti

Tizio, che svolge attività di guardia particolare giurata presso un istituto di vigilanza privato, si vede comminato un provvedimento con cui la Questura gli revocava il decreto di nomina a guardia particolare giurata ed il relativo porto d’armi da difesa personale poiché, a seguito di attività istruttoria, emergeva a carico di Tizio una condanna, emessa dalla Corte d’Appello, per furto.

In particolare, proprio in sede di condanna, a Tizio era stato concesso il beneficio della non menzione della condanna stessa sul casellario giudiziale ma la Questura, che certamente svolge la propria attività in modo puntuale ed obiettivo, veniva a conoscenza di tale condanna seppure Tizio avesse fornito, nel pieno della legittimità, un estratto del casellario al proprio datore di lavoro ove la condanna stessa non era menzionata proprio in virtù di tale beneficio concessogli dal giudice.

In pratica il datore di lavoro chiedeva a Tizio una copia dell’estratto del casellario e questa condanna non era riportata perché a Tizio il giudice gli aveva concesso il beneficio della non menzione.

Tizio decide così di opporsi al limitante provvedimento emesso dalla Questura, e presenta ricorso al Tar.

Nel proprio ricorso Tizio lamentava il presunto eccesso di potere, l’erroneità dei presupposti, l’ingiustizia e l’illogicità manifeste, l’erronea attività istruttoria svolta dalla Questura, la contraddittorietà della stessa.

Tizio, in modo logico e legittimo, sosteneva come la dichiarazione resa al datore di lavoro non fosse mendace e quindi falsa poiché lo stesso aveva fornito un certificato in cui non compariva la condanna subita proprio perché la stessa condanna non era menzionata in virtù del beneficio concessogli dal giudice che aveva emesso la condanna stessa. In pratica, sul certificato, quella condanna poteva non esserci ed infatti non c’era.

Il TAR rigetterà il ricorso, sostenendo, in modo abbastanza forzato, che Tizio avrebbe dovuto comunque mettere al corrente il proprio datore di lavoro della condanna subita. In particolare la Questura ha ritenuto pienamente ostativi al rilascio del porto d’armi da difesa ed alla titolarità di decreto di nomina a G.P.G. da una parte il fatto che vi fosse una condanna per furto, considerando questa come sintomatica di una non piena affidabilità del soggetto, e dall’altra parte la presunta falsità della dichiarazione di Tizio che non si era preoccupato di menzionare la condanna stessa.

La questione approda quindi in Consiglio di Stato.

La non menzione della condanna

Vediamo ora questo particolare istituto giuridico in modo tale che l’intera vicenda sia chiara. Il beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale è un beneficio, appunto, concesso dal giudice nel caso in cui vi sia una condanna non superiore a due anni di reclusione. In particolare il giudice potrà concedere tale beneficio dopo aver valutato le circostanze in cui si è avuto il comportamento criminale da parte del soggetto e dopo aver valutato  i motivi che lo hanno spinto  a commettere il reato. Tale non menzione, però, è ottenibile solo quando a richiedere il certificato sarà un privato. Non è ottenibile a fini elettorali.

Gli effetti e la non menzione non sarà efficace dal momento in cui il casellario stesso dovesse essere richiesto dall’Amministrazione. Qualsiasi organo pubblico, una volta richiesto il casellario per qualsiasi ragione, vedrà la condanna.

Il beneficio della non menzione potrà essere concesso, in questo caso con un limite di pena innalzato a 30 mesi, nel caso in cui in concomitanza con la pena detentiva vi sia anche l’applicazione di una pena pecuniaria. La non menzione potrà essere concessa anche quando vi sia una sola pena pecuniaria che, mediante un ragguaglio, non sia corrispondente a due anni di condanna alla pena detentiva.

Il rigetto del ricorso

Il ricorso, così improntato da Tizio, sarà rigettato dal Consiglio di Stato.

Il massimo organo di giustizia amministrativa, dopo aver menzionato in modo puntuale la normativa sia di diritto che di procedura riguardo la materia del certificato del casellario giudiziale, opera una rapida sintesi, stabilendo come Tizio, il quale forniva un certificato in cui non menzionava la condanna, era nel pieno del proprio diritto di riservatezza sulla questione. La legge non lo obbligava a menzionare tale condanna, in alcun modo.

cosa ben diversa riguarda il reato di cui si è discusso. Tizio, lo sappiamo, era stato condannato per il reato di furto e questo elemento, invece, viene considerato dalla Questura come pienamente avvalorante un provvedimento di ritiro del porto d’armi da difesa.  Gli artt. 11 e 43 del Tulps stabiliscono, in modo solidissimo, quei casi in cui l’Amministrazione si vede riconosciuto il potere di togliere un porto d’armi.

In sintesi quindi, se da una parte il Consiglio di Stato riconosce a Tizio di avere ragione sul fatto di aver prodotto un estratto del casellario in cui la condanna per furto non c’era, dall’altra sarà proprio questa condanna a fargli perdere il porto di pistola per difesa personale proprio perché una persona condannata per furto, secondo la legge (ed anche il buon senso) non può certamente essere titolare di un porto d’armi da difesa personale che, lo sappiamo tutti, legittima il titolare a portare l’arma con sé.

Il testo della sentenza, riporta un laconico riferimento ad una eventuale possibilità di rivalutazione, da parte della Questura, dell’intera questione, menzionando come l’eventuale ottenimento della riabilitazione (di cui abbiamo spesso parlato nei nostri articoli) potrebbe costituire elemento a favore delle ragioni di Tizio.

Normative di riferimento

Artt. 11 e 43 Tulps

Video: Reato di furto e conseguenze sul porto d’armi


Corrado Maria Petrucci 

Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia 

Responsabile rubrica legale  All4shooters.com  /  All4hunters.com      

email: legalall4shooters@gmail.com