Foreign fighters: perché per un cittadino italiano è illegale combattere per un altro Stato

I foreign fighters: chi sono e perché lo fanno

La morte di Edy Ongaro, cittadino italiano che ha perso la vita mentre combatteva per le milizie separatiste del Donbass, ha riacceso i riflettori sul problema e sul fenomeno dei  foreign fighters, quei cittadini che scelgono di partire dall’Italia per andare a combattere al fianco di altri eserciti in scenari di belligeranza.

I dati sono abbastanza eloquenti. Secondo le stime del Ministero dell’Interno, infatti, circa una sessantina di italiani sarebbero partiti formalmente come normalissimi cittadini per poi raggiungere i territori in cui si sta consumando il conflitto tra Russia ed Ucraina per combattere.

Quello dei foreign fighters non è sicuramente un fenomeno attuale. Già in passato, negli scenari di guerra più vari, si è assistito all’intervento di cittadini di ogni paese europeo ad esempio in Iraq o in Afghanistan.

Da quando in Donbass è iniziato il conflitto, si parla del 2014, il numero di combattenti esteri provenienti da più di 50 Stati, si è attestato intorno alle 17.000 unità.

Foreign fighters italiani: perché è illegale combattere per un altro paese

Per la legge italiana combattere al fianco di un altro esercito che non sia quello italiano costituisce reato.

La legge infatti prevede, all’art. 244 del codice penale, la pena detentiva (carcere) dai 6 a 18 anni nei confronti di chi, senza l’autorizzazione del Governo, faccia arruolamenti o compia atti ostili contro uno Stato estero, in modo tale da esporre l’Italia al pericolo di una guerra. Se la guerra, a seguito di questi atti di belligeranza dovesse effettivamente iniziare, la pena applicata sarebbe quella dell’ergastolo.

È inoltre previsto il carcere, con una pena che varia dai 3 ai 12 anni, nei confronti di chi, pur commettendo atti di belligeranza nei confronti di altro Stato non faccia scoppiare una guerra ma metta comunque a repentaglio le relazioni diplomatiche tra l’Italia e gli altri paesi.

Ad essere colpevoli saranno non solo coloro che concretamente si armano e partono verso scenari di guerra, ma anche chi compie arruolamenti o arma quei cittadini che fanno tale scelta.

Il codice penale, infatti, all’art. 288, applica la pena detentiva da 4 a 15 anni, nei confronti di chi, sempre senza autorizzazione del governo, arruola o arma cittadini affinché gli stessi partecipino ad una guerra estera. La pena è aumentata nel caso in cui tra gli arruolati ci siano militari in servizio o quelle persone soggette agli obblighi derivanti dal servizio militare.

Differenza coi mercenari

È ovvio che la differenza tra foreign fighters e mercenari non è poi così marcata. Possiamo comunque affermare che, nella sostanza, un foreign fighter sceglie di partecipare, contribuendo direttamente col proprio operato, ad un conflitto armato per motivazioni di natura ideologica e di credo sociopolitico.  Di solito la “paga” di un foreign fighter è bassissima, e di sicuro questo fattore non rappresenta una motivazione sufficiente ed univoca per spingere un soggetto a partecipare ad un conflitto armato.

Il mercenario, invece, sceglie di partecipare ad un conflitto mosso spesso e volentieri da una retribuzione economica di gran lunga superiore a quella di un normalissimo foreign fighter.

Chiaramente, nel nostro sistema giuridico, anche la figura del mercenario è assolutamente illegale.

L’art. 3 della legge 210 del 1995 stabilisce chiaramente che chiunque, dietro corrispettivo economico o altra utilità, oppure avendone accettato solo la promessa, combatte in un conflitto armato nel territorio estero, di cui non sia né cittadino né stabilmente residente, senza far parte delle forze armate di una delle parti del conflitto, o essere inviato in missione ufficiale quale appartenente alle forze armate di uno Stato estraneo alla guerra, è punito con la reclusione da 2 a 7 anni. 

È invece prevista una pena detentiva (carcere) per chi recluta utilizza o finanzia i mercenari da 4 a 14 anni.

Non è comunque da considerarsi mercenario chi combatta per uno Stato di cui magari non è cittadino ma in cui si vive stabilmente.

La controversa figura del contractor

Negli ultimi anni si è molto sentito parlare dei contractors. Vediamo, nel dettaglio, di che cosa si tratta.

Possono definirsi come soldati privati che, di fatto, dipendono da agenzia di sicurezza che operano al confine tra il mondo legale e quello extralegale. L’attività svolta dai contractors è praticamente identica a quella dei normali militari. Il termine deriva da Private Security Contractors.

In realtà i contractors sono, di fatto, soggetti addestrati ad operare con azioni militari o paramilitari in scenari in cui il rischio può essere assai vario.

Dipendenti da agenzie di sicurezza private che svolgono anche attività di consulenza in ambito appunto militare o comunque della sicurezza.

Si stima che il fatturato medio annuo di questo particolare e delicato settore si aggiri attorno ai 100 miliardi di dollari.

Uno dei nomi più famosi legati alla figura dei contractors è stato certamente quello di Fabrizio Quattrocchi, che venne rapito ed ucciso in Iraq nel 2004. Quattrocchi lavorava per una agenzia di sicurezza privata.

Negli USA uno dei nomi più famosi legati alle società di private security è stato Blackwater. Il nome è saltato all’onore di cronaca dopo uno scontro a fuoco a Baghdad nel 2007 con la perdita di 14 civili iracheni.

Normative di riferimento

Artt. 244, 288 codice penale

Art. 3 della legge n. 210 del 1995

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