Una natura forte, inospitale soprattutto d’inverno, quando ghiaccio e neve fanno da padroni per diversi mesi e gli uomini sono solo dei piccoli puntini scuri avvolti in vari strati di pelliccia, che tentano disperatamente di sopravvivere in un ambiente così ostile.
Questo è il grande palcoscenico in cui è ambientato il film del messicano Alejandro G. Inarritu, The Revenant (Il Redivivo nella versione italiana), ispirato ad una storia vera.
Hugh Glass, interpretato da Leonardo Di Caprio, è uno scout che conduce un gruppo di mercenari e cacciatori-commercianti (Trappers) nei territori ancora inesplorati del Nord America in cerca di animali da cacciare per il lucroso commercio delle pelli.
Con lui c’è anche suo figlio Hawk (Forrest Goodluck) mezzosangue indiano, avuto dalla moglie, una donna della tribù Pawnee. Oltre ad una natura ostile e in grado di uccidere un uomo con mille insidie nascoste in quelle lande ghiacciate, a costituire un serio pericolo sono anche i nativi del luogo, che difendono strenuamente, da un uomo bianco sempre più arrogante e invadente, i loro territori di caccia.
Le armi in dotazione ad esploratori-soldati e cacciatori di pelli non sono infatti ancora in grado di fare la differenza: siamo in piena epoca dell'avancarica con polvere nera. Un guerriero indiano che si sa muovere in questo ambiente ti è addosso prima che tu possa ricaricare.
Gli archi dei cosiddetti "selvaggi" hanno una cadenza di tiro più elevata dei pesanti e ingombranti fucili a palla (si poteva giungere a 15 frecce nel tempo di ricarica di un fucile) e soprattutto non si inceppano mai, né hanno il problema della povere da sparo bagnata, cosa assai frequente in questi climi. Ecco perché è sempre meglio non incontrare nelle spedizioni, lontano dalle sedi fortificate delle guarnigioni di frontiera, un gruppo di guerrieri dalla pelle rossa.
Glass lo sa bene, è pagato per questo, ma non tutto andrà come previsto e quando avviene l’inevitabile durissimo scontro con i nativi, non tutti manterranno i nervi saldi e il rientro verso la base assumerà i toni di un incubo con uomini che atterriti si comporteranno secondo l’unica legge esistente in certi frangenti: l’istinto di sopravvivenza non riconoscendo più alcuna morale né regola di civiltà.
Inutile dirlo, per gli appassionati di “polvere nera” il film è veramente un bel vedere.
Corte o lunghe, le armi ad avancarica sparano dall’inizio alla fine del film e vengono ricaricate e pulite diverse volte. Alcune sono state fornite dalla azienda italiana Davide Pedersoli, già blasonata realtà manifatturiera italiana ad Hollywood e che anche nelle repliche delle armi ad avancarica vanta ormai un’esperienza pluriennale.
Prendiamo quindi questa occasione per dare uno sguardo alle armi prodotte da Pedersoli coerenti con il periodo storico e i luoghi nei quali il film è ambientato.
Sia Hugh Glass (Leonardo Di Caprio) sia il capitano Andrew Henry (Domhnall Gleeson), comandante militare della spedizione per conto di una compagnia di commercio di pelli, impugnano negli scontri ravvicinati una Kentucky cal. 50, pistola a pietra focaia che per la sua compattezza, solidità e precisione fu l’arma corta più usata durante la Guerra d’Indipendenza e dai pionieri dell’Ovest.
La replica Pedersoli della Kentucky (Mod. S 310) ce la propone nella versione con impugnatura in acero, come in uso tra gli esploratori-cacciatori di pelli, lucidato secondo antiche formule degli armaioli americani; la canna è brunita, l’acciarino è satinato e i fornimenti sono in ottone; è disponibile anche in un kit che ne permette l’allestimento in modo personalizzato.
Per i tiri a lunga distanza Hugh Glass si affida ad un Pennsylvania, il primo fucile a canna lunga rigata fabbricato in America. Ampiamente impiegato dai cacciatori della Pennsylvania, da cui il nome, era un fucile a pietra focaia extra lungo (per esigenze di copione legate alle scene a cavallo, gli esemplari che appaiono nel film hanno le canne accorciate rispetto agli originali). Era dotato di stecher regolabile a due grilletti e tacca di mira a rampa regolabile in alzo. Durante la Guerra di Indipendenza per i coloni rivoluzionari fu normale adottarlo contro gli inglesi, visto che avevano già notevole dimestichezza con quest’arma, usata abitualmente per la caccia.
Un tiratore esperto era in grado di centrare un bersaglio fino a 250 yards.
I Pennsylvania che si vedono nel film sono stati costruiti a mano dall'artigiano americano Ron Luckenbill; per chi non può contare sul budget di un produttore cinematografico, c'è la replica di Pedersoli. Nella scena di caccia iniziale in cui è impegnato Glass si può assistere ad alcune fasi del procedimento di ricarica del Pennsylvania. John Fitzgerald (Tom Hardy), un altro membro della spedizione, preferisce invece una Brown Bess (1715-1835) in versione carabina. La carabina Brown Bess fu portata in America dalle truppe coloniali inglesi.
Nel Vecchio continente fu impiegata durante la Guerra dei Sette Anni ed equipaggiò gli uomini di Wellington impegnati contro i francesi nella Campagna della Penisola Iberica prima e a Waterloo nel 1815 poi. Sull’acciarino della replica Pedersoli (Mod. S 262) sono indicate sia la firma dell’armaiolo William Grice (e la data 1762) sia le cifre reali, con la corona e le lettere GR (George Reigning). La canna, ad anima liscia, è in acciaio satinato e il calcio è in noce lucidato a olio. A richiesta sono disponibili la baionetta e il suo fodero.
Nella pellicola la Brown Bess è in azione di fuoco in primo piano, imbracciata da Glass, quando quest’ultimo durante lo scontro con gli indiani Arikaras si trincera con i superstiti della spedizione nell’imbarcazione ormeggiata sul fiume Missouri.
Per la realizzazione della pellicola in tutto il suo realismo la Pedersoli ha fornito anche degli Jäger Hunter (1750-1820). Di originaria fabbricazione tedesca, lo Jäger Hunter venne portato nel Nuovo Continente dai coloni. Molto bilanciato e compatto, in ragione del suo grosso calibro si rivelò ottimale per la caccia grossa. Era dotato di stecher a due grilletti. Il Modello S.232 a pietra focaia della Pedersoli ce lo ripropone con lo stesso tipo di tabacchiera con coperchio scorrevole, calcio in noce completato da fornimenti in acciaio.
I risultati balistici di allora sono oggi confermati grazie a rigature eseguite per brocciatura. Dei Frontier (1760-1840), altro esemplare, insieme al già citato Pennsylvania, dell’epoca d’oro dei Log Rifle. Il Modello L 268 Deluxe a pietra focaia è veramente un gioiello della casa gardonese con la meticolosa lavorazione di tutti i particolari e un’accurata esecuzione di finitura, come del resto avveniva all’epoca. Il fucile è provvisto di stecher regolabile a due grilletti. Guardamano e calciolo sono in ottone; acciarino e fornimenti sono tartarugati e la canna è brunita. Il modello Deluxe vanta in più il calcio in acero, ed è completato con una bella tabacchiera in ottone.
Vale poi la pena di ricordare gli Indian Trade Musket (1760-1830). Il nome, quest’arma, la prende dal fatto che costituì oggetto di scambio tra le più potenti compagnie di commercio (Northwest Co., Hudson’s Bay Co., American Fur Co.) e i nativi americani. Il periodo è quello di fine Settecento e primi dell’Ottecento con lo sfruttamento degli animali da pelliccia che spinse il fronte venatorio verso le Montagne Rocciose e la California.
Prodotti sia da aziende europee (Inghilterra, Francia, Germania, Belgio) sia dai più noti fabbricanti americani del tempo, come per esempio, Leman, Henry, Tryon e Deringer, questi fucili si riconoscevano subito per la controcarella a forma di serpente o di drago, arricchita da incisioni e la bacchetta di caricamento in legno, nonché per il guardamano molto ampio per l’uso anche indossando i guanti. Il Modello S 282 Pedersoli, che ben fonde i due stili diversi, quello del moschetto militare inglese e quello del fucile da caccia, è realizzato con calcio in noce e canna ad anima liscia color damasco. Nell’allestimento in kit sono comprese le borchie metalliche per creare dei fregi riferiti, per esempio, alla cultura dei Sioux Lakota.