Se non ci fosse la buona vecchia forza di gravità, come sarebbe bella la vita del tiratore? Un proiettile sparato in qualsiasi modo volerebbe verso l’obiettivo in linea retta proseguendo nella direzione dell’asse della canna. Nessuno dovrebbe preoccuparsi della distanza del bersaglio per correggere le differenze di quota e la curva di traiettoria da tenere presente di conseguenza o i diversi punti di intersezione sull’organo di mira. Fare centro sarebbe ovvio e sicuro quanto puntare sul bersaglio istintivamente e velocemente una torcia tascabile o un sottile puntatore laser. Nessuno dovrebbe contare il numero di “clic” da regolare sulla tacca di mira, sulla diottra o sul mirino telescopico oppure evitare angolazioni irregolari con la livella a bolla. Ma davvero ogni colpo finirebbe nel punto desiderato, cioè nel centro del bersaglio?
Probabilmente no. Infatti, anche se fosse possibile eliminare le leggi della fisica e i loro effetti negativi, sbarazzandosi delle regole della balistica, resterebbe comunque un fattore di insicurezza: la persona che mira. Ciò che suona tanto ovvio, come ad esempio “cogliere semplicemente con il mirino ad anello il centro nero del bersaglio” o “fermare la croce di collimazione sul punto di intersezione desiderato”, è nella pratica una delle “abilità” biomeccaniche più complicate. Con questo termine gli specialisti designano le cose che si possono apprendere. Wikipedia la definisce così: “Il concetto di abilità si distingue da quello di capacità in quanto quest'ultima è considerata un prerequisito per la realizzazione di un'abilità. Saper fare comprende capacità e abilità”. Si intendono con questo, ad esempio, attività come andare in bicicletta, suonare il pianoforte o nuotare. Mentre come base per la mira è necessaria una vista buona o (se non lo è) corretta con apposite lenti, la mira accurata e ripetibile può essere esercitata, conservando ciò che si sa fare e addirittura migliorandolo. È certamente una conoscenza antichissima dei tiratori, spesso tramandata per generazioni: in fondo esistono da oltre 100 anni tunnel, poligoni ed edifici simili per insegnare a mirare agli allievi, civili e militari. Non guasta perciò verificare, di tanto in tanto, se nella routine di allenamento non si siano insinuate piccole imprecisioni; a questo scopo, si scovano i principi per una mira corretta nelle pieghe della memoria. Come per un pilota il cui aereo minacci di precipitare, anche in questo caso aiuta un ritorno alle tecniche di base apprese, quasi una checklist, “Ho veramente tenuto conto di tutto?”
Denominatore comune
Carabina ad aria compressa da competizione, pistola di piccolo o grosso calibro, fucile d’ordinanza o carabina da bench rest, è lo stesso; mirare con la diottra, con la tacca di mira aperta o con il mirino telescopico, tutto comincia, per così dire, sul telone del cinema, che in questo caso è il lato posteriore dell’occhio umano che prende la mira. Sulla “fovea” (avvallamento della retina), il punto di massima acuità visiva, si forma l’immagine di mira, rimpicciolita a circa mezzo millimetro quadrato, che si ricompone per vari motivi a distanza diversa dall’occhio. Poiché l’occhio guarda verso il bersaglio attraverso i sistemi di mira, esattamente lungo lo stesso asse, li vede come se si trovassero su un unico piano, come le quinte di un teatro. Accanto al controllo dell’allineamento di bersaglio, mirino ad anello e visione attraverso la diottra, il cervello è dotato di un senso speciale, quello per la simmetria. Senza tale senso, sarebbe a malapena possibile mantenere un centro di bersaglio nero e rotondo all’interno di un mirino ad anello che vi si trova davanti, sempre alla stessa distanza dal bordo. Il mirino ad anello, inoltre, (restiamo per ora sull’organo di mira di una carabina da competizione) si trova esattamente al centro di un tunnel di mira leggermente più grande, che a sua volta viene rappresentato nel “foro” rotondo dal diaframma della diottra o da una tacca di mira forata. Si presenta quindi il problema della profondità di campo dell’occhio, in poche parole: il diaframma a foro (di diametro da 1,1 a 1,3 mm, distante dall’occhio 50-60 mm circa) funziona come quello di una fotocamera e permette di vedere distintamente almeno il mirino, distante appena 80 cm, mentre il centro nero del bersaglio, a 10, 50 o addirittura 300 m appare leggermente sfocato e grigio. Comunque si riesce facilmente, con la carabina in appoggio, a mantenere sempre della stessa larghezza alternativamente l’anello di luce bianca e l’anello nero contrastante.
Il punto I
Negli organi di mira aperti con tacca di mira e mirino, anche il senso di simmetria aiuta, purché l’incavo della tacca e il mirino in essa inserito siano sufficientemente larghi. È infatti un errore molto diffuso ritenere che solo un mirino fine e sottile permetta tiri precisi. La formula che segue dà buoni risultati nelle discipline di tiro con pistola sportiva, pistola ad aria compressa e pistola libera: le due colonne di luce a destra e a sinistra, sommate, devono corrispondere all’incirca alla larghezza del chiodo di mira (forse un pelino di meno, ma pochissimo). Durante la mira, inoltre, il mirino dovrebbe corrispondere alla larghezza “apparente” del centro del bersaglio. Apparente perché è il mirino che deve essere messo a fuoco, mentre il bersaglio è visto leggermente sfocato, motivo per cui il centro appare un po’ più piccolo. Con la larghezza delle colonne luminose, si regola anche l’ingresso di luce nell’occhio: le armi corte da competizione sono quindi spesso dotate di incavi modificabili delle tacche di mira.
Fermi tutti!
Nel tiro con tacca di mira e mirino, conta anche il punto di riferimento (o meglio la zona di riferimento) sul bersaglio a disco o sul bersaglio ribaltabile. Nel tiro sportivo a bersagli statici, ciò aiuta a impostare l’organo di mira nero contro uno sfondo chiaro, quindi al di sotto del rispettivo obiettivo (l’entità della distanza tra lo spigolo superiore del mirino e il centro del bersaglio dipende da quanto la mano sia ferma, quindi dalla condizione del tiratore). Si è dimostrato utile rappresentare la situazione con la lettera “i”, dove il puntino rappresenta il centro del bersaglio, mentre l’asta sottostante è il mirino.
Un sottile mirino a perla inserito in una tacca di mira arrotondata, di forma corrispondente, come lo si ammira spesso nelle antiche carabine sportive, è molto difficile da controllare per l’occhio. Nelle carabine con organi di mira aperti, solitamente la tacca di mira è posizionata più avanti sull’arma, in modo da avere tacca e mirino nella zona di profondità di campo ancora utilizzabile. Una tacca di mira aperta non ha certamente l’effetto rafforzante della tacca a foro o della diottra.
Udo Daniel ha sviluppato per il marchio MEC il “Glas-System” e oggi è un consulente regolare “in loco”, al poligono. I suoi clienti non provengono solo da discipline olimpiche, ma anche dal tiro Western o IPSC, dal PPC “1500” e dal tiro con fucili d’ordinanza.
A punto
Nelle discipline d’azione, in cui secondo le regole della Lega dei tiratori tedeschi sono annoverati anche il duello e il tiro rapido, si tira invece “a punto”, con armi lunghe e corte. È detto in sintesi; descritto per esteso o quasi, significa che l’immagine composta dal mirino nell’incavo della tacca di mira mostra esattamente il punto in cui poi si colpirà. Vale anche per i sempre più diffusi dispositivi di mira a punto luminoso; anche in questo caso il punto luminoso proiettato da una lente mostra quello che sarà il punto di intersezione. Per finire, tra i più diffusi organi di mira occorre menzionare il mirino telescopico. Tramite un sistema ottico di lenti di ingrandimento, il bersaglio ben riconoscibile è portato su un piano con la “croce di collimazione”, corretto, con la “visione”. È un cosiddetto “livellatore” tra gli strumenti di mira; aiuta anche i tiratori con difetti visivi, previene l’affaticamento e ravvicina bersagli molto lontani per il riconoscimento e per tiri di precisione.
Mirare: e poi?
Naturalmente una mira pulita è solo una metà dell’obiettivo. Ne fanno parte anche i movimenti del corpo, eseguiti con motricità finissima, per puntare la carabina o la pistola sul bersaglio e mantenerla ferma lì, fin quando il colpo non è partito. Avviene tutto simultaneamente, ma non è l’argomento principale di questo articolo. Chi porta normalmente gli occhiali dovrebbe chiedere una consulenza professionale nella scelta degli occhiali da tiro, non è sufficiente un qualunque ottico di fiducia. Che cosa adottare per i difetti visivi e per la protezione degli occhi sarà oggetto della prossima parte.