Parliamo di Gian Marco Sabatti, incisore.
In linguaggio colloquiale si dice che “non se la tira”. Non fa mai cadere dall’alto la sua abilità, né l’essere chiamato da alcuni dei migliori artigiani armieri d’Italia (e quindi del mondo) visto che l’altra grande scuola, quella inglese che produsse fucili superbi, e nel campo dell’incisione diede origine e nome all’Inglesina, al giorno d’oggi fa piuttosto fucili di lusso che fucili fini, per i quali sembra che in Gran Bretagna abbiano perso la competenza e la dedizione.
Ma non in Italia, grazie anche ad artisti come appunto Gian Marco Sabatti, incisore.
VIDEO: intervista all'incisore Gian Marco Sabatti
Sul suo sito ha scritto che “...è facile parlare di Inglesina, ma è l'esecuzione che fa la differenza”. Ha ragione, perché come la fa lui non ha paragoni, al punto che non sarebbe necessario firmarla per attribuirgliela.
L'incisore Gian Marco Sabatti si è ispirato ai maestri inglesi dell’epoca d’oro, realizzando incisioni che anche nella versione più ingannevolmente semplice, quella “Scroll and Roses” (come viene chiamata in lingua inglese) non passano di moda e sanno resistere al tempo.
Ha avuto la sensibilità di non sovraccaricare certi fucili finissimi, come quelli dei fratelli Rizzini di Magno Val Trompia o di Nerio Cortesi, consapevole che una cartella tirata perfettamente in piano e incisa in modo arioso, con adeguati spazi bianchi, può essere bellissima.
Quando Gian Marco Sabatti lavorava come dipendente alla Famars, ha inciso in quel modo anche due fucili per il Re di Spagna, che nella ridotta incisione svelavano una mano superiore, raggiungendo un’eleganza raffinata e uno straordinario equilibrio: mi sento di affermare che si tratti delle due più belle cartelle incise all’inglesina che mi sia capitato di vedere.
E anche quando l’incisione copre tutta la bascula e le cartelle senza lasciare spazi, non è mai sovraffollata ma respira e non sovraccarica il fucile. All contrario, ne esalta le linee.
È la stessa caratteristica di inventiva ed equilibrio che accomuna lui, gli ornati di Gianfranco Pedersoli e i cieli di Firmo Fracassi. Col che ho citato alcuni dei più grandi nomi a livello mondiale, perché al momento la scuola italiana dell’incisione non ha paragoni.
Poi, naturalmente, quasi tutti al giorno d’oggi fanno ornati, usano la tecnica del puntino e fanno l’inglesina, ma le differenze si vedono e stanno nella testa, prima che nella mano.
Gian Marco Sabatti ha iniziato a lavorare seguendo un corso per armaioli, che in Valtrompia comprende tutti gli aspetti della realizzazione di un’arma, ivi compresa l’incisione. Fu quella la parte che gli piacque maggiormente e anche quella in cui manifestò immediatamente delle doti, tanto che Mario Abbiatico lo assunse alla Famars azienda, che aveva costituito con Remo Salvinelli.
Mario Abbiatico era noto per lasciare la massima libertà agli incisori ai quali si rivolgeva; nel caso di un dipendente si limitava ad indicare il numero di ore che si potevano dedicare all’incisione di un fucile per il quale era già stato concordato il prezzo.
Questa libertà poteva essere sconcertante per un semplice diligente esecutore, ma per chi aveva voglia di sperimentare, come Gian Marco Sabatti che aveva avuto i primi insegnamenti da Ferruccio Iora, maestro incisore e principe del rimesso in oro, era quasi un regalo tanto che il sodalizio con la Famars si protrasse per molti anni, nel corso dei quali il nostro incisore ebbe l’opportunità di venire in contatto con fucili inglesi di altissimo pregio e quindi di studiare l’inglesina nelle forme più raffinate dell’esecuzione “Scroll and Roses”.
Va ricordato che all’epoca il laser non aveva ancora raggiunto lo sviluppo attuale, per cui non si realizzavano mai quelle piccole truffe, tristi imitazioni dell’incisione classica e artistica, che consistono nel realizzare l’incisione a laser e riprenderla a bulino per farla sembrare eseguita a mano.
L’occhio esperto la distingue perché manca quella scintilla di originalità ideativa che distingue il vero maestro incisore, ma alcuni si accontentano senza magari aver capito realmente che cosa stiano acquistando e pagando.
Dopo vent’anni di sodalizio con la Famars, comunque, Gian Marco decise di mettersi in proprio. Da allora, lavorando in casa, si è cimentato anche con altri oggetti, diversi dalle armi. Ha realizzato ceramiche, mobili per casa propria e ultimamente un’incisione su pietra con l’arme di famiglia, murata vicino alla porta di casa.
L’ultimo lavoro è un’incisione all’inglesina sulla cassa di un orologio, contornata da un bordino sottile come un capello che deve essere osservato attraverso una lente d’ingrandimento per poterne apprezzare la regolarità e la finezza di esecuzione.
Nel suo laboratorio lo spazio non abbonda, ma per la nostra visita ha portato la morsa e la lampada in un’altra stanza, molto luminosa, che ha consentito la realizzazione delle foto. Il resto dell’attrezzatura pesava poche decine di grammi, visto che si trattava di bulini.
Lui lavora solo a bulino per potersi garantire la massima finezza di tratto; le poche operazioni a punta e martello servono per scavare alcuni ornati che devono essere necessariamente profondi in certe loro parti.
Ma il resto è affidato al bulino, quel semplice ma difficilissimo strumento che consiste in una bacchetta d’acciaio al cobalto, inserita in un manico e affilata da ciascun incisore in modo diverso, perché deve adattarsi alla mano e alla tecnica individuale.
Nel caso di Gian Marco Sabatti, l’affilatura del bulino ha alcune particolarità che la accomunano a quella del compianto Angelo Galeazzi, ma mantiene una precisa individualità. La regola generale è che quanto più l’attrezzo è semplice tanto più occorre un lungo tirocinio per usarlo nel modo corretto.
E se guardate che cosa si ottiene con l’uso di una barretta quadrata, un piccolo manico e un’affilatura personale, capite perché l’incisione a bulino richieda non meno di vent'anni di esperienza per giungere a certi eccellenti risultati.