Cinema: Generation War, la guerra vista da una generazione perduta

Generation War o meglio Unsere Mütter, unsere Väter, (Le nostre madri, i nostri padri) è una miniserie tv tedesca andata in onda in tre puntate per la prima volta nel 2013 in Germania e in Italia nel 2014 (Sky) e nel 2015 (Rai 3). 

Non entriamo volutamente sull’acceso dibattito scaturito in Germania e anche all’estero, dopo la sua prima messa in onda su uno dei canali nazionali tedeschi, con tanto di accuse rivolte al regista Philipp Kadelbach di aver dato, parlando della Germania hitleriana, un ruolo solo marginale al dramma dell’Olocausto e ai crimini di guerra dell’esercito tedesco. 

Generation War 
La copertina del DVD di Generation War per il mercato statunitense

Ci limitiamo a prendere atto che il film non ha le pretese di fornire allo spettatore un completo affresco storico di quell’epoca, ma è incentrato sul valore dell’amicizia, in questo caso tra cinque ragazzi berlinesi, poco più che ventenni, che si trovano improvvisamente travolti dal dramma della guerra come avvenne realmente all’epoca per migliaia e migliaia di giovani loro coetanei. 

Quei ragazzi erano i nostri padri e le nostre madri, non estranei!”, afferma con la sua opera il regista che ci fa invece capire come sia facile in ogni epoca veder scivolare la propria vita negli orrori della guerra ed essere spettatori di drammi ma anche attori di azioni, purtroppo, impensabili nella quotidianità in tempo di pace. 

Tutti e cinque sperimenteranno l’odio e la violenza della guerra. Charlotte (Miriam Stein) arruolatasi nella Deutsches Rote Kreuz (La Croce Rossa Tedesca) si troverà in mezzo agli orrori di un ospedale da campo nelle retrovie del Fronte orientale. 

Generation War
In particolar modo ci è piaciuto, all’interno della serie, il realismo delle fasi di ricarica delle armi bolt action o semiautomatiche

Viktor Goldstein (Ludwig Trepte), di origine ebraiche, avviato a un campo di concentramento, riuscirà a scappare e ad unirsi ai partigiani polacchi. 

Greta Müller (Katharina Schüttler) tenterà la carriera come cantante sfruttando la conoscenza di un funzionario del partito nazista a Berlino, ma il finale non sarà fatto di paillettes e lustrini. 

E veniamo ai due militari, i fratelli Winter, Wilhelm (Volker Bruch) e Friedhelm (Tom Schilling). 

Ambedue serviranno nella stessa unità di fanteria della Wehrmacht, inviata in Russia. Uno Wilhelm, da tenente, avendo già partecipato alla Campagna di Francia, l’altro, Friedhelm, da soldato semplice. È soprattutto grazie a loro che possiamo iniziare a parlare di armi.    

Diverse le scene che li coinvolgono, sia in azione di combattimento contro elementi regolari dell’Armata Rossa, sia impegnati in rastrellamenti contro le unità partigiane. 

Anche se il budget a disposizione non era quello delle ben più blasonate serie americane quali Bands of Brothers o Pacific, ci sembra tuttavia che il realismo nell’utilizzo delle armi e il rigore storico nella ricostruzione dei vari campi di battaglia siano stati rispettati in pieno, tranne qualche piccola sbavatura. 

Se questo era abbastanza scontato per equipaggiamenti e armamenti della Wehrmacht, non lo era affatto per quelli in forza alla Armata Rossa e soprattutto alle forze irregolari polacche.

Armata Rossa

Corretta la raffigurazione degli ufficiali sovietici che in più episodi si vedono impugnare una Tokarev TT-33 camerata in 7.62x25mm. Arma d’ordinanza per i graduati dell’Armata Rossa, progettata nel 1930 da Fedor Tokarev, era ispirata alla FN Browning Modello 1903 e alla Colt Modello 1911

Generation War
In un bivacco tedesco gli uomini della Wehrmacht si riposano o controllano il funzionamento delle armi

Nei piani dello Stato maggiore sovietico doveva sostituire la Nagant M1895 , ma la produzione non fu sufficiente a rimpiazzare del tutto il vasto numero di esemplari del vecchio revolver già in servizio. 

Nella scene dell’annientamento della sacca di resistenza sovietica nella fattoria collettiva a Martyukhova, nel 1941 e in quella del contrattacco sovietico alla stazione telegrafica vicino Kursk, nel 1943 molti i mitra PPSh-41 (Pistolet-Pulemyot Shpagina 1941) con serbatoio a tamburo da 71 colpi calibro 7,62x25 mm (i veterani lo caricavano con al massimo 60 colpi per evitare che la molla si bloccasse) e i Mosin Nagant M91/30 - 7.62x54mm R a canna lunga. 

Per le mitragliatrici fanno la loro comparsa sul set oltre le più comuni, a livello di rappresentazioni cinematografiche, Maxim 1910/30 in 7.62x54mmR, anche due Goryunov SG-43; queste avevano una cadenza di tiro di 500-700 colpi al minuto e una gittata massima di 1500 metri. 

Andarono progressivamente sostituendo la Maxim 1910/30 ma solo dal 1943 in avanti, ecco perché l’averla messa sul set nell’episodio dello scontro a fuoco nella fattoria collettiva di Martyukhova è un errore di ricostruzione storica.

Generation War
Pistole mitragliatrici PPSh-41 sovietiche con caricatore a tamburo da 71 colpi in azione di fuoco. Sul fronte orientale si rivelarono molto più affidabili degli Mp-40 tedeschi

Forze irregolari polacche

I Mosin Nagant in mano alle forze partigiane polacche nell’episodio dell’agguato al treno tedesco sono invece delle carabine M1944 più corte del precedente modello M91/30, troppo lungo da impiegare negli scontri in trincea o nei bunker, e che lo andarono a sostituire dal febbraio 1944. 

Per il resto oltre la solita carrellata di armi di preda bellica sottratte alla Wehrmacht anche qualche fucile da caccia come una improbabile doppietta Charles Parker 1878 fa la sua bella comparsa nelle file dei ribelli.

Generation War
Inverno 1941: fuoco di sbarramento da parte di una Mg42 tedesca posizionata in una trincea. Si tratta di un anacronismo poichè l'arma fu adottata nel 1942

Wehrmacht

Karabiner K98, Machine Pistole P-40, Walter P38, Luger 08, Mg 34, Mg 42 (quest'ultima anacronistica) quante ne volete. Ma citiamo più volentieri, essendo, queste, armi di cui abbiamo già parlato in precedenti occasioni, un Mauser Jugoslavo M48, imbracciato da Friedhelm quando viene chiamato a far parte di un plotone di esecuzione; anche questo è un anacronismo in quanto appunto la produzione di quest’arma iniziò solo nel 1948. 

Generation War
Le pistole mitragliatrici tedesche MP40 con caricatore da 32 colpi calibro 9 para erano adatte al combattimento a breve distanza

Un CZ Mauser 98 di produzione cecoslovacca, si riconosce bene nelle scena del film in cui compare per via del suo caratteristico guardamano maggiorato per impugnatura con mano guantata. Ma anche le mine anticarro che Wilhelm, una volta degradato e assegnato ad un battaglione di disciplina, è costretto ad interrare. Sono delle Tellermine 42, con una piastra di pressione più piccola rispetto al modello precedente, la Tellermine 34 e con due dispositivi antidisinnesco. Erano munite di pratico maniglione per il trasporto.

Realismo nelle scene di guerriglia

Generation War, se analizzato dal punto di vista strettamente militare, ricostruisce a livello cinematografico piccoli scontri tra pattuglie esploranti della Wehrmacht e retroguardie dell’Armata rossa o tra unità di partigiani polacchi e forze tedesche di scorta a convogli o impegnate in azione di rastrellamento; ciò fatta eccezione per due scene corali, una legata alla controffensiva russa alle porte di Mosca del 1941 e l’altra all’assalto germanico del 1943 contro il saliente di Kursk. 

Generation War
In campo aperto le Mp40 mostravano tutti i limiti legati al calibro, alla canna corta e agli organi di mira piuttosto spartani

L’impiego combinato, in tali frangenti di guerriglia, di armi individuali lunghe e corte e di quelle di appoggio come le mitragliatrici leggere e pesanti, ci è sembrato consono ad una credibile realtà operativa. In particolare si nota la minor autonomia di fuoco tra gli MP-40 tedeschi (32 colpi), sempre impugnati da ufficiali e sottufficiali, rispetto agli PPSh-41 sovietici (71 colpi). 

Nella serie televisiva le scene di ricarica del mitra da parte dei graduati della Wehrmacht, impegnati come capi plotone negli scontri tra i silos di grano nelle fattorie comuni della steppa sovietica, sono numerose e difficoltose sotto il fuco nemico, come realmente devono essere state. Veridicità ricostruttiva anche sul fatto che sia il Mauser k98 sia il Mosin Nagant, data la loro maggiore gittata rispetto alle armi a raffica, sono i veri dominatori di questo tipo di campo di battaglia, se impugnati da tiratori esperti e ben posizionati tra le macerie. 

Il mandare avanti qualcuno del plotone per localizzare i punti di fuoco nemici e la loro successiva neutralizzazione con l’uso di granate a mano (le Stielhandgranate Modello 24 grazie alla loro lunga impugnatura, che ne consentiva il lancio anche da lontano, erano micidiali se impiegate a tale scopo) aumentano il realismo della ricostruzione delle scene belliche che la miniserie ci propone. 

Generation War
Uno dei più vistosi anacronismi: Friedhelm è armato con un Mauser iugoslavo M48

Un’ultima notazione sulle divise: storico il mimetismo dell’uniforme di Friedhelm, quando si trova nel 1945 a combattere sul suolo tedesco, comandando un Kampfgruppe (gruppo da combattimento) misto di giovani della Hitlerjugend e di vecchi della Volkssturm, anche se più di pertinenza come equipaggiamento alle Waffen SS, data la carenza di materiali degli ultimi mesi di guerra. Accurata la ricostruzione della tenuta delle infermiere della DRK (Deutsches Rote Kreuz). 

Generation War
I piastrini della Wermacht che si vedono nel film, sono realistici perché di forma ovale e con tre fessurazioni come questo, originale dell’epoca

I piastrini militari della Wermacht che si vedono nel film, sono realistici perché di forma ovale e con tre fessurazioni. Spesso in altre produzioni tedesche, anche di una certa importanza, si sono impiegati quelli in forza alla Bundeswehr, l’attuale esercito federale; anche se simili, questi ultimi sono di forma oblunga, di maggiori dimensioni, con 10 fessurazioni e soprattutto sono realizzati in lega, non sono di zinco o alluminio come quelli del tempo.    

Male invece la catenella in acciaio, che la serie ci propone come equipaggiamento di complemento, raramente usata dalle forze armate germaniche che impiegavano dei più semplici cordini per legare al collo il dischetto di identificazione, non potendo permettersi il lusso di sottrarre acciaio prezioso per altri settori dello sforzo bellico.