Caccia, cinofilia e territorio: fagiani, pernici e beccacce a Monte Sporno

I fagiani e le pernici rosse presenti sul territorio collinare di Monte Sporno trovano nei prati permanenti e nei campi di colture a perdere cibo a sufficienza durante l'anno e rifugio nei bordi e nei boschi custoditi dagli agricoltori del luogo.

La natura non vive di speranze, ma di cause ed effetti, in un ordine necessario in cui a delle premesse fanno seguito delle conseguenze. Per questo, cacciare in territori abbandonati, sperando accada qualcosa quando vengono riversati animali allevati lasciati al proprio destino al confronto con predatori e condizioni ambientali che non conoscono, equivale a sperare nei miracoli, quindi a fare un atto di fede e non di gestione. Significa rassegnarsi a non incontrare che qualche superstite e per la maggior parte del tempo e camminare per giorni vedendo i cani tornare sconsolati senza la minima presenza di emanazioni interessanti. Soprattutto in un paese ampiamente urbanizzato come l'Italia, non prendersi cura delle aree rurali equivale alla esclusiva avanzata di macchia spontanea rifugio di predatori e grandi ungulati come avviene ormai da anni. Lo sanno bene gli appassionati cacciatori cinofili che per incontrare la selvaggina che in realtà un paese ad alto valore biologico, per la varietà di climi e ambienti come è sempre stato per questo denominato il bel paese, sono costretti, o meglio preferiscono emigrare con i propri cani per trascorrere giorni di caccia e addestramento con la possibilità di incontrare starne, quaglie, fagiani e nel periodo invernale beccacce. In realtà la possibilità di vivere giornate di caccia autentiche e di cinofilia di livello esiste ancora e sarebbero di molto aumentabili con l'impegno prima di tutto culturale nella volontà e nella comprensione di un necessario cambio di tendenza.


Il carniere misto che ci ha regalato la varietà del territorio è stato il valore aggiunto di una giornata di caccia e cinofilia ideale.

Tornando alla necessaria premessa su cause ed effetti naturali, se non si vuole attendere nell'arco dell'anno il solo periodo del transito migratorio di qualche beccaccia ma si vogliono mettere i cani da ferma in condizioni di raggiungere un buon livello di preparazione e selezione, i selvatici stanziali dovrebbero essere il vero punto di riferimento, e per averli sul territorio, occorre volerli. Sono necessarie conoscenze prima teoriche, perché senza l'attenta conoscenza dell'etologia dei selvatici è difficile individuare e distinguere un territorio vocato alla specie o creare le condizioni perché possa essere tale. Per questo l'impegno prima culturale è il passo decisivo per avviare poi opere concrete di ripristino ambientale, di cooperazione fra mondo agricolo e venatorio, per il raggiungimento di obiettivi comuni. Selvatici che abbiano un valore economico riconosciuto per gli agricoltori che contribuiscono alla cura del territorio e un valore inestimabile per i cacciatori. Tutto questo è già esistente e ci viene mostrato da istituti faunistici privati come le AFV (Aziende Faunistico Venatorie) composte da soci cacciatori che raggiungono concordati con i proprietari terrieri e gli agricoltori locali per mantenere la presenza di vie percorribili nei boschi, coltivazioni utili all'alimentazione e alla permanenza dei selvatici, contenimento dei predatori. La differenza sostanziale a ben pensarci è ancora una volta nell'approccio culturale al territorio e all'attività venatoria, perché se la res pubblica venisse nel nostro paese correttamente intesa come cosa di tutti e non come res nullius, cioè cosa di nessuno, tutti potrebbero nel territorio “libero” a caccia programmata cercare di ottenere o pretendere dai propri ambiti di gestione dei risultati diversi, ma sono proprio le abitudini consolidate e le vecchie resistenze ideologiche più inclini alla critica e alla lamentela che al cambiamento a determinare un immobilismo e il ripetersi di pratiche inefficaci come i ripopolamenti in periodi non idonei e con selvaggina ancor meno adatta alla vita selvatica.

L'associazione AB: che cos'è e di cosa si occupa

Una giornata di caccia autunnale in collina nella AFV Monte Sporno in compagnia di Nicolò Fabbriziani di AB e del concessionario Tommaso Moroni Zucchi.

Sono questi gli aspetti fondamentali portati avanti dall'associazione AB (acronimo di Agrivenatorie Biodiversitalia) che si impegna nella valorizzazione e nel sostegno di quelle realtà di gestione che davvero offrono un esempio di attenzione e di tutela del territorio capace di creare prima di tutto biodiversità, quindi le condizioni per una caccia di qualità. Nella giornata che ci apprestiamo a raccontarvi, cerchiamo di mostrarvi come ogni aspetto della gestione porti poi alla creazione di condizioni ideali non solo per la permanenza, ma soprattutto per la riproduzione e l'irradiamento della selvaggina sul territorio, a beneficio non solo dei cacciatori soci delle aziende faunistiche ma ovviamente di quelli che frequentano anche tutte le aree circostanti che avranno la possibilità di incontrare selvatici di qualità fuori dai confini degli istituti privati. Basterebbe anche in questo caso ripercorrere i versi delle pagine di letteratura venatoria dove i racconti più entusiasmanti vissuti da Piero Pieroni e molti altri ci raccontano di zone di confine fra antiche riserve di caccia dove i cani in ferma erano sempre pronti a sorprendere il cacciatore delle colline, fra frulli di starne, fagiani e beccacce. Un futuro diverso e migliore per la caccia e la cinofilia è non solo possibile, ma già esistente, in questo caso risponde al nome di Monte Sporno, un bellissimo territorio sulle colline parmensi, gestito e frequentato da persone gentili e competenti. È solo un primo esempio e ve ne mostreremo altri, perché credere ad una caccia conservativa e fatta di sfide autentiche fra cani e selvatici di qualità nel nostro paese è ancora possibile.