Tassidermia: storia e tecniche

Tassidermia: storia e tecniche
Un cinghiale imbalsamato: la tassidermia consente di conferire all'animale abbattuto un atteggiamento molto naturale

Gli Antichi Egizi furono i primi a sviluppare le tecniche d’imbalsamazione. Attraverso quest'ultima, essi credevano che lo spirito del defunto potesse un giorno riappropriarsi del corpo (e quindi resuscitare) in ere successive. Una delle sostanze impiegate nell'Antico Egitto per l'imbalsamazione era il natron (carbonato decaidrato di sodio), fondamentale per le sue proprietà di assorbire l'acqua e di conservazione. Questa sostanza veniva raccolta sulle rive del Nilo nelle pozze d'acqua che si formavano dopo le piene ed evaporavano successivamente sotto l'azione del sole.

Tassidermia: storia e tecniche
I cacciatori possono avvelersi della tecnica della tassidermia per esporre i loro trofei di caccia

Si ipotizza che a dare inizio alle tecniche di imbalsamazione in Egitto sia stata la constatazione che i cadaveri abbandonati nella sabbia calda del deserto si disidratavano, diventando meno sensibili alla putrefazione. Non furono solo gli antichi Egizi a conoscere questa particolare arte, poiché alcuni studi archeologici hanno dimostrato che anche gli Inca ed altre popolazioni autoctone del Perù praticavano l’imbalsamazione, più o meno con gli stessi fini.

Nella vecchia Europa, l'imbalsamazione era invece appannaggio di soldati e guerrieri di alto rango deceduti lontano da casa sui campi di battaglia, i cui corpi venivano  per celebrarne le esequie nella madrepatria.

I termini imbalsamazione e mummificazione stanno ad indicare procedimenti simili.

L'imbalsamazione, dal latino in balsamum, significa "mettere nel balsamo" o più precisamente in una mistura di resine. La tecnica della mummificazione era analoga: i corpi venivano trattati con unguenti, oli e resine ed in seguito avvolti in strati di tessuto anch'essi impregnati di resine.

Tassidermia: storia e tecniche
Nascosto nella vegetazione, un leone imbalsamato è difficile da distinguere da uno vivo

Oggi, l'imbalsamazione non viene praticamente più usata per gli esseri umani, ma è praticata soprattutto per preservare gli animali facendoli diventare oggetti di studio, trofei di caccia o animali/oggetti ornamentali, a scopo decorativo della casa. In Italia, ad esempio, negli anni trenta, i fenicotteri imbalsamati divennero di gran moda: questi animali venivano impagliati o imbalsamati per poi essere esposti nei lussuosi salotti dell’alta società italiana del periodo fascista.

In questo caso è più corretto utilizzare il temine tassidermia (dal greco: "mettere in ordine" + "la pelle"): questa tecnica di conservazione ha lo scopo principale di preservare le pellicce o il piumaggio dell'animale morto. La tassidermia è stata utilizzata anche per gli esseri umani: basti pensare al caso del fondatore dell’Unione Sovietica Lenin, il quale venne  imbalsamato ed esposto al pubblico.

Tassidermia: storia e tecniche
Un leopardo in una classica posizione: su un ramo di un albero con la preda appena catturata

La moderna imbalsamazione conobbe un nuovo impulso con la scoperta della formaldeide ad opera del chimico August Wilhelm von Hofmann (1867). Questa sostanza, successivamente sviluppata per diventare la formalina, sostituì l’arsenico.

Dopo l'immersione in liquidi battericidi, alcune sostanze generate dalla formaldeide vengono introdotte nella spoglia utilizzando dei macchinari che ne riempiono l'intero sistema vascolare e parte di quello linfatico. Il rigor mortis viene evitato tagliando tutti i tendini degli arti, mentre le palpebre vengono cucite per mantenere l’occhio ben chiuso (alcune tecniche consistono nell’asportazione dell'occhio che viene sostituito da globi metallici). Anche le labbra vengono cucite, ma solo dopo l'otturazione di tutte le aperture del corpo con ovatta medicata. Tutte le chiusure vengono sigillate con prodotti derivati siliconici, per prevenire la fuoriuscita di liquidi.

Vediamo la tecnica in dettaglio.

Tassidermia: storia e tecniche
La bellezza di un leopardo resa "immortale" grazie alla tassidermia
Tassidermia: storia e tecniche
Un orso che dà l'impressione di annusare l'aria

Se le penne o il pelo dell'esemplare sono macchiati di sangue è necessario pulirli prima di rimuovere la pelle. La rimozione del corpo interno si compie con un'incisione della pelle sufficiente a farlo passare ed avviene lungo la linea mediana che va dalla regione toracica all'area genitale. La pelle di uccelli e mammiferi è rivestita internamente da strati di grasso che occorre immediatamente rimuovere per evitare una successiva caduta del piumaggio o del pelo. La pelle viene poi trattata per proteggerla dai processi putrefattivi e per mantenerla elastica.

Rimosso il corpo dell’animale, viene eseguita una copia impiegando materiale di imbottitura. In passato venivano utilizzati il cotone, la stoppa o la segatura, mentre oggi con il polistirolo o il poliuretano espanso vengono ricostruiti accurati manichini da inserire in sostituzione del corpo. Per mantenere nella posizione scelta la testa, la coda e le zampe viene adoperato filo di ferro resistente e plasmabile nelle parti di scheletro ancora presenti sulla pelle (cranio, tibia, radio). Completata questa fase, si passa alla cucitura che verrà nascosta dal pelo o ancor meglio dal piumaggio.

Si arriva alla parte più complessa di tutta l'operazione di montaggio, ossia ottenere la forma dell'animale scegliendo un atteggiamento il più reale e vivace possibile. La pelle viene riassestata sul manichino e fissata con filo o pinzette per mantenere la posizione per alcuni giorni e consentire alla pelle di asciugarsi. Gli occhi, in vetro accuratamente verniciato, conferiscono all'animale un aspetto particolarmente vivo, “vero”.

Tassidermia: storia e tecniche
Le fauci spalancate di un orso: la tassidermia consente di scegliere numerose posizioni da dare all'animale
Tassidermia: storia e tecniche
Scegliere la posizione dell'animale è fondamentale: in questo caso, un leone a terra infonde sensazioni diverse rispetto ad un esemplare in piedi sulle quattro zampe

Occorrono circa due mesi perché il modello sia terminato, per far si che i prodotti repellenti presenti nella soluzione conciante che andranno a proteggerlo da infestazioni di parassiti, siano completamente asciutti. Trascorso questo tempo l’animale imbalsamato è pronto per essere esposto come trofeo. Occorrerà invece attenersi a poche, ma precise regole per una buona conservazione, poiché il pericolo maggiore è rappresentato da alcuni insetti che si nutrono di pelo e penne di animali morti e sono i principali responsabili dei maggiori danni alle collezioni museali. È il caso dei famigerati coleotteri Antreni (Anthrenus musaeorum) e Dermestidi (Dermestes vulpinus, D. frischi, ecc.); vi sono poi le dannosissime tignole (Tinea pellionellà) che depongono numerose uova e quindi altrettante larve in grado di distruggere in una stagione diverse decine di chilogrammi di pelo. In commercio esistono prodotti antiparassitari che svolgono un’efficace azione contro questi insetti, ma una naturale pulizia e l’uso di naftalina, canfora o paradiclorobenzolo evitano la possibilità di un’infestazione. Altro pericolo per le collezioni sono le muffe, causate da ambienti umidi, quindi i trofei devono essere esposti in ambienti asciutti.

L’Italia, al contrario di paesi come l’Olanda dove la tassidermia è vietata per legge, consente questa pratica, disciplinata dalla legge n. 3 del 03 gennaio 1995. Con tale norma sono regolamentate sia l’attività di tassidermia, sia d’imbalsamazione; riteniamo corretto citare due importanti articoli della legge n.3 del 1995: l’abilitazione a questa attività (art. 3) ed i limiti allo svolgimento dell’attività e l’autorizzazione per il trattamento di alcune specie (art. 5).

La tassidermia o imbalsamazione è una tecnica, o meglio ancora un’arte con la quale si possono conservare ed esporre i trofei di caccia in casa propria: non vengono semplicemente resi “eterni” gli animali, ma restano vivi anche i ricordi di caccia.