Isola di Pag: racconto di una giornata di caccia al coniglio selvatico. Armi e bagagli - fucile Poli, cartucce ALG, abbigliamento BM Hunting e scarponi Crispi

Il nostro Andrea, col carniere della giornata con 4 fucili in campo.

Dove presente, il coniglio selvatico è da sempre oggetto di caccia appassionata, con addirittura una cinofilia specialistica e razze canine dedicate fra le quali brilla fra tutte per certo il mitico cirneco dell’Etna.

Lo si insidia anche coi furetti, liberati nelle tane e i cacciatori appostati nei pressi delle uscite, o alla cerca con springer e cocker. Ma parliamo di caccia vera, bellissima e tradizionale, attuabile solo dove permangono condizioni di normalità in termini d’ambiente e presenza della specie, non di contenimento numerico da farsi a tutti costi e in tutti i modi, quando per particolari ragioni si viene ad avere un’esplosione demografica impressionante, sempre prodromica di problematiche che possono mettere a rischio l’intero capitale faunistico.

È qui che diventa necessario mettere da parte ogni indugio ed iniziare ad intervenire in maniera massiccia e indiscriminata con l’unico mezzo di gestione davvero efficace se si vuole conservare la specie: il fucile.

La moltiplicazione geometrica dei conigli: un problema da gestire

ALG, le munizioni usate con grane efficacia durante la battuta. Qui, le speciali borra feltro in piombo 7 e 6.

Capita infatti che in presenza di agricoltura estensiva particolarmente ricca e territorio consono, il tutto combinato ad assenza o quasi di predatori naturali e condizioni climatiche favorevoli, di colpo i conigli prendano a moltiplicarsi in maniera del tutto indiscriminata, raggiungendo densità impressionanti tanto che passeggiando per le campagne dalle prime luci dell’alba a notte fonda diventa “normale” vederne decine e decine trotterellare in ogni pezzo di campagna disponibile.

È il caso dell’isola di Pag, in Croazia, e nello specifico nel comprensorio territoriale di Novalia.

Bello, verrebbe da dire. E invece no, perché è qui che si è già nell’anticamera del disastro…

Per le attività umane, innanzitutto, che a quel punto vengono sottoposte a una pressione insostenibile sotto ogni punto di vista: dall’agricoltura di pregio alla pastorizia. Entrambe sotto scacco da parte dei conigli che divorano ogni cosa somigli ad ortaggi e frutti, come ettari ed ettari di pascolo altrimenti destinati a capre e soprattutto pecore, preziosissime per la grande qualità di agnelli e formaggi che producono.

Per i conigli stessi, infine, che non appena censimenti assolutamente attendibili vengono a testimoniarne una moltiplicazione che da naturale si fa geometrica e dunque esponenziale, entrano immediatamente nella fascia “a rischio d’estinzione”.

No, non è un paradosso! È la natura che funziona così e non altrimenti. Quando per svariate ragioni si rompono gli equilibri e una specie viene ad essere protagonista di un’esplosione demografica, le altre, dalle vegetali alle animali, fino alle microscopiche, reagisco: difendendosi o approfittandone.

Le difese di alcune specie vegetali specie arboree, stanno tutte nella creazione spontanea di neuro tossine o alcaloidi specifici che sommati alla scarsità che l’iper-predazione viene giocoforza a determinare, avvelena o affama la specie.

Il modo invece di trar profitto di microbi, batteri e virus, specie quando causa sovra popolazione iniziano a scarseggiare le risorse trofiche e quindi i macronutrienti atti a conservare in buona salute i sistemi immunitari dei singoli soggetti, è quello della loro stessa moltiplicazione su base epidemica, che a quel punto fra soggetti assembrati e indeboliti trova terreno fertile per dilagare. Ed inizia la strage quella vera.

Credo che abbiate sentito tutti parlare di mixomatosi. Ecco, quella. Una particolare patologia virale specifica della specie, che quando parte può portare all’estinzione o quasi della specie coniglio selvatico in luoghi e territori dove sino a pochi mesi prima ce n’erano a migliaia.

C’è un solo modo per evitarla, dunque: contenere il numero dei conigli con l’ausilio della caccia.

Chi ha più cervello l’adoperi

Ed è qui che entriamo in campo noi: i cacciatori. Quindi parliamo di caccia…

La tecnica è quanto di più semplice si possa concepire, perché è la missione stessa per sua natura elementare.

Doppietta Poli Lapis Lusso cal. 20 e munizioni ALG Golden Queen dispersanti piombo 7 1/2 e Speciale Borra Piombo 6, come ottime prime e seconde canne.

C’è un territorio strapieno di conigli e bisogna prelevarne il più possibile. I cani sono inutili e addirittura, specie sul principio di stagione, assolutamente dannosi per il fine che ci proponiamo. Di cosa parliamo? Troppi conigli in giro. Davvero, davvero troppi. Per cui ne scaturirebbe senza tema di smentita un caos immane. Vediamo nello specifico.

Cani da ferma? Confusione totale fra cento passate ogni dieci metri. Ferma di un capo. Quello non regge manco morto. Cane che guida. Guidando partono 4/5 conigli inavvertiti, li vede e rompe e insegue. Inseguendo ne stolza altri 6/7/8 e intanto altri che saltano di qua e di là. Cane che impazzisce, è matematico, e inizia a fare disastri contingenti, rischiando di sciupare tutte le sue qualità di fermatore e rendendo impossibile la cacciata.

Segugi: idem. Impazziti fra incrocio di uste che tra l’altro devono conoscere. E mille corse folli dove alla fine se va bene riusciamo e ritornare a casa con gli stessi cani con cui eravamo arrivati.

Springer, cocker o cani da tana. Un po’ meglio, ma anche con essi rigorosamente a stagione inoltrata, quando:

  1. l’olfazione è facilitata: 
  2. già da mesi si cacciano i conigli; quindi, siamo dinnanzi a scenari di densità più ragionevole: 
  3. ora è terminato il periodo di cova per starne, fagiani e coturnici, per cui è scongiurato il pericolo di unire alla beffa anche il danno gestionale su specie nobili.

Per le stesse ragioni, non se ne parla di battute con gruppi troppo numerosi di cacciatori: rischiano di creare confusione e moltiplicano il pericolo.

Resta perciò un solo modo da un punto di vista strettamente tecnico per intervenire: a gruppetti di due, tre o quattro ben distanziati sul terreno, a coprire il territorio camminando e sparando tutti i conigli che si riescono a sparare, senza il minimo pensiero e senza stare a “sparagnar cartucce”!

Pensate sia facile? Scordatevelo!

L’intelligenza della specie connessa alle sue capacità sensoriali, la velocità con cui tende a fuggire usando a suo vantaggio il terreno e la vegetazione fra mille zig-zag e scarti repentini, creano un mix in cui bisogna sapere cosa fare e farlo bene. Pena, riuscire a poco o niente.

Dunque, fucile sempre in mano. Si procede con passo attento e circospetto. Si fanno pochi passi e ci si ferma, attenti a scrutare ogni angolo di terreno. Quando ci sia affaccia dietro un siepone o un grosso roveto, oppure vicino a un bosco o dietro un qualche muretto a secco o rudere, è bene farlo con passo da ninja e massima attenzione.

Non fate gli schizzinosi cercando di sparare solo in corsa: non siamo qui per dar prova delle nostre capacità balistiche, siamo a fare un “lavoro”, e bisogna farlo bene. Ne vedi quindi uno fermo ritto a tiro: si spara. Si spara ma sempre tenendo alta l’attenzione, perché potrebbero essercene altri che non vedevamo, e il doppietto è meglio del singolo!

No, non per noi, ma per quello che dobbiamo fare…

Sembrano tanti, ma è solo qualche goccia nel mare di una popolazione di conigli che va assolutamente contenuta tramite prelievo venatorio.

Ora, d’estate, il tempo della caccia va al massimo dalle prime luci dell’alba alle 7,30-8 massimo, poi il caldo così come fa rintanare i conigli altrettanto cancella ogni velleità di continuare a camminare e faticare fra nuvoli di mosche su un terreno trasformato in un’incudine rovente su cui martella il sole, e noi in mezzo.

Quindi, parliamo di un paio d’ore ad alta intensità, dove si macinano chilometri e durante i quali se tutto è stato fatto a modo, ci troveremo a camminare con svariati capi di coniglio da riportare a casa…


Certo, ne traiamo anche piacere, e allora?

Sicuro, non lo viviamo come un sacrificio, e quindi?

Vero, lo facciamo anche per il nostro “egoismo”: cioè per continuare ad avere negli anni popolazioni stabili e giustamente prospere di conigli anche da cacciare, e dunque?

C’è forse qualcosa di meglio nella vita, di poter fare quello che ci piace sapendo di far bene alla natura tutta e a un intero ecosistema?

La domanda è retorica quanto non voglio esser io, fatto sta che è così e ogni polemica è stupida quanto inutile e faziosa. Si tratta solo di adoperare la testa noi che possiamo, accantonare ogni pregiudizio, capire, e quindi mettersi all’opera.

L’isola di Pag in Croazia

Ora, per chi fosse interessato a regalarsi un’esperienza come questa, ricordiamo che stiamo parlando dell’isola di Pag, in Croazia, e nella fattispecie del comune di Novalia e delle sue campagne.

Vi starete chiedendo come sia possibile operare così, e con questa efficienza e soddisfazione. Semplice: ogni area comunale di caccia, è gestita direttamente dai cacciatori che l’affittano dai proprietari terrieri o dalla municipalità. Lo Stato dà le linee guida, poi in base a segnalazioni, censimenti e dati, si apre e si chiude la caccia in piena autonomia locale, in totale regime di autogestione.

In che cosa consiste questa autogestione?

Esempio: lo scorso anno, con secco e caldo che è durato sino alle porte dell’autunno, nella mia società di caccia abbiamo deciso di rinviare l’apertura alla stanziale l’ultima domenica d’ottobre, dopo una serena e partecipata riunione. Sì, avete capito bene: di norma, era o l’ultima di settembre o la prima di ottobre. Noi, da soli, i cacciatori, senza che nessuno ce lo imponesse abbiamo deciso di rinviare.

Esempio in questione: lo scorso anno nel solo comprensorio di Novalia, sono stati abbattuti attorno ai 9.000 conigli. Quest’anno, a giugno, erano più dello scorso anno. Si sono analizzati i documenti, si sono incrociati i dati, e non c’è stato nemmeno bisogno di chiedere per ottenere l’apertura della caccia al coniglio tutti i giorni della settimana.

Così non ci sarà la “malattia”. Così ci saranno ancora agricoltura di pregio e pastorizia. Così ci saranno ancora conigli da cacciare i prossimi anni e in quelli a venire per i nostri figli.

Semplice, efficace, intelligente.

Armi e bagagli: fucile Poli, cartucce ALG, abbigliamento BM Hunting e scarponi Crispi

L’attrezzatura tecnica è abbastanza semplice:

Fucile: perfetto un basculante con canne fra i 66 e i 71 cm. con strozzature ****/** o ***/*, dato che si avranno tiri fra i 15-20 metri e i 45/50! Per l’occasione, io adoperavo una doppietta Poli cal. 20 con canne 66 cm. cyl./***.

Scarponi Crispi Lapponia GTX, pedule leggerissime ottime per tutte le cacce estive: a partire da questa.

Le munizioni: io adopero ALG piombo 7 ½ Silver Queen di prima canna, e ALG borra feltro piombo 6 di seconda. No, non è troppo grosso dato i conigli arrivano anche a quasi 2 chili. Scelte analoghe di altre marche, danno in ogni caso ottimi risultati.

Calibro e tipologia: dal 20 al 12 passando per il 16, vanno bene tutti, sotto non ci scenderei. Ho parlato di basculanti, ma un semiauto va altrettanto bene, con canna da 66 e strozzatura ***, specie se si avrà l’accortezza di camerare una prima canna giusta e dietro due belle cartucce serie per il la media e la lunga distanza.

Abbigliamento: pedule leggere ma robuste, alte sopra la caviglia che si cammina in terreni accidentati e pieni di pietre e buche (parecchie create dai conigli stessi) e si rischia di torcersi una caviglia. Archetipo e prototipo: Crispi Lapponia GTX, con leggerissime calze tipo tennis di cotone.

Pantaloni leggeri se possibile con protezione frontale antirovo. Perfetti i BM Hunting Field che si adoperano per quaglie e inizio stagione.

Per il resto, maglietta e gilet o cappellino ad alta visibilità, rigorosi, e sopra o capiente zaino o altrettanto ampia trisacca per portare i capi abbattuti.

Non serve altro, a parte una bella scorta di cartucce delle quali per quanto vi consideriate formidabili colpitori, almeno la metà verranno inesorabilmente sprecate: scommettiamo?

Quattro salti in padella

La carne di coniglio selvatico è l’anello di congiunzione fra la selvaggina vera e propria e la più alta qualità concepibile fra le carni bianche allevate super bio! Non va assolutamente sprecata, ma nobilitata in piatti da re che incontreranno il gusto di ogni commensale, certi poi di star servendo quanto di meglio in termini di proteine nobili a super tasso di sostenibilità ambientale.

Quindi, appena abbattuti ai conigli va svuotata la vescica per evitare che l’urina corrompa il gusto delle carni, come si fa con le lepri. Ciò fatto, si eviscerano appena possibile, e infine si puliscono per bene, spellandoli e lavandoli con acqua fredda purissima prima, e poi con vino e aceto e quindi attenta asciugatura con panno apposito.

Ciò fatto, si possono preparare subito o surgelare, meglio se posti in sacchetti sottovuoto.

Per quelli sotto il chilo, consiglio rosolare in casseruola con olio di oliva e burro, quindi aggiungere aglio e rosmarino, salare e sfumare con vino bianco dopo aver salato e pepato a dovere. Non serve altro. Accompagnare con patate al forno o lesse, o qualsiasi altro contorno a piacere.

Per i capi più importanti, il massimo lo si ottiene a mio avviso in spezzatini tipo gulasch di cui ognuno ha una sua ricetta, e quindi accompagnamento con polenta, riso pilaf o gnocchi di patate.

La mia preferita? Quella con abbondante aglio, paprica, cipolla, cumino cottura lentissima e pomodoro solo alla fine, nell’ultima mezz’ora di cottura.

Buon appetito e buona vita a tutti!

Video: Ritorno all’isola di Pag, contenimento del coniglio selvatico