L’emendamento Berlato sta spaccando il mondo venatorio del Veneto. E non solo quello. Dopo la risposta dell’Arcicaccia che ha duramente contestato nel merito il provvedimento approvato dalla Terza Commissione regionale, adesso arrivano anche le prese di posizione di Federcaccia, Associazione Cacciatori Veneti e Coldiretti; e la cesura pare profondissima. La nuova formulazione del testo della norma lascia la strada aperta al cosiddetto nomadismo venatorio (quindici giornate per la forma vagante, trenta per la caccia da capanno) senza la necessità di adempimenti specifici e talora anche con la possibilità di cacciare nei terreni dei privati; la Federcaccia ha parlato dalle colonne de La Nuova di Venezia e Mestre per bocca di Luciano Babbo, vicepresidente provinciale e responsabile dell’ATC di Venezia.
Federcaccia e Coldiretti: “Provvedimento rischioso”
Il numero due della Fidc di Venezia identifica quattro pericolose controindicazioni: l’allentamento del legame con un territorio preciso, la rottura del rapporto col settore agricolo, il vantaggio per alcune province, tra cui spicca Vicenza, e addirittura il pericolo di una rapida cancellazione degli ATC. Le parole di Babbo arrivano al culmine di una crescente mobilitazione nei territori orientali della regione; da tante voci arriva la richiesta di una modifica all’emendamento ancora prima che arrivi in aula. A fianco della Federcaccia si schiera la Coldiretti, che sull’argomento ha rilasciato un comunicato nettissimo: la proposta “non piace, va rivista e discussa anche con le associazioni agricole”. Mentre fino ad adesso i cacciatori rispettano delle regole rigide e precise per poter esercitare la loro attività su ambiti territoriali, in futuro “qualsiasi cacciatore in possesso di licenza potrebbe invadere il territorio e il terreno di privati per 30 giorni nella caccia in capanno e 15 giorni in quella vagante creando un incremento, se non un’invasione, di presenze non regolamentate”. Decise le parole di Iacopo Giraldo, presidente di Coldiretti Venezia: l’associazione ritiene che si tratti di “una modifica azzardata che potrebbe anche mettere a repentaglio la sicurezza visto l’elevato numero di cacciatori che potrebbero arrivare nelle nostre campagne andando a mettere a repentaglio degli equilibri già a volte poco stabili”.
Non solo contrari
Ma non tutti la pensano alla stessa maniera: dalle stesse colonne de La Nuova, l’Associazione Cacciatori Veneti plaude al provvedimento di Berlato e attacca duramente Babbo, accusato di “provocare una reazione di paura verso i soci degli ambiti, gli animalisti e il mondo agricolo” con l’intenzione di rendere l’ATC da lui presieduto una sorta una riserva. Massimo Parravicini, presidente dell’ACV, ribadisce che “la fauna migratoria è patrimonio dello Stato e non degli ambiti e […], visto che non si tratta di fauna stanziale ma di specie di avifauna e che nella fase di migrazione si sposta da regione a regione e da Stato a Stato, non c’è motivo per discriminare i cacciatori a seconda della loro appartenenza territoriale”. Poi il guanto di sfida: “se il problema sono i pochi terreni a disposizione, [Babbo] proponga la diminuzione delle molte aree vietate”. Da una parte il grosso dell’associazionismo venatorio, Federcaccia, Arcicaccia e Coldiretti di nuovo unite per una stessa battaglia; dall’altra il peso politico di un assessore potente, anche nello stesso mondo della caccia, e di un’associazione radicata a livello locale. La fine della primavera si preannuncia rovente.