La caccia di selezione oggi: uno strumento fondamentale

Il mondo sta cambiando vorticosamente e l’umanità con esso. In alcuni casi le due velocità non coincidono ma in questo caso è l’uomo che si deve adeguare alla natura se da questa non vuole essere travolto. La sua è una marcia inarrestabile frutto di accelerazioni improvvise dettate da stravolgimenti climatici, da un consumismo scellerato e soprattutto da scelte energetiche anacronistiche che in questi giorni di conflitto tra Nazioni, stanno mettendo a nudo la inadeguatezza di decisioni o meglio di non decisioni programmatiche e lungimiranti per avere maggiore autonomia e non assoluta dipendenza da altri Stati.  

Questa mia introduzione potrebbe anche apparire non consona agli argomenti che intendo trattare e quindi, più di qualcuno si chiederà cosa ci azzecca parlare di scelte nel campo energetico, effetti del consumismo ecc.

Ebbene sì, sono tutti argomenti correlati nel senso che spetta all’uomo percepire in anticipo quali potrebbero essere gli effetti soprattutto quelli dannosi per la collettività ma anche quelli penalizzanti per la vita quotidiana e/o per l’attività agricola-industriale che poi è il motore di una qualsiasi Nazione che si rispetti. Quindi tornando alla caccia e a quella di selezione in particolare, la presenza anomala di fauna selvatica come ad esempio il cinghiale, le volpi, le cornacchie, i gabbiani, non è una casualità né tantomeno una situazione imprevista o improvvisa. Per anni il territorio non solo non è stato gestito in maniera razionale ma il falso protezionismo dello stesso ad opera di adepti orbi, la costante e strumentale discriminazione della categoria dei cacciatori, non adeguatamente coinvolti, le politiche ambientali totalmente prive di razionalità scientifica, l’approccio strumentale alle tematiche legate alla fauna selvatica,  la scellerata ed in alcuni casi fraudolenta gestione dei rifiuti soprattutto quelli domestici  con prevalente composizione organica, hanno procurato gravi alterazioni all’ecosistema nel suo contesto generale.

Ora finalmente, ma solo da pochissimo tempo e comunque in netto ritardo rispetto alle solite Regioni del Nord maggiormente avvedute, per non fare poi riferimento ad altri paesi europei a noi limitrofi, anche la Regione Lazio si è attrezzata per fare corsi di formazione ai futuri selecontrollori, ai quali competerà a seguito di piani di censimento e successivi piani di abbattimento, rendersi strumenti attivi di questa mutata esigenza finalizzata a riequilibrare un patrimonio faunistico palesemente alterato. Come detto, siamo fanalino di coda però l’importante è di cominciare e di vigilare affinché non rimanga tutto sulla carta perché ancora una volta in Italia non prevalga l’ipocrisia a danno della realtà e dell’ambiente.

Personalmente nel 2008 ho conseguito un'abilitazione al contenimento di nocivi (cinghiali, volpi, corvidi, nutrie) presso la allora Provincia di Siena in quel di Chianciano, con presenza giornaliera ed esame finale. Un impegno non da poco, ma mai messo in pratica come era negli auspici in una Regione come il Lazio dove essere pionieri spesso non serve a nulla. In quanto è proprio qui sotto il Cupolone, che la caccia e i cacciatori, sono vessati da amministrazioni che strizzano l’occhio agli pseudo ambientalisti per un evidente tornaconto elettorale, senza vedere ciò che è agli occhi dei tanti, ossia una fauna che ha preso abitudini “confidenziali” pericolose per loro stessi ma soprattutto per persone e animali domestici.

È tutto pronto dal comodo seggiolino, al treppiedi per agevolare puntamento e tiro, fino all’arma prescelta in questo caso una Bolt Action Sabatti Urban Sniper in calibro 308 Winchester con ottica Steiner del mio amico Michele Casalino. Non sempre la Dea bendata assiste il selecontrollore. Tante possono essere le uscite a vuoto ma l’armonia e la consapevolezza di essere parte dell’ambiente, ripaga ampiamente il mancato carniere.

Mai una chiamata per fare censimenti e conseguenti piani di abbattimento (vedi per la cornacchia) mai un coinvolgimento in situazioni di criticità, mai e poi mai: e nel frattempo, la natura indisturbata, lascia spazio a questi nocivi di proliferare fino a farli diventare una seria emergenza. Nei parchi ed in generale, si preferisce senza ovviamente ammetterlo, lasciare spazio al bracconaggio diffuso, piuttosto che trovare la giusta collocazione e ruolo, a chi adeguatamente formato e inquadrato in regole ben precise e rispendenti alle normative tra le più stringenti in Europa, potrebbe fornire un valido e competente supporto. Un bracconaggio che è l’antitesi della vera caccia e che spesso è anche causa di incidenti mortali ma anche e soprattutto di profonda delegittimazione della nostra categoria. Non c’è da meravigliarsi di questo in una Italia che vede i giusti penalizzati a favore di chi preferisce scorciatoie e magari tramite queste ne trae pure un lucro economico.

In altre regioni per non parlare in Europa, i cacciatori in generale ma soprattutto coloro che praticano caccie di selezione e/o di contenimento, sono da sempre considerati affini al sistema di gestione del territorio. Quando dico affini, intendo coinvolti anche nelle decisioni e nelle azioni da intraprendere quindi non semplice manovalanza venatoria bensì rispetto e piena considerazione.

Mi riferisco ad esempio alle aree aeroportuali laddove il cosiddetto “bird strike”, ovvero l’impatto con i volatili, procura danni seri ai velivoli con ripercussioni in termini di ritardi ma anche di guasti alcune volte rilevanti. In questi siti, si sta sviluppando una azione di contenimento affidata ai falconieri specializzati, ma questi ormai non bastano in quanto il prelievo dei nocivi che loro riescono a garantire, non è assolutamente adeguato alle reali esigenze ne tantomeno l’azione di “spavento” dei rapaci nei confronti di nocivi come gabbiani ecc. capaci di mettere in atto vere e proprie contro offensive fino a capire come è accaduto con i cannoncini, quale sia il reale pericolo per la loro incolumità. Anche i falconieri sono spesso bersaglio dei soliti animalisti i quali, paventano maltrattamenti ai rapaci ed altre sciocchezze prive di ogni e qualsiasi fondamento. Siamo la solita Italietta dove il primo Pinco Pallo che si sveglia la mattina, dice la sua e quasi sempre trova sponda in chi per mero opportunismo, contribuisce ad aggirare il problema senza mai trovare la soluzione pratica spesso scontata e in alcune occasioni anche banale.

Come detto si respira un’aria nuova soprattutto anche in politica. Il mio augurio è che finalmente ci si è resi conto che la campana di vetro sotto la quale i pseudo animalisti/ambientalisti hanno messo per anni tutto ciò che potevano sottrarre all’attività venatoria, istituendo parchi che in molti casi, sono solo territori ricettacolo di spazzatura e di clandestinità diffusa, possa portare ad una gestione tecnico scientifica mirata alla realtà e in armonia con il mondo agricolo con il quale occorre individuare sempre la migliore simbiosi negli aspetti di comune interesse che sono veramente tanti.

I nuovi selecontrollori si vedranno assegnare postazioni nei vari distretti, acquisteranno attrezzature specifiche (carabine rigate, cartucce adeguate, ottiche e visori notturni, telemetri, ecc.) quindi forniranno anche un valido contributo economico all’indotto caccia, cosa non da poco nel contesto di crisi nazionale in cui ci troviamo. Dovranno altresì dimostrare che il loro ruolo è fondamentale per la riduzione o eliminazione delle emergenze faunistiche. Un conto è di fare un esame teorico on line ma anche “de visu” e un conto è poi di applicare correttamente quanto appreso nei piani formativi seguendo gli esempi dei validi tutor del settore.

La selezione richiede al cacciatore conoscenza del territorio e consapevolezza nella valutazione del selvatico da prelevare 

Il selecontrollore

Essere cacciatore, impone il rispetto di un’etica venatoria indiscussa. Essere cacciatore e selecontrollore, impone anche comportamenti integerrimi perché la pratica viene esercitata anche oltre il periodo canonico della caccia e quindi, oggetto di potenziale controllo fin da dove viene parcheggiata la propria auto per poi da qui, raggiungere la postazione assegnata. La regola aurea che i tutor ci insegnano (nel nostro caso, Lino De Bernardini e Giampiero Nulli Gabbiani) è quella di creare fin da subito un rapporto di reciproco rispetto con l’agricoltore e/o conduttore del fondo nel quale risulta ubicata la nostra postazione. E’ di questi giorni, il reiterato tentativo da parte dei pseudo animalisti/ambientalisti, di promuovere l’ennesimo referendum che vieterebbe ai cacciatori di accedere nei terreni privati anche se non delimitati e rispondenti agli attuali canoni normativi. Ecco perché ma è solo un motivo in più, trovare la migliore simbiosi con chi come noi ha veramente a cuore una corretta gestione del territorio e del patrimonio faunistico, diventa il valore aggiunto scevro da strumentalizzazioni fine a se stesse. Il mondo agricolo lamenta danni anche rilevanti procurati da cinghiali ma anche da altre specie come il capriolo. Non mancherà tanto ma forse il problema è già reale, che anche i lupi, immessi deliberatamente con lo scopo di contenere i cinghiali, diventino una emergenza che andrà presa in seria considerazione dai soggetti deputati a questo genere di valutazioni. Pensare che un lupo predi i cinghiali quando dispone di intere greggi di poveri ovini indifesi, è come pensare di prendere una scala per raggiungere e cogliere i frutti più alti di un albero, quando li puoi prendere comodamente dai rami più bassi senza alcun rischio di romperti l’osso del collo.

Personalmente e allorquando verranno fatti i piani di abbattimento specifici, intendo dedicarmi prevalentemente al contenimento della cornacchia per avere visto di persona il fascino di questa pratica nel corso di una giornata dedicata in quel di Todi, ospiti dell’amico Mirco Santini (invito tutti a vedere video e articolo sui servizi di all4hunters). Tra l’altro questa specie dalle nostre parti intendo Roma e hinterland è talmente numerosa da rappresentare in alcune zone specifiche, non solo una emergenza ma addirittura quasi una calamità. Mi riferisco a ZAC dove questi pennuti scaltri e impavidi, fanno incetta di tutto quanto commestibile. Il nostro riferimento Mirco, ci dice che le cornacchie al pari di gazze, fanno strage di pulcinotti di fagiano, starna, ecc. depauperando la zona in maniera grave e in alcuni casi irreversibile, soprattutto per gli animali di “pronta caccia" che sarebbe meglio evitarne l’immissione in quanto priva di quei requisiti di selvatico che sono basilari per cacciatori e cani capaci ma che ancora attraggono i cosiddetti “sparatori della domenica“.

In questi casi una bonifica radicale è la soluzione migliore sempre che qualcuno come noi decida di sacrificare il proprio tempo a questa pratica inusuale. Mirco Santini se vorrà ci farà da tutor mentre a noi spetterà mettere in pratica con entusiasmo ciò che ora è solo pura teoria.

Ai nuovi selecontrollori, auguro un percorso di crescita consapevole perché andare in giro con un’arma in periodo di caccia chiusa e poter avvistare anche altre specie di animali oltre quelli oggetto dell’abbattimento, NON significa essere tentati da fare ciò che non si dovrebbe, ma al contrario, poter dimostrare la loro utilità con risultati tangibili a dispetto di chi finora ci ha volutamente e strumentalmente esclusi da questo contesto.

Non ci si improvvisa selecontrollori solo quando raggiunta la postazione, levi dal fodero la tua bolt action e scruti la radura sottostante ai margini di un bosco in attesa che una bestia si materializzi. Conseguendo questo brevetto, si deve di fatto accettare un ruolo che vede nell’abbattimento il conseguimento di un risultato ma non lo scopo. Chi non lo capisce che questa sarà la caccia del futuro, è destinato a prestare il fianco ai nostri avversari e a danneggiare l’intera categoria, oltreché a scomparire di scena in breve tempo.

Credo nei giovani cacciatori, così come credo nella loro voglia di preservare questa tradizione venatoria e la passione che essa rappresenta in tutti noi seguaci di DIANA, rinnovandosi in chiave moderna, senza mai snaturare l’istinto che anima coloro che apprezzano l’alba di un nuovo giorno e le occasioni che la vita e la natura ci offrono.

“Senza impegno non si ottiene nulla, che si tratti di una relazione, di un lavoro o di un hobby “

(Neil Trauss)