Nomadismo venatorio in Veneto, deciderà la Consulta

Il Ferragosto l’ha tenuto un po’ nell’ombra, ma la storia tormentata del nomadismo venatorio in Veneto si arricchisce di un altro capitolo. E a questo punto non sarà certamente l’ultimo. Nel Consiglio dei Ministri del 10 agosto 2016 il governo ha infatti impugnato la legge regionale 18 del 27 giugno sollevando un conflitto d’attribuzione davanti alla Consulta. E il futuro di un nomadismo venatorio radicale di cui tanto si è discusso negli ultimi due mesi torna a tingersi dei colori del pericolo.

I provvedimenti: il Governo Renzi impugna la norma sulla caccia

“Si è deliberata l’impugnativa delle Disposizioni di riordino e semplificazione normativa in materia di politiche economiche, del turismo, della cultura, del lavoro, dell’agricoltura, della pesca, della caccia e dello sport, in quanto una norma, demandando alla Giunta regionale la determinazione di un tributo, viola l’articolo 23 della Costituzione, secondo il quale ogni prestazione patrimoniale deve essere imposta con legge. Altre norme in materia di caccia invadono la competenza statale in materia di tutela dell’ambiente, violando l’articolo 117, secondo comma, lettera s, della Costituzione”.

Recita così il comunicato stampa del governo; e, al di là del linguaggio non troppo elegante, si riesce a comprenderne il senso. Col provvedimento in vigore, l’esecutivo ritiene lese le prerogative dello Stato centrale: non spetta alle Regioni legiferare su alcuni argomenti di rilievo nazionale. Al solito, ci penserà la Corte a dire l’ultima parola. Al momento, al contrario di quanto apparso su alcuni organi di stampa, ci risulta che la legge resti in vigore fino al pronunciamento della Consulta.

Ma certamente le quindici giornate vaganti per chi sceglie l’appostamento, le quindici da appostamento per chi sceglie la caccia vagante e le trenta di mobilità per la migratoria in tutti gli Atc, esclusi la Zona Alpi e il territorio lagunare e vallivo, sono sotto inchiesta. E, nonostante l’agosto, le reazioni non tardano.

Le reazioni: esulta la Federcaccia, protestano i Cacciatori Veneti

Al momento non si registrano prese di posizione ufficiali da parte della Giunta Zaia; dalla maggioranza di centrodestra che ha approvato il provvedimento si leva la voce di Sergio Berlato, padre della riforma, che però non fomenta la polemica. Il presidente della Terza Commissione parla di “decisione più politica che tecnica” e si dichiara curioso di “vedere come il Governo Renzi si giustificherà per aver impugnato alcune leggi del Veneto, come per esempio quella sulla mobilità venatoria alla selvaggina migratoria, già vigenti da anni in altre quindici Regioni italiane”, ma non va giù duro sui contenuti del ricorso, limitandosi a riportare gli estremi dei provvedimenti in una lunga nota.

Per l’Arcicaccia, che aveva battagliato per aggiustare alcuni errori presunti della proposta originaria e aveva letto la norma finale come “un aggiustamento delle storture”, è “una pagina triste per la caccia in Veneto, che potrebbe causare la fine di ogni tipo di mobilità venatoria per i cacciatori veneti”. Il presidente regionale Giuliano Ezzelini Storti si augura che “ci sia un’assunzione di responsabilità da parte della Regione e che si proceda al più presto a modificare gli articoli di legge incriminati per riportarli nell’ambito della costituzionalità e sotto l’ombrello della legge 157/92”. Ma è un augurio destinato a cadere nel vuoto: a oggi non risulta che la maggioranza abbia intenzione di modificare il provvedimento. Si tratterebbe nei fatti di un’ammissione di sconfitta. E nel Paese dalla campagna elettorale permanente non ci può proprio stare, specie dinanzi a un governo di un altro colore.

Chi invece esulta è uno dei principali avversari della norma, il dirigente della Federcaccia Luciano Babbo: al quotidiano La Nuova, il numero uno dell’ATC di Venezia parla di “una vittoria del buonsenso e dell’attività venatoria sostenibile” e auspica che “torni a prevalere la gestione sulla caccia programmata”.

E di rimbalzo ecco puntuali gli attacchi dell’Associazione Cacciatori Veneti, vicina a Berlato e che contro Babbo sembra aver promosso una crociata personale: secondo il consigliere Massimo Parravicini, il dirigente Fidc, “che parla di invasione dei cacciatori nei territori degli ambiti, cerca di provocare una reazione di paura verso i soci. Fantasie dettate dall’ideologia politica e da interessi economici”.

Nella polemica, gli unici a parlare di contenuti, anche se forse un po’ fuori tempo, sono i cacciatori dell’ANUU, che con una nota ufficiale ribadiscono le loro richieste iniziali: solo dieci giornate di mobilità, solo da appostamento e regolamentate dagli enti preposti. Ma ormai è tardi, a meno di improbabili ravvedimenti della politica.

In ogni caso, e in attesa di una decisione che ci potrebbe mettere un bel po’ ad arrivare e a spazzare il campo dagli equivoci, sono due le conseguenze evidenti della storia, incompleta e tormentata, del provvedimento.

Uno: quando le (legittime) differenze politiche portano a uno scontro ideologico che spesso esula dai contenuti, di solito ci rimette chi è interessato dalla materia.

Due: chi vuol farci credere che con l’eventuale approvazione referendaria della riforma Renzi-Boschi diminuiranno le impugnazioni e i conflitti d’attribuzione, o non ha ben chiaro il senso della norma o non ha ben chiara la capacità deduttiva dei propri concittadini.

(esseti)