Specie – Capriolo (capreolus)
Classe – Mammiferi (4 mammelle)
Superordine – Ungulati (munito di zoccolo)
Ordine – Artiodattili (numero di dita pari)
Sottordine – Ruminanti (stomaco poligastrico)
Famiglia – Cervidi (palchi caduchi-solo i maschi)
Il piccolo cervide ha da pochi anni ripopolato – spontaneamente – quasi tutto l’areale appenninico, grazie all’abbandono dei boschi ed alla rarefazione di quelli che sono i suoi predatori naturali. Il suo ritorno al bosco è ormai comune, anche in aree non particolarmente vocate alla specie. Questa sua consolidata presenza ha dato il via alla possibilità di cacciarlo, sempre e solo con mezzi selettivi.
La caccia al capriolo inizia ben prima di prendere il fucile in mano, inizia infatti con la conta dei capi sul territorio... i censimenti. I conteggi dei soggetti sono una parte fondamentale della caccia di selezione e sono volti a valutare le strutture e le densità di popolazione, consentendo così di pianificare una corretta gestione della specie ed il relativo piano di abbattimento, incidendo in maniera percentuale solo sull’incremento di popolazione e ripartendo i prelievi per soggetti e classi d’età. Gli abbattimenti cominciano quando gli enti preposti alle valutazioni consegnano i relativi piani, diversificandone le modalità per tempi di caccia e soggetti.
Il capriolo è animale territoriale, il che significa che frequenta più o meno sempre gli stessi posti e questa sua abitudine rende maggiormente redditizia la caccia all’aspetto piuttosto che quella alla cerca. Il cacciatore infatti, memore dei soggetti già visti in sede di censimento, solitamente si posiziona nei pressi dei campi di pastura già noti, facendo molta attenzione a non causare rumori, in particolare quelli atipici del bosco (suoni metallici, scricchiolii vari, telefonini..) e, una volta valutata la direzione del vento, attende che gli animali escano in pastura. L’aspetto consente al cacciatore sia una migliore valutazione del capo da abbattere per mezzo dell’importantissima strumentazione ottica necessaria per questa caccia (binocolo e specktive), che un miglior posizionamento per il tiro, consentendogli facilmente e senza fretta di sparare utilizzando la posizione distesa a terra, con arma ben piazzata su bipiede o zaino. Il tiro dalla posizione sdraiata è infatti il più preciso e meditato ai fini di un abbattimento sicuro e pulito.
Può capitare però che la zona affidata, quasi sempre normativamente vincolante per il selettore, non sia tra le migliori per le abitudini di pastura del cervide, magari perché troppo boscata o con molti campi coltivati e poca erba medica. In simili situazioni la caccia alla cerca trova una sua ragione d’essere, muovendosi all’interno del bosco con la speranza di arrivare sull’animale rimessosi tranquillo dopo la pastura. In casi come questo potrebbe aiutare il preventivo piazzamento di alcune “saline”, posizionate preferibilmente su alberi dal fusto liscio, utilizzando comune sale da pastorizia. Il capriolo come molti ungulati è ghiotto di sale e, una volta abituato alla salina, si tratterrà sulla stessa permettendo la valutazione del soggetto ed un tiro più calmo. La caccia alla cerca infatti difficilmente permette di sparare tranquillamente ma quasi sempre in modo affannoso, rapido ed in condizioni di precaria stabilità, alla meglio tirando in ginocchio o con l’aiuto del bastone da caccia (alpenstock).
Subito dopo il tiro è fondamentale rimanere fermi per almeno mezzora, evitando di avvicinarsi all’animale, anche se caduto sul posto. Può capitare che il capriolo sia solamente ferito e il rumore che inevitabilmente si produrrà nell’avvicinamento causerà l’attivazione delle difese biologiche del selvatico (adrenalina) il quale troverà la forza per allontanarsi sempre più dal punto in cui è stato colpito (anchuss). Il silenzio invece non allerterà l’animale che tenderà a rimettersi nel primo luogo ritenuto sicuro, e li morirà tranquillo. Nel caso non lo si ritrovi nelle immediate vicinanze, è consigliabile interrompere la ricerca ed utilizzare l’aiuto di un recuperatore che con l’ausilio di un cane da sangue si incaricherà del recupero.
La tradizione vuole che al capriolo abbattuto, cosi come a tutti i cervidi nobili, sia fatto omaggio del “l’ultimo morso”, rituale antichissimo di origine nordeuropea secondo il quale, il cacciatore recatosi sulla spoglia, la gira con il fianco destro appoggiato a terra e gli mette in bocca un rametto di pianta nobile, quercia o altro, ultimo gesto di rispetto verso l’animale.
Per quel che riguarda le armi, la caccia di selezione si pratica con una carabina a ripetizione manuale munita di ottica di puntamento, dove nel binomio arma-ottica la preferenza qualitativa andrà data sempre all’ottica. Il capriolo è animale vespertino, predilige le albe e i tramonti, condizioni di scarsa luminosità che l’utilizzo di un ottica qualitativamente valida riuscirà parzialmente a compensare garantendo qualche minuto in più di caccia, quasi sempre i più importanti.
I calibri impiegabili sono diversi, quello d’elezione per il capriolo è il 243 Win ma possono essere usati proficuamente tanti altri impianti balistici, anche in considerazione, sempre soggettiva, delle forme di caccia praticabili nella zona e delle disponibilità – economiche o di interesse – del cacciatore. Considerando che il selvatico ha un peso di circa 30 chili ed è decisamente fragile, sconsiglierei munizioni più pesanti, dal 30 compreso in su, in quanto inutili alla bisogna ed anche meno facili da gestire a causa non tanto del rinculo ma quanto del rilevamento.
Un calibro pesante infatti allo sparo tende a far impennare l’arma, sottraendo alla vista l’attimo in cui la palla impatta sul bersaglio che stiamo traguardando attraverso l’ottica, e quello è l’attimo che, attraverso le reazioni del selvatico, ci dice come e dove è arrivato il colpo, momento importantissimo ai fini dell’esito della giornata.