La caccia se non intrisa di completa devozione e rispetto nei confronti dei selvatici con i quali ci si confronta ed emoziona, non avrebbe forse ragione di esistere. Soprattutto nella caccia intesa come cinofilia, in cui ogni esperienza si condivide con i propri cani, il piacere può elevarsi a dismisura se i progressi e le sudate conquiste arrivano dopo un iter di addestramento che si è personalmente svolto con i propri cuccioli, diventati poi i nostri cani da caccia.
Le operazioni di recupero e riporto dei selvatici
Parliamo in questo caso dell’importanza tecnica ed etica del corretto svolgimento delle operazioni di recupero e riporto dei selvatici.
A chi non è capitato infatti di vedere in alcune circostanze ambientali particolari un selvatico colpito precipitare verso luoghi difficilmente accessibili e per questo causa di possibile perdita del capo abbattuto? È personalmente una delle esperienze, fortunatamente rare, che hanno la capacità di vanificare ogni emozione datami dall’incontro con il selvatico preferendo di gran lunga il mancato abbattimento al mancato recupero.
Nella caccia agli ungulati questo aspetto viene giustamente estremamente curato e debitamente evitato, grazie a cacciatori e cani specializzati in questa pratica, propriamente detti recuperatori, sempre pronti ad intervenire per rintracciare il selvatico ferito o caduto a notevole distanza dal punto di sparo in cui vengono guidati puntualmente dai cani da traccia e da sangue.
Dato che per il cacciatore moderno non è sicuramente legato al peso o alla grandezza il valore intrinseco del selvatico cacciato; la stessa dedizione che i recuperatori e la caccia agli ungulati dedicano ai selvatici deve o dovrebbe riguardare ogni altra tipologia di caccia.
Un tempo nella caccia “alla penna”, venivano impiegate contemporaneamente diverse razze di cani con attitudini e specializzazioni diverse. I cani da ferma esaurivano il proprio compito individuando la selvaggina, lasciando poi spazio molto spesso ai cani spaniel da cerca, springer o cocker che scovavano il selvatico e completavano l’azione con il recupero e riporto. Non di rado agli spaniel si sostituivano i retriever, Labrador o Golden, poi diventati sempre più legati agli ambienti palustri e alla caccia agli acquatici.
La selezione nel tempo ha giustamente lavorato sulle varie razze dei cani da ferma, pretendendo una maggiore completezza da questi cani, che man mano vennero utilizzati sempre più singolarmente, perché capaci di portare a termine l’intera azione di caccia, dalla cerca, alla ferma, fino al recupero del selvatico.
È innegabile che ancora oggi alcune razze dimostrano una più spiccata predisposizione, tuttavia molto si può ottenere attraverso un addestramento paziente e graduale.
È opportuno a questo punto riconoscere la sottile, ma fondamentale differenza fra le due operazioni di recupero e riporto. Mentre il riporto, è un'operazione istantanea che il cane svolge spesso dopo la caduta a vista di un selvatico perfettamente abbattuto, portandolo in mano al cacciatore; il recupero prevede il reperimento di selvatici spesso solamente feriti e dunque allontanatisi dal cacciatore o caduti in luoghi difficilmente accessibili in cui solo il cane può tentare di arrivare. Mai sottovalutare quindi o trascurare l’imprinting verso entrambe queste fasi dell’azione di caccia.
Addestramento al riporto
Nei primi mesi è bene iniziare dal riporto attraverso il lancio di oggetti in terreni semplici e distanze brevi in cui il cucciolone può subito familiarizzare con l'abboccamento del selvatico e il tempestivo riporto giustamente ricompensato dal cacciatore.
Questo sarà importante per fissare nella memoria associativa del cane, un momento piacevole di coccole o un boccone appetibile, al corretto svolgimento dell'azione di riporto.
Si passerà poi all’affinamento del più complesso recupero, guidando il cucciolone ad età più avanzata in luoghi man mano sempre più impegnativi, partendo sempre da un oggetto, per poi passare ai selvatici, da nascondere o far cadere in punti difficilmente accessibili, in cui sono necessari impegno e caparbietà. La caccia pratica e le circostanze faranno poi il resto. Importante per il raggiungimento di risultati positivi, anche l'atteggiamento e l'impegno del cacciatore; i nostri cani da caccia sono estremamente empatici infatti. Se il cacciatore è infatti in prima persona impegnato e preso dall’azione di recupero, perché mai vorrebbe vedere il proprio selvatico inutilmente perso, il cane percepirà il coinvolgimento emotivo del proprio conduttore, o più correttamente, del proprio compagno di caccia, potete star certi che darà il massimo del proprio apporto per contribuire alla riuscita dell’impresa e alla sua soddisfazione.