Il griffone korthals: un cacciatore perfetto

Il riporto del griffone kothals
Pur essendo un cane dalle eccellenti qualità venatorie, purtroppo nella quantità il korthals non ha mai riscontrato un grandissimo successo nel nostro Paese: con grande fatica gli allevatori italiani portano avanti il loro amore per questa razza che a tutti gli effetti racchiude le migliori doti dei cani continentali

Antesignano, almeno nei presupposti, dell’Unione Europea, il griffone korthals affonda le sue origini nella contesa della sua paternità. La famigerata frase che da sempre lo accompagna recita: “una razza creata da un cittadino olandese, residente in Germania e che, nella prima metà del ‘900, venne considerata francese.”; mai razza canina, a prescindere dalle dispute geografiche e storiche come in questo caso, è stata identificata con un unico individuo, il signor Edward Karel Korthal. Figlio di un armatore di Amsterdam, fin da giovanissimo fu divorato da un'unica passione, la caccia, in particolar modo quella con il cane da ferma. Non soddisfatto dei soggetti con cui si accompagnava nelle avventure cinofile, decise a vent’anni di forgiare una razza nuova, le cui caratteristiche dovevano essere quelle di cani forti, che cacciano diligentemente e dotati di buon naso. Se pensiamo che l’inizio dell’opera avvenne nel 1874 e che già nel 1888, precisamente il 29 luglio, veniva fondato il Club europeo dei griffoni, possiamo dedurre che in meno di tre lustri il lavoro era praticamente completato.

A questo punto si dovrebbe nuovamente riaprire l’altra grande discussione che accompagna da sempre il griffone, quella sui sette patriarchi (Banco, Hector, Janus, Mouche, Satan, Jjunon e Donna), ai quali si aggiunse in seguito, pur in modo marginale, una femmina di nome Vesta. Con questi il signor Korthal distillò il griffone, ma lo scorrere degli anni ci suggerisce di dedicare qualche riga allo stato attuale della razza, pur ringraziando i sette patriarchi per il corredo genetico che hanno potuto trasmettere, tenuto conto, anche a distanza di un secolo e mezzo, del mantenimento delle qualità morfo-funzionali d’origine che rendono al passo con i tempi questa simpatica razza. 

E in Italia?

A parte un preambolo a inizio del Novecento dei fratelli Rezza da Genova, il korthals in Italia si identifica con il lavoro appassionato e lungimirante, svolto a partire dagli anni Cinquanta, dall’allevamento “del Grifone“ di Carlo Enrico Faja. È lui, infatti, il trait d’union tra Francia e Italia di questa razza. Nel suo peregrinare da cinofilo per l’Europa, si innamorò del griffone e irrobustendo il suo sapere con frequentazioni di “gigantidella cinofilia (tra i quali Giuseppe Solaro, primo presidente del Club italiano griffone korthals, prima di Faja), che gli permisero di dotarsi di nozioni e diedero la spinta a tutta la sua vita di allevatore.

Nella quantità però questo cane non ha riscontrato mai un grandissimo successo nel nostro Paese: con grande fatica gli allevatori italiani portano avanti il loro amore per questa razza (che a tutti gli effetti racchiude le migliori doti dei cani continentali), a causa probabilmente dei numeri esigui che non permettono di garantire un patrimonio genetico affidabile, tanto da poter allargare il numero dei cacciatori che vorrebbero potersi accompagnare nelle scorribande venatorie al griffone korthals.

Nel lavoro è… continentale

Cerca del korthals 
La cerca del korthals è ampia, ma sempre collegata e intraprendente. In prossimità del selvatico, dopo fasi di accertamento, la testa portata in alto indica la provenienza dell’usta. È ammessa nella ferma la leggera flessione sugli arti. Le fasi di guidata saranno avide e caute allo stesso tempo

Nel lavoro il korthals esprime le andature e la mentalità dei continentali: cane equilibrato e tenace, estremamente collaborativo e attento agli ordini. Buon riportatore e recuperatore, si adatta bene anche alle cacce più impegnative, tipo quelle in alta montagna. 

La sua andatura è di galoppo morbido (glissant), leggermente altalenante senza eccessivo basculamento, con la testa portata tipicamente à marteau (letteralmente “a martello”, come definita dai francesi per via dell’angolo  che caratterizza l’articolazione collo-cranio), sulla linea orizzontale o poco al di sotto. La cerca è ben estesa, sempre concentrata e intraprendente. Al cospetto della selvaggina, dopo fasi di rallentamento, la testa dovrà essere sempre portata in alto a indicare la provenienza dell’usta. 

La ferma si può presentare con leggera flessione sugli arti (unico continentale per il quale lo standard accetta questa posizione), il collo ben allungato e il tutto in uno stato di solida rigidità. Le fasi di guidata saranno repentine e caute allo stesso tempo, come se uno spago invisibile tirasse il nostro barbuto verso l’origine dell’odore. Adatto praticamente a tutta la selvaggina da penna, è particolarmente usato per insidiare la regina e i beccaccini.

L’aspetto: occhio alla testa

Testa del griffone korthals
Il cranio del griffone korthals ricorda la forma di un mattone, precisamente un parallelepipedo. In foto Orma di Francesco Tranchida

Agli occhi del neofita il griffone korthals può apparire del tutto simile ai cugini irsuti provenienti dalla Germania e dal nostro Paese (drahthaar e spinoni roani), ma particolari caratteristiche lo contraddistinguono dal punto di vista morfologico: anzitutto la testa! Solaro descrisse questa parte del corpo del griffone come il “mattone del muratore”, un parallelepipedo. Assi cranio-muso e fasce laterali assolutamente parallele (a dare appunto l’impressione del mattone), con lunghezze identiche (quelle del muso e del cranio), con orecchie di forma triangolare, piatte all’inserzione e attaccate sopra la linea degli occhi. Difese (barba, baffi e sopracciglia) bene evidenti. 

Griffone korthals
Cane versatile e adatto praticamente a tutta la selvaggina da penna, il griffone è particolarmente usato per insidiare la beccaccia e i beccaccini

Il tronco si presenta con una particolare caratteristica (anche in questo è l’unico continentale che così si manifesta): il corpo è nettamente lungo rispetto all’altezza, iscritto, cioè, nel rettangolo. Ciò è dovuto alle forti angolazioni della spalla e del posteriore, e ai raggi leggermente corti che lo portano a essere più vicino al terreno, più lungo che alto, comunque armonico. Questo si accentua soprattutto nella filata e nella guidata, momenti nei quali si comporta come un felino quando, elastico, flette molto gli arti, diminuendo così artificialmente il vuoto sottosternale (più vicino a terra, prés de terre). 

Il pelo è particolare nella sua doppia conformazione: fine lanuggine sempre marrone e corta, (duvét), ricoperta da pelo lungo e duro.

Infine il colore: è l’unico ad avere descritto nello standard una preferenza (per le altre razze vengono elencate le varie mescolanze di colori, quando diverse, tutte di pari grado), rivolta al grigio acciaio-marrone; può anche essere marrone rabicanato (frequente) o marrone unicolore, (raro e poco desiderato).

Le sue dimensioni lo collocano nelle taglie medie più contenute, con altezze al garrese che partono da un minimo di 50 centimetri per le femmine fino a un massimo di 60 per i maschi. 


La parola all’esperto

Leggiamo ora che cosa ha da dirci a proposito del griffone korthals l’esperto giudice, nonché allevatore con l’affisso “di San Donato”, Marco Ragatzu.

Marco, visto che ha partecipato attivamente alla valorizzazione del korthals in Italia nelle molteplici vesti di allevatore, giudice e componente, in passato, del direttivo del club di razza (CIGK), che cosa hanno prodotto tutti questi sforzi?

Maccioni con la campionessa Dasy di San Donato
Maccioni con la campionessa Dasy di San Donato

“Conosco la razza in modo approfondito da molti anni e ho avuto modo di confrontare i nostri prodotti con quelli d’oltralpe. Il potenziale nel nostro Paese c’è sempre stato, forse in passato con migliori concretezze, ma l’esiguo numero di riproduttori ha sicuramente limitato i risultati degli sforzi messi in opera dai nostri allevatori. Questa razza raramente (ed è accaduto soltanto molti anni fa) ha superato i duecento iscritti all’anno, tanto che lo stesso Faja, (quando componente della CTC – Commissione tecnica centrale - all’Enci), in una proposta fatta alla Commissione, avanzò l’ipotesi di accomunare tutte le associazioni di razza per le quali i prodotti non raggiungessero il numero minimo di duecento cuccioli. Ciò perché, comprensibilmente, si rende difficile la selezione zootecnica basata su numeri troppo esigui, con il chiaro intento di sollecitare una maggiore produzione a guadagno qualitativo dell’allevamento. 

Il lavoro dell’associazione è fondamentale per la tutela e la salvaguardia della razza, ed è da rivedersi non nel singolo operato dell’allevatore, ma nella cooperazione tra quanti si dedicano a tale impegno. Onestamente sono in pochi che mettono in pratica un lavoro serio e la maggior parte di questi si ritrovano soltanto nei ricordi del passato. Oggi la presenza del korthals in Italia è garantita in maniera preponderante da numerosi cacciatori che godono delle grandi qualità di questi cani, i quali però si disperdono autonomamente senza un collegamento solido che li unisce e che permetterebbe loro di ottenere migliori risultati di allevamento a guadagno della razza e non dei singoli individui. Materiale buono c’è, ma ancora manca una chiara e condivisa linea guida allevatoriale. 

Ci sono soggetti di particolari correnti di sangue che ancora oggi rappresentano dei punti di riferimento, ma il campanello di allarme si accende sul futuro: è importante che ci si adoperi con serietà per il mantenimento di queste linee, le quali, obbligatoriamente, dovranno essere valutate e presenti anche in futuro, magari  affiancate da ulteriori linee di sangue di importazione per arricchire e mantenere forte il patrimonio genetico”. 

Quindi non mancando i riferimenti per valutare ancor oggi le grandi qualità di questa razza e inseguendo l’opportuno e sperato lavoro di selezione zootecnica, come, secondo te, si potrebbe procedere?

“E’ una domanda molto impegnativa. Ritengo che l’associazione specializzata sia il punto cardine. Occorre tutelare cani e allevatori, creare un gruppo che lavori all’unisono e con chiari e condivisi obiettivi partendo dalla base, che dovrebbe accomunare i desideri di tutti gli associati e utilizzatori del griffone in Italia: la sua tutela, il mantenimento e l’auspicabile miglioramento delle qualità del korthals. Non è semplice, richiede impegno serio, ed è possibile. Esistono gli strumenti canonici che ben conosciamo per la verifica dello stato di salute delle razze da ferma (verifiche funzionali e morfologiche), ai quali oggi si possono anche associare altri di tipo scientifico. Questa si chiama zootecnia. Impegno, serietà, competenza e voglia di confrontarsi per un guadagno cinofilo, senza presunzioni, né assurde manie di protagonismo”.

È un lavoro che, viste le qualità del korthals, vale la pena di affrontare per la sua tutela. Che cosa pensi di questa razza in quanto utilizzatore? 

Barrage al Campionato europeo GK in Francia 2004
Barrage al Campionato europeo GK in Francia: in foto il cane dell'Italia, Rupert des Moustaches d'Or, che vinse con il Cacit l'“individuale”. Giuria: Ragatzu (al centro), Nargaud e Liutard

“Negli occhi di ogni griffone che riesco ad ammirare oggi rivedo il vecchio Amico Enrico, colui che mi ha permesso di approfondire veramente questa meravigliosa razza e di sviscerarne i più profondi segreti. Come lui, il korthals è duro nell’aspetto esteriore, ma quel pelo irsuto ricopre una fierezza e un altruismo che difficilmente trovano paragoni. Bravissimo ausiliare, concreto, di gran potenziale e adatto al cacciatore attuale, ma anche un gran compagno di vita. Lo sono anche altre razze, ma questa è caratterizzata da un aspetto esteriore unico al mondo. Adesso mi faccio la domanda che forse proprio i korthals mi farebbero: che cosa vorresti? Vorrei che in tanti tentassero la splendida avventura della convivenza con un griffone, perché lui stesso merita di sopravvivere alla negligenza e alla superficialità. Amatelo, utilizzatelo e capirete”.