Caccia e cinofilia: correttezza al frullo, questione di forma o funzione utile a caccia?

La guidata si fa incalzante nella risalita dell’emanazione, i nervi si tendono allo spasimo fino alla ferma conclusiva. Il fragore del frullo distende i muscoli del collo e irrigidisce gli orecchi del cane che ora con occhi accesi e attenti segue il volo del selvatico all’orizzonte. Questo nelle prove. Più spesso durante la caccia, al frullo del selvatico, tutto si perde sull’onda emotiva della rincorsa dei cani e dell’imbracciata per il cacciatore in cui il fucile non di rado fatica a trovare lo spazio e i tempi giusti per il colpo da indirizzare senza rischi né incertezze. Alla caduta seguono le voci festanti che invitano il fedele compagno al riporto. L’azione si dilunga fra vari tentativi di recupero in cui non di rado è necessario intervenire in ausilio del cane a guidare l’azione di ricerca e reperimento del selvatico che semplicemente il nostro amico non ha potuto scorgere preso dall’enfasi della rincorsa. Nei migliori casi, in ambienti accessibili e dalla buona visibilità tutto finisce con un arrivo simultaneo sul punto di caduta del selvatico fra carezze al nostro amico peloso e piena soddisfazione di entrambi. È necessario però ammettere che non sempre e soprattutto non in tutti gli ambienti e con tutti i selvatici le cose vanno così.

In alcuni cani la correttezza al frullo emerge con naturalezza dopo alcune esperienze di caccia ed è spesso correlata alla propensione al recupero.

Proviamo ad immaginare il volo di una coturnice in montagna, o di una beccaccia che guadagna la dorsale di un bosco in collina, senza neppure pensare ad un fagiano o una pernice nei calanchi. Quanto si complica qui oggettivamente l’azione di un cane che piuttosto che restare attento ad osservare la direzione del selvatico si tuffa letteralmente in una furiosa quanto inutile rincorsa a capofitto? 

A questo proposito vale la pena riprendere alcuni passi scritti da Vincenzo Celano nel suo libro dedicato al cane da ferma: “Resto della convinzione che il cane che resta fermo al frullo serve più alla caccia che alla gara. Il cane che insegue impedisce di sparare con la dovuta sicurezza, quando addirittura non impedisce di sparare. Succede tante volte con la selvaggina naturale e praticamente sempre con la selvaggina immessa. Inoltre il cane che insegue, impedisce all’animale mancato o non sparato di rimettersi vicino. Le volte in cui si posa vicino, viene rimesso in fuga da questi cani lanciati nella rincorsa. Questo dimostra anche mancanza di equilibrio e discernimento rischiando di far partire anche altri selvatici che si trovano vicini sul percorso, sprecando fiato ed energie, fino a sfiancarsi rendendosi poco utili nel resto della cacciata. Non è neppure escluso che soggetti avvezzi a inseguire possano compromettere la loro solidità di ferma. Il cane che, invece, se ne resta buono al frullo dovrebbe poter essere anche agevolato nel riporto dal momento che vede cadere”.

Addestramento del cane al fermo al frullo

La tempestiva rincorsa del selvatico impedisce la sua rimessa nelle vicinanze e non di rado provoca un secondo involo anticipato.

Da queste concise quanto concrete parole di Celano emergono i limiti del mancato addestramento del cane al fermo al frullo. Personalmente sono d’accordo sull’importanza e la funzionalità di questa propensione che è da ritenersi in parte naturale in alcuni soggetti, in altri da raggiungere in fase avanzata di addestramento. Sottolineo avanzata, perché fra le varie componenti dell’addestramento non è sicuramente fra le prime che si possano pretendere dal cane che inizialmente da cucciolone è normale venga attratto dalla vista del selvatico in volo e dal tentativo di predarlo. Con il tempo, per quei soggetti che non arrivano spontaneamente a maturare la propensione all’osservazione del volo o del punto di caduta dei selvatici, si può procedere in diversi modi consigliati anche dallo stesso Celano, dopo che il cane ormai stabile nella psiche ai richiami e non impressionabile, risulti in grado di capire l’importanza e la perentorietà dello stop al frullo. Aspettare la maturità del cane è necessario per evitare che il richiamo all’inseguimento venga collegato dal cane con un rimprovero al frullo del selvatico, quindi un rimprovero durante l’incontro, cosa ovviamente da scongiurare in ogni modo perché l’avidità del cucciolone va premiata e assolutamente non limitata.

Quasi sempre si dovrà ricorrere per l’addestramento del corretto al frullo all’incontro di un capo di selvaggina immesso per accompagnare il cane in una situazione controllata, servendosi di un cordino lungo necessario a trattenere il cane nel momento dell’involo del selvatico accompagnando la trattenuta con il comando verbale dello Stop. Se il cane dimostra una certa predisposizione all’addestramento e un buon collegamento con il conduttore che impartisce l’ordine saranno necessarie poche prove per vedere il risultato sperato. Qualora il cane dimostri invece chiari segni di riluttanza alla trattenuta oppure stenti a ripetere correttamente l’azione vale la pena sospendere a mio avviso questo tipo di comando. Non giova a mio parere l’insistenza perché i soggetti propendenti al recupero del selvatico maturano nella maggior parte dei casi spontaneamente questa attenzione all’osservazione rinunciando alla rincorsa immediata del selvatico dopo alcune esperienze positive a caccia. Due cani in particolare, posseduti in passato alle prime licenze di caccia, mi hanno chiaramente dimostrato l’evoluzione spontanea di questa attitudine nei soggetti predisposti, poi confermatami anche da esperti cinofili e cacciatori incorsi in episodi simili.  

In alcuni ambienti come la caccia in montagna i cani corretti evitano il rischio di cadute e hanno spesso più probabilità di recuperare i selvatici osservando il punto di caduta.

In un gelido mattino di dicembre costeggiando i boschi lungo le sponde di un fiume che ancora oggi raramente frequento, un bellissimo maschio di germano reale fermo dietro un’ansa dopo giornate di pioggia insistente aveva sorpreso involandosi il cammino mio e del mio primo setter Bill che aveva da poco compiuto i 5 anni di età. Una fucilata di stoccata mandò il bellissimo uccello a cadere all’estremità della sponda opposta fra un cumulo di rami e tronchi che la piena del fiume aveva trascinato fin lì. Pensando all’impossibilità per me e per il cane di procedere al recupero vista l’altezza della sponda e l'impeto delle acque stavo già rammaricandomi per l’animale probabilmente perso. Fu una sorpresa nella sorpresa vedere il cane in un atteggiamento nuovo e diverso dal solito. Attento nell’osservazione dell’animale che cadeva di fronte a noi scelse un percorso alternativo per scendere fino ad un punto attraversabile del fiume per poi rientrare sicuro in acqua estraendo dal groviglio di rami il germano regalandomi una gioia incontenibile. Da quel giorno, evidentemente condizionato dalle circostanze e dalla positiva esperienza acquisita, il setter iniziò spontaneamente ad osservare gli uccelli in volo nel momento dello sparo prima di intervenire tempestivamente al recupero e al riporto.

In alcuni ambienti come la caccia in montagna i cani corretti evitano il rischio di cadute e hanno spesso più probabilità di recuperare i selvatici osservando il punto di caduta.
È opportuno aspettare per l'addestramento per la correttezza al frullo la maturità del cane intorno ai tre anni.

Con altri cani successivamente ho tentato l’addestramento del fermo al frullo ma soltanto in un’occasione un altro setter a circa 3 anni ha appreso e accettato senza problemi il comando. In altri casi come sopra descritto, con soggetti che dimostravano riluttanza o accusavano eccessivamente il comando dello stop alla rincorsa ho preferito non insistere. Resto in ogni caso dell'opinione, pur non possedendo costantemente cani corretti al frullo, che non sia un aspetto da considerarsi puramente estetico ma utile e funzionale in molte circostanze e pertanto vale indubbiamente la pena tentare nell’addestramento con tutti quei soggetti più inclini al collegamento, all’obbedienza e al recupero dei selvatici, perché quando presente, questa attitudine può fare la differenza e rendere migliori le giornate di caccia.