Alberto Dandolo, ritratto di un grande maestro di caccia, di cinofilia e di vita

Riflettendoci bene, la vita di ognuno di noi ed in questo caso quella mia come cacciatore A 360 gradi, è certamente contrassegnata e condizionata positivamente da un incontro, da una esperienza o da un episodio che poi hanno determinato almeno inizialmente, l’interesse venatorio verso una razza di ausiliario e con essa una forma di caccia. Nel mio caso questo interesse quasi come fosse stato il primo amore, è stato rivolto fin da subito agli springer e prosegue tutt’ora in un legame che io definisco indissolubile e che sento non mi abbandonerà mai.

Tutto ha inizio nel 1981 ed esattamente nel mese di marzo. Venuto a Roma per lavoro, pieno di aspettative di vita e con ancora nella mente fantastiche battute in montagna a magnifiche pernici e con la prospettiva di fare la mia prima apertura in terra laziale, vengo assalito da mille dubbi e tante incertezze. Una apertura sostanzialmente al buio, con tante incognite sui nuovi compagni di caccia, sui territori profondamente diversi dai miei, sulla diversa selvaggina in essi presente e quindi sui metodi di azione venatoria conseguenti. Invece, complice la solita allegra mangiata tra amici e grazie alla mia innata attitudine a sviluppare empatia, ho avuto in quella occasione, la fortuna di incontrare Alberto quello che da lì in poi si è rivelato essere il mio grande maestro, oltre che amico fraterno.

Alberto Dandolo e Massimo Torelli, prima della fase di premiazione del 4 Campionato Maltese S. Uberto, dove hanno preso parte come giudici di gara.

Anche in lui nasceva in quel periodo l’interesse per gli springer dopo aver avuto esperienze importanti con i bracchi tedeschi (Lola su tutte). Il suo primo soggetto è stata una femmina di nome Qualy, affisso Dell’Eris, acquistata da Alborghetti. Un cane tenace e tronca roghi come amava definirla lui. Da quel momento in poi, un crescendo di soggetti sempre più definiti nella morfologia e sempre più rispondenti alle aspettative venatorie.

Un’altra svolta l’ha avuta quando le strade si sono incrociate con quello che io ho sempre definito un genio cinofilo pazzo ossia Sergio Guerranti affisso San Leopoldo. Un toscanaccio che a dire “fumino” è a fargli un complimento. Rude, irascibile ma grande esperto della razza sempre e comunque fuori dagli schemi rispetto agli anteposti ma espertissimi Coradeschi, Cupini ecc. grandi cultori della razza e riferimento Nazionale per tanti se non per tutti.

Alberto, sulla scia dei vari soggetti tutti con il marcato DNA di Super Giò, ha iniziato ad essere anche un ottimo dresseur e a mettersi in evidenza nel mondo delle gare nella quali, accolto inizialmente con molto e forse troppo scetticismo, ha finito per imporsi dapprima in gare locali e poi sia a livello Nazionale che Internazionale. Molti sono stati i traguardi raggiunti e innumerevoli le soddisfazioni raggiunte in rappresentanza della compagine Italiana.

Il suo percorso è proseguito conseguendo i titoli come giudice di gara ed ora forte della sua indiscutibile e cristallina esperienza, è diventato il Responsabile Nazionale per la cinofilia nell’ambito della Federazione Italiana della Caccia.

Durante questo suo invidiabile percorso di crescita, non ha mai smesso di essere un cacciatore normale legato alle sue radici. Ottimo selecontrollore nel comparto del Grossetano, sempre e comunque con i suoi amati springer in quel di Giardino entro terra Orbetello laddove con i fratelli Veronesi (Claudio a Valeriuccio) abbiamo fatto memorabili cacciate a Poggio alto, ai caprai e partecipato attivamente come componenti della squadra al cinghiale Tiburzi e Fioravanti il cui nome legato ai famosi banditi maremmani, era tutto un programma…

Le mitiche scorribande finivano sempre nel podere di Geremia dove a seconda della stagione facevamo incetta e scorpacciate di fichi settembrini o loti maturi, talmente succosi tanto da sbrodolarsi come bambini impuniti. Bei ricordi e tanta nostalgia dei tempi passati insieme a Damiano, Franco, Mario, Goffredo ecc.

Anche i Monti della Tolfa sono stati teatro di innumerevoli uscite che terminavano inevitabilmente dalla Sora Menicuccia, storica trattoria del luogo. Lì al nostro passaggio mattutino quando ancora i paesani Tolfetani, erano tra le braccia di Morfeo, lasciavamo sulla porta del locale (4/5 tavoli e 20 posti a sedere), un bigliettino dove facevamo sapere in quanti saremo venuti a pranzo. Niente menù ma si mangiava ciò che la signora aveva e preparava. L’arredamento era estremamente spartano e per riscaldarci, il classico braciere di carboni ardenti messo sotto il tavolo. Immancabilmente un rosso robusto e verace, scaraffato e consumato a profusione come se non ci fosse un domani.

Altra forma di caccia alla quale mi ha introdotto anche se solo per un breve periodo, è stata quella agli acquatici. Le zone umide erano dapprima quelle sul fiume Tevere in zona Orte. La giornata aveva inizio molto presto con il carico della mitica barchetta Canadian in alluminio, sul tetto della indistruttibile Opel Station Wagon. Si arrivava molto presto nel punto di discesa al fiume in corrispondenza di una cava estrattiva. Prima che albeggiasse, in attesa delle anatre in punto prescelto e poi, i cani Fox compreso, sulla sponda a sfrullare tutto ciò che veniva fuori dai fitti canneti (tante folaghe e le immancabili e furbe gallinelle). Ci si alternava a pagaiare in religioso silenzio, consentendo così a tutti (massimo tre in barca), l’opportunità di effettuare il tiro. Una caccia emozionante e per me totalmente nuova e ammaliante.

Alberto Dandolo, attualmente Responsabile nazionale FIDC della cinofilia, 9 volte campione del Mondo con i suoi magnifici Springer Spaniel. 

Abbiamo proseguito con lo “spadulamento“ nella laguna di Orbetello dove l’accesso era consentito dalla 14,00 fino a sera. Al mattino per passare il tempo, cacciavamo fagiani nelle piane intorno alla Riserva Cantore oppure, colombi, tordi e beccacce nei poggi di Malabarba. Lo spadulamento non era altro che una forma di caccia che ti consentiva il recupero di animali feriti al mattino dai cacciatori in botte, oppure alle folaghe e se diceva bene alle anatre di rientro serale se e quando venivano. Di solito si alternavano clamorose imbiancate a sporadiche scartucciate quasi sempre favorite dal brutto tempo che costringeva gli anatidi a rientrare anticipatamente nelle aree di sosta notturna.

Sei stato anche un ottimo maestro nel trasmettermi i rudimenti del dressaggio tanto è che tutti i miei cani, li ho addestrati personalmente e bene, sotto la tua vigile supervisione. Hydra su tutti, una stupenda femmina da te regalatami che mi ha dato soddisfazioni importanti e emozioni uniche.

Sentivo il dovere di ringraziare Alberto per tutte queste opportunità che mi ha dato e se oggi mi sento un cacciatore completo, lo devo in gran parte a lui. In cambio, mi sono sdebitato ospitandolo nella mia terra natia la Sardegna, per una cacciata a tordi. In quella occasione, presente anche Italo un comune e fraterno amico, la dea bendata mi assistette facendomi abbattere un bel solengo con una sua cartuccia sempre di Alberto, tipo REKORD piombo 9. Il setolone, usci alla chetichella dal folto di un macchiolo di lentischi e corbezzoli dove avevamo visto una buttata di tordi e merli. Forse pensava di svignarsela senza danni mentre invece trovò a chi lo attendeva con tutti gli onori del caso. La schioppettata fu molto ravvicinata (al massimo cinque metri) e al momento non sembrò procurare danni immediati tanto che l’irsuto schizzò via come un missile tra i scisti della sottostante vallata. Al termine di questa, lo vedemmo fermo e barcollante ai margini della radura. Il piombo fece il suo effetto e a noi non rimase far altro che raggiungerlo e porre fine alla sua inutile agonia. Rientrammo al paese orgogliosi e festanti, strombazzando sul furgoncino a tre ruote avuto in prestito da mio padre per l’occasione.

Ora caro Alberto siamo invecchiati insieme (tu più di me…) ma il legame cosi forte che ci ha uniti per così tanto tempo e per il quale non mancherò mai di esserti riconoscente, lo stai trasferendo a mio figlio Alessandro, visto che tu non hai avuto la fortuna di avere un erede maschio ammesso ma io credi proprio di si, che avesse poi avuto il fuoco della passione venatoria. Lo stai guidando e consigliando al meglio come facevi con me. Stai osservando i suoi notevoli progressi nel campo della cinofilia e non solo. Ancora una volta stai facendo quello che sai fare molto bene: il Maestro.

Recentemente per suggellare ancora una volta lo splendido rapporto di amicizia che ci lega da oltre 40 anni, ti ho regalato con estremo piacere, un coltello Pattada che nella cultura di noi sardi donarlo seguendo una ritualità antica (il coltello va porto aperto e con la punta rivolta al mio petto è un gesto di vera amicizia). Te l’ho regalato con tutto il mio cuore per farti capire quanta è grande la mia gratitudine nei tuoi confronti.

GRAZIE DI ESISTERE.

 “Un buon maestro ti deve aprire la porta, ma tu devi entrare da solo...“

(anonimo)

VIVA LA CACCIA E VIVA I CACCIATORI!