…Per le cacce di movimento
Le metodiche-base di caccia, dalla notte dei tempi, son due e sempre quelle: 1) o si va a cercare la selvaggina nel suo habitat braccandola e incalzandola per costringerla a palesarsi; 2) oppure ci si apposta in luoghi propizi di transito in speranzosa attesa. Tertium non datur!
Da ciò ne possiamo dedurre che sempre due, almeno in termini generali, sono le tipologie di abbagliamento tecnico che abbisognano ai cacciatori. Se dunque siete cinofili impenitenti, di quelli che dall’apertura sino alla fine uscite ogni giorno consentito, con ogni tempo e da buio a buio coi vostri cani, questo – per esperienza personale ed in termini analitici – è quello che spigolando fra il marasma delle offerte mi sento senza mezzi termini di consigliare…
Settembre-ottobre
Il concetto chiave in questa forma di caccia è senza dubbio quello della “cipolla”; ovvero di un equipaggiamento che ci consenta di variare senza ingombri ed eccessivi problemi la “pesantezza” del nostro vestiario.
Un “sistema” dunque d’abbigliamento capace di proteggerci dalle insidie dell’ambiente e dai disagi che può causarci, con l’avanzare della stagione (o con normali mutamenti quotidiani), il clima stesso.
Teoricamente lo scenario che ci si parerà dinnanzi dall’apertura e per le successive tre, quattro settimane, sarà quello di una campagna e relative boscaglie generalmente ancora in foglia, con erbe alte e sporchi fittissimi, dominati da albe fresche e umide di rugiada cui potrebbero far riscontro, col passare delle ore, giornate di caldo quasi estivo.
Che si sia perciò a quaglie o a fagiani, a starne, rosse o cotorni in montagna assai utile sarà indossare una camicia tecnica in Coolmax o fibre similari, capaci di una termoregolazione spontanea insuperabile.
Con condizioni di bel tempo, mite, asciutto e cacce prevalentemente campestri, sarà sufficiente sovrapporci un maglione in filato antigoccia idrorepellente su cui indosseremo un comodo gilet (ce ne sono una marea ed uno più bello e tecnico dell’altro) magari in tinta coi pantaloni (oppure una trisacca).
Diversamente da ciò, vale a dire con mattine di pioggia o fresche ed umide di guazza, dove magari andremo a cercare qualche fagiano tra sporchi e boscaglie, ecco che entra in campo uno di quei veri e propri capolavori della moderna tecnica applicata al tessile, veri e propri non plus ultra per il cacciatore col cane da ferma, best-seller quattro-stagioni dalle caratteristiche ineguagliabili.
Leggeri (pesano pochissimo), assolutamente impermeabili, antivento, traspiranti, a prova di rovo e filo spinato, dotati parecchi di bretelle per un agevole trasporto a zaino.
Meraviglie tecniche dalla portabilità assoluta caratterizzati spesso anche da un rapporto qualità-prezzo interessantissimo.
Alchimia realizzata grazie all’applicazione simultanea, ad un design ergonomico ai massimi livelli, delle più alte tecnologie disponibili in termini di tessuti e filati.
Un solo problema: molti hanno la presenza integrata di fibre ed inserti speciali che uniti alla già resistentissima trama del tessuto di base, fa sì che non si possano rompere o consumare neppure se sottoposti alle peggiori torture.
Vale a dire – ahimè – che ci toccherà portarli uno per uno una vita e magari lasciarli in eredità! Ne fotocopiano le doti parecchi fra i cosciali antirovo (e antipioggia).
Indispensabili ai bracchieri nelle cacce alla lepre e al cinghiale. Utilissimi per andare tra erbaccioni molli di guazze; più utili ancora se decidiamo di sovrapporli ai normali calzoni per cacciare fra roveti e forti di spine uno degli inferociti fagiani autunnali, battendo i quali, potremo incappare nelle prime beccacce…

Novembre e… inverno
La campagna quasi più non si frequenta. È quindi il bosco – con tutto ciò che può significare questo termine – il teatro delle nostre cacciate.
Qualche fagiano certamente, ma soprattutto le beccacce, le regine della natura selvaggia... Qui il “gioco si fa duro”, ma il concetto in termini di vestiario è sempre quello.
Con tempo soleggiato si sostituiscano le camicie autunnali con altre in leggero, caldo e confortevole swisspile che abbineremo ad un pile o un maglione di lana; sciarpe, guanti un cappello con inserti orange ad alta visibilità ed il gioco è fatto. Vero è tuttavia che le beccacce ci sono soprattutto quando è freddo –anzi - più freddo ed umido è più ci sono beccacce.
Per gli “arrabbiati” dunque, quelli che le regine le vanno a scovare tra macchioni impenetrabili e lungo fiumi e paludi (assieme ai beccaccini) niente di meglio che le nuove linee anti rovo (ne hanno tutte le aziende): concentrati di classe e tecnologia che – a parer nostro – meritano da soli uno spazio appropriato. Così come le caccia d'attesa...

…e per quelle di attesa
Quattro sono le fondamentali categorie di caccia d’appostamento che necessitano di adeguata protezione da quelli che sono i loro “nemici naturali”. Parlo ovviamente del freddo (amplificato dal vento) e dell’acqua in tutte le sue forme. Ben lo sanno i praticanti assidui dei chiari e delle botti per le anatre, i cinghialai in perenne attesa alle poste, i lepraioli che ne condividono il destino, gli appassionati di caccia ai colombacci nei valichi e sulle altane.
Quali che siano infatti i calendari venatori di questo o quel comprensorio poco cambia; è a partire dall’autunno inoltrato (fatta eccezione per la lepre e i colombacci) che si avranno le giornate migliori; ovvero quelle caratterizzate dalle peggiori condizioni climatiche.
Senza poi dire che in queste situazioni arma strategica del cacciatore sarà proprio quell’immobilità che, così come gli consentirà di regalargli maggiori chances d’incannare il selvatico, altrettanto farà sì che -non potendo contare sul movimento per scaldarsi- gli abbisognino giocoforza capi in grado d’isolarlo il più possibile dalle avversità degli agenti atmosferici.
È qui che dunque escono alla ribalta intere serie di vestiario – con alcuni capi-chiave – tutte concepite per venire incontro alle esigenze di chi deve attendere ore ed ore al freddo e al gelo (e non di rado tra la nebbia, sotto la pioggia o la neve) in onore della propria passione.
Ecco quindi efficientissimi giacconi abbinati a pantaloni delle medesime caratteristiche, che con guanti, cappello e scarponi (o stivali) ad hoc si rivelano quali imprescindibile alleati del cinghialaio alle poste e del cacciatore “di valle” (l'uno preferirà capi con inserti orange, l'altro capi tutto-camo!).

Pongo ora una domanda: “vi è mai capitato di essere in botte, sui valichi per tordi e colombacci, sui palchi aerei di una qualche caccia sotto una pioggia sferzante che vi ha costretto a tornarvene a casa?” Infierisco. “Vi è mai capitato poi, il giorno appresso, di venire a sapere che una volta cessata l’acqua è successo il finimondo: ore ed ore di passo sostenuto dove i pochi temerari dalla volontà d’acciaio, caparbiamente rimasti anche se bagnati fradici e infreddoliti, hanno potuto vivere una giornata memorabile nella quale hanno bruciato centinaia di cartucce?”
Bene, se la risposta è si (e lo è certamente) dico subito che da oggi in poi, grazie ad un imprescindibile accessorio per il cacciatore-migratorista (ma anche cinghialaio o lepraiolo), questo infausto evento potrà non ripetersi più: è sufficiente munirsi di una mantella in grado di proteggere chi l’indossa da qualsiasi precipitazione di qualunque durata.
Una sorta di casa portatile da tenersi sempre in macchina e tirar fuori alla bisogna; quando magari arrivati sul posto c’accorgiamo che una notte di pioggia potrebbe verosimilmente lasciare il posto ad una giornata di magia e avventura.
Una di quelle rare giornate che è decisamente stupido perdersi perché sprovvisti di quel che oggi, con poca spesa, possiamo tranquillamente fare nostro.

E tutto questo ci porta direttamente alle conclusioni: una nuova stagione di caccia andrà ad incominciare.
Solo Iddio sa quel che ci porterà. Magari non sarà l’abbigliamento a farci trovare più selvaggina (non è poi così detto, come mi sono sforzato di dimostrare…); in ogni caso si sappia che scegliendolo “giusto” – pratico ed elegante – oltre ad aver fatto un favore a noi stessi, avremo per certo dato il nostro piccolo contributo a qualificare la categoria tutta. È questo non può essere che un bene.

Il taglio, la concezione e i tessuti
Cosa distingue il capo veramente tecnico da quello che tale non è? Innanzitutto il taglio, che deve essere perfetto, comodo ed adatto alla destinazione d’uso specifica e alle varie situazioni in cui l’utente si verrà a trovare; vale a dire marciare, sparare e… stare tra la gente.
Viene poi ovviamente la concezione generale dello specifico pezzo; ossia la fusione d’“ingegneria” e “architettura” generale del capo: la sua multifunzionalità e la sua capacità d’assolvere alle più disparate richieste di chi lo porta con un pizzico d’originalità.
Tutto questo – mi si creda se lo dico – può tuttavia essere di validità pressoché nulla se non costruito con i migliori materiali disponibili.
È un po’ come un fucile insomma, che anche se ben disegnato, ben concepito e meglio assemblato, non riesce assolutamente ad essere efficace se poi i legni non sono di buona e solida grana, gli acciai risultano scadenti e tutti gli altri componenti permangono al di sotto d’un’accettabile qualità.
Per questo e non per altro sarebbe sempre il caso di rivolgersi verso quei capi e quelle aziende, capaci di costituirsi assolutamente quali stato dell’arte per quel che concerne i capi tecnici da caccia e outdoor in generale.

Capi cioè, praticissimi, ergonomici, genialmente confezionati tutti – in base alla loro specifica destinazione d’uso – con filati e tecnopolimeri che rispondano ai nomi di Teflon, Gore-tex, Cordura, Wind Stopper, Cool Max, Thermore T37 (sino ad arrivare a quel loden Moessmer le cui doti di aristocratica, rustica eleganza, ne fanno da sempre il marchio di fabbrica del cacciatore alpino e del selecontrollore di classe) a riprova di una qualità insuperabile.
Che sappiano anche rivelarsi quali stupendi; ma questa è un’altra storia, quella che scriverete voi indossandoli col vostro stile.