Manurhin MR73 GIGN calibro .357 Magnum, il revolver del vecchio mondo

Anno 1973, al cinema la gente fa la fila per vedere “Una 44 Magnum per l’ispettore Callaghan”, “L’esorcista”, “Pat Garret e Billy The Kid” e “American Graffiti”. Sui giradischi di tutto il mondo iniziano a girare capolavori come “The Dark Side of the moon” dei Pink Floyd, mentre a Parigi Stati Uniti e Vietnam firmano l’armistizio che metterà fine a quasi vent’anni di guerra. In Italia il Presidente della Repubblica Giovanni Leone è a capo di un paese dove tensioni sociali e politiche di ogni tipo e sempre più violente stanno creando i presupposti per quelli che chiameremo “anni di piombo”.  Nel resto dell’Europa non va molto meglio, con paesi come la Germania e la Francia impegnati ad affrontare gruppi terroristici di diversa matrice e origine, spesso alleati con bande di criminali. Insomma, sono anni molto interessanti e pericolosi e va vista in quest’ottica la nascita del Manurhin MR73 calibro .357 Magnum.

MR 73, il canto del cigno per il revolver d’ordinanza

Il revolver MR73 è finito in maniera ineccepibile con una brunitura blu profonda.

Il revolver MR73 fu progettato da Gilbert Maillard, direttore della Manufacture de machines du haut-Rhin (Manurhin) su richiesta della Gendarmerie Nationale che intendeva sostituire con una sola arma le diverse pistole semiautomatiche che aveva il corpo aveva in dotazione. I modelli più diffusi all’epoca erano la Unique R51 in calibro 7,65 Browning e la MAC 50 in calibro 9x19. La scelta di un’arma a tamburo per uso di servizio in un calibro esuberante come il .357, fu inconsueta per un paese europeo e in un periodo in cui i corpi di polizia americani stavano iniziando ad abbandonare i revolver a favore delle semiautomatiche, ma a quanto risulta fu molto gradita dai corpi speciali francesi, primi tra tutti i GIGN e RAID che potevano contare su budget e programmi per l’addestramento al tiro di alto livello. In quegli anni in Francia era molto popolare e seguito il veterano della legione straniera Raymond Sasia, istruttore di tiro carismatico e paladino delle pistole a tamburo che ebbe certamente una parte non da poco nella decisione. Anche Christian Prouteau, il primo comandante del GIGN, ovvero il Gruppo di Intervento della Gendarmeria Nazionale, era convinto che se l’operatore era perfettamente addestrato nel tiro e dotato di un’arma di qualità, i soli sei colpi del revolver non rappresentavano un grosso problema. La riprova sul campo si ebbe il 26 dicembre 1994, quando il GIGN prese d’assalto il volo Air France 8969, dirottato a Marsiglia da terroristi del GIA (Gruppo Islamico Armato d'Algeria). Il capitano Thierry Prungnaud, che fungeva da elemento di punta, uccise due terroristi e ne ferì un terzo con il suo revolver MR73 con canna da 5 pollici e mezzo.

L’arma con il tamburo aperto e con le camere riempite con munizioni Geco Hexagon in .357 Magnum.

Alla fine degli anni Ottanta, tuttavia anche la Francia decise di adeguare l’armamento dei suoi poliziotti agli standard degli altri paesi adottando una pistola semiautomatica, dapprima una versione speciale della Beretta 92, poi sostituita nel 2003 dalla SIG Sauer 2022, entrambe semiautomatiche in calibro 9 Luger. Alla fine degli anni Novanta tutte le macchine utilizzate dalla Manurhin per la costruzione del revolver MR73 furono comprate dalla Chapuis, una delle poche fabbriche d’armi rimaste in Francia, che continua ancora oggi la sua produzione in diverse versioni.

Un revolver “custom” per la Gendarmeria

Il vivo di volata del revolver Manurhin MR73 è incassato per proteggere le rigature.

Il Manurhin MR 73 è un revolver con scatto a doppia azione in calibro .357 Magnum/9x19 ispirato allo schema meccanico degli Smith & Wesson M&P, quindi con molla del cane a lamina, ma che beneficia di alcuni notevoli miglioramenti. Non solo: il livello di finitura manuale a cui era sottoposto il revolver lo rendeva più costoso di circa il 50% rispetto alla concorrenza, ma permetteva all’utente di ottenere risultati impensabili per un’arma di ordinanza, sia in termini di precisione sia di qualità dello scatto.

Lo stesso trattamento superficiale nitrurato del grilletto è anche riservato al cane.

Una delle particolarità di questo revolver era poi la facilità con cui era convertibile in calibro 9 Luger sostituendo il tamburo, una particolarità riservata ai modelli in dotazione alle forze dell’ordine. La conversione era basata su un brevetto dello stesso Maillard che prevedeva per ogni camera del tamburo una molla a C che impegnava il rim della cartuccia 9 Luger mantenendola in posizione corretta e consentendone l’espulsione simultanea grazie a una stella di estrazione appositamente modificata. Nel progetto di Maillard, infatti, la slitta che comanda il ritorno del grilletto in doppia azione è controllata da una molla a lamina indipendente da quella del cane. La stessa slitta scorre su una coppia di rullini che rendono il ciclo di sparo in doppia azione incredibilmente dolce. Il sistema permette inoltre di regolare il peso dello scatto senza influenzare l’energia della molla del cane, quindi senza rischiare di compromettere l’affidabilità del revolver. Un altro vantaggio del progetto di Maillard che ha benefici su precisione e la velocità di ripetizione del colpo è la riduzione del tempo di percussione, l'MR73 ha infatti un angolo di caduta del cane di soli 42 gradi, rispetto ai 54 gradi dei revolver S&W e ai 60 gradi del Colt Python.

Non è tutto: le modifiche di Maillard non solo non compromettevano le quote del fusto, ma permettevano di renderlo ancora più robusto rispetto ai concorrenti. Se a questo unite materiali e finiture di altissimo livello, ecco che ci troveremo di fronte a uno dei migliori e più robusti revolver in calibro .357 Magnum mai costruiti.

La bella impugnatura semianatomica in noce presenta uno zigrino fine abbastanza ben fatto, con le cuspidi arrotondate per evitare abrasioni con le munizioni più… toste. 

Il revolver Manurhin MR 73 fu prodotto in diverse versioni da difesa e da tiro con lunghezze di canna di 2,5”, 3”, 4”, 5 ¼”, 5 ¾”, 6”, 8”, 10 ¾” anche in calibro .22 Long Rifle, .32 Long e .38 Special. In tutti i modelli la canna è spinata al telaio. Gli organi di mira potevano essere di due tipi: fissi, con tacca fresata direttamente nel telaio e mirino ricavato di pezzo nella bindella della canna, oppure con tacca regolabile e mirino su rampa riportato e spinato sulla canna, come quello che vedete nelle foto. La tacca di mira dei modelli da tiro sportivo, definita “Match” era arretrata di circa 2 centimetri rispetto al telaio, in modo da allungare ulteriormente la linea di mira mentre i mirini erano intercambiabili con modelli dal diverso profilo. Seguendo la moda del tempo, la canna è dotata di una larga bindella superiore e di un contrappeso inferiore che si prolunga fino alla volata e che incorpora completamente l’alberino di rotazione del tamburo. Oltre che a rendere l’arma molto attraente a livello estetico, il peso supplementare contribuisce a ridurre il rilevamento all’atto dello sparo. Le guancette potevano essere in legno di noce oppure in gomma con profilo semi-anatomico e in un vano al loro interno è custodita la chiave a brugola che si utilizza per regolare il gruppo di scatto. Il telaio è brunito in modo superbo, mentre le superfici interne sono satinate, una finezza d’altri tempi. Cane e grilletto hanno una finitura dai riflessi bronzei ad alta resistenza che protegge dalla corrosione questi due elementi, frequentemente a contatto con le dita dell’operatore.

Una versione speciale del modello con canna da otto pollici, dotato di bipiede ed equipaggiato con un cannocchiale a lungo fuoco montato sulla bindella fu adottato dal GIGN come arma per tiro di precisione a distanze medio-brevi.

Il grilletto è finito con un trattamento superficiale di nitrurazione dall’aspetto simile ad una tartarugatura ma straordinariamente resistente alla corrosione.
La canna presenta le scritte rullate sul lato sinistro, si noti che la canna è spinata.

Il Manurhin MR73 in poligono

Lasciamo ora la parola al nostro collega Franco Palamaro, che ha avuto occasione di provare una bellissima versione GIGN della Manurhin MR73, e da qui in poi la voce che racconta è la sua.

Il cane armato presenta un angolo di soli 42 gradi, per ridurre al minimo il tempo di scatto. Si noti il pulsante di sblocco del tamburo.

“Ho avuto il piacere di provare in poligono un revolver MR73 d’epoca, nella versione GIGN con canna da 3 pollici, mire regolabili e guancette in legno di noce. La Manurhin MR73 cade in mano perfettamente, è molto bilanciata, ergonomicamente eccellente, nell’impugnatura a due mani si allinea naturalmente al bersaglio, con una istintività notevole, come se avessi da sempre usato questo revolver. Le operazioni di caricamento e svuotamento del tamburo sono velocissime, anche grazie ai carichini – il proprietario impiega speedloaders normalmente usati per le Smith con telaio K – con il pulsante di apertura del tamburo perfetto per dimensioni e feedback di uso.

Al tiro la MR73 si comporta in modo nervoso, indubbiamente a causa della canna davvero corta. Il rinculo è secco, non fastidioso con le munizioni provate (il caricamento non è a piena potenza, sono cartucce da tiro concepite per la massima precisione contestualmente al miglior comfort e minor affaticamento nelle sessioni di allenamento), ma comunque meno morbido di armi dotate di canna da 6”; la corta linea di mira consente un livello di precisione elevato grazie alla grande qualità di realizzazione della tacca regolabile e del mirino.

Rosata con bersaglio a 25m in appoggio, scatto a singola azione. Munizioni GECO Hexagon da tiro in .357 Magnum, palla da 180 grani.

Lo scatto è a dir poco magnifico in doppia azione, morbidissimo e con uno stacco ben prevedibile, comunque sicuro a causa del peso elevato di sgancio – è un’arma che sottintende un impiego professionale - mentre in singola sembra di usare lo scatto di una carabina da tiro, tanto è piacevole e pulito, con la classica sensazione della “rottura di cristallo”.

La precisione al tiro non teme confronti, a 25m con cartucce GECO da tiro in .357 Magnum, palla Hexagon da 180 grani, 38mm di rosata (escludendo il diametro del proiettile) parlano da soli.

Il bossolo di risulta è perfetto, niente affumicature, pulito e integro, con una percussione talmente centrata che sembra fatta con il tornio.

Manurhin MR73: brevi conclusioni

Il revolver MR73 nella sua confezione originale: da notare che la vasca in polistirolo ha una sede per la conversione in 9x19 (dove si trova lo speed loader).

Il Manurhin MR73 è considerato uno dei migliori revolver moderni e a nostro parere questa fama è meritata, sia per la qualità costruttiva sia per quella degli scatti. Anche nella versione con canna da tre pollici la precisione è sbalorditiva. Bisogna dare atto a Gilbert Maillard di essere riuscito a migliorare un progetto di base già eccellente creando un’arma memorabile; un exploit ancora più interessante se consideriamo che negli anni Settanta del novecento la Francia non aveva alcuna esperienza recente nella produzione di armi a tamburo, visto che l’ultima arma del genere a essere prodotta da una fabbrica francese su il modello 1892 in calibro 8 Lebel, che pur sembrando preistorico rispetto al MR73 fu comunque il primo revolver d’ordinanza con tamburo basculante lateralmente (sul lato destro). Il nostro consiglio è: se trovate un Manurhin MR73 in buone condizioni sul mercato dell’usato, fateci un pensierino...

Scheda tecnica Manurhin MR73 GIGN calibro .357 Magnum

ModelloManurhin MR73 GIGN
Calibro.357 Magnum
Alimentazionetamburo da 6 colpi
Scattoazione mista
Miremirino fisso, tacca regolabile
Lunghezza canna3 pollici (76 mm)
Materiali telaio e canna in acciaio al carbonio
Impugnaturain legno di noce
Prezzoarma non più prodotta, reperibile sul mercato dell'usato
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