Se in Italia e in Paesi non anglofoni il nome di questa pistola consente di evidenziare una parentela stretta con la 92/98 pur identificando un nuovo modello, in inglese Ninety-Two, quando viene pronunciato, ha lo stesso suono del numero 92 e non indica un nuovo modello. Ma la pistola non è la stessa.
Una ragionata commistione dell’impianto meccanico della 92/98 e di svariate soluzioni adottate con la Px4 ha portato a una pistola diversa così come, in altri sistemi meccanici, la SIG è una pistola diversa dalla Colt 1911A1 e non una sua semplice rivisitazione, benché sia basata sul meccanismo Colt-Browning.
Naturalmente, si pone subito una domanda. Perché mai una Casa costruttrice che sta producendo una pistola nota in tutto il mondo e ancora molto richiesta si mette a progettarne un’altra?
Le risposte sono molte. La prima è che non si può vivere sugli allori. Il successo della 92/98, o M9 se vogliamo adottare la denominazione Usa, non esime dal seguire il progresso.
Le mode, in fatto di calibri da pistola, cambiano in fretta: se prima si usavano solo il .45 ACP e il 9x19, negli ultimi tempi il .40 Smith & Wesson si era fatto prepotentemente strada. Va aggiunto che il concetto di “full size” si è decisamente evoluto: una pistola come la 92/98 oggi è considerata grossa. Con buona pace di chi ci si trova benissimo, che tuttavia potrà continuare a trovarla nelle armerie.
Però una Casa costruttrice non può prescindere dalle richieste del mercato, perché solo i successi di vendita consentono lo sviluppo di nuovi prodotti.
Se gli acquirenti cercano pistole meno grosse, occorre dargliele. E se non le trovano da una Casa le acquisteranno da un altro produttore. Cosa ci poteva essere di meglio che proporre un’arma universalmente nota e apprezzata, ma che presentasse le linee richieste dal pubblico?
Inoltre, a differenza del mercato militare, quello del law enforcement è in evoluzione continua. Se il settore militare, giustamente, non considera la pistola come una scelta prioritaria, le forze di polizia ne hanno assoluto bisogno.
Con questi prerequisiti, una pistola che è stata venduta in così tanti esemplari, realizzata sia in calibro 9 che in .40, che ha conquistato sul campo una meritata fama di affidabilità, è un parametro dal quale nessuno può prescindere quando si debba progettare un’arma da fianco.
Tantomeno Beretta, che ha anche un non indifferente vantaggio sugli altri concorrenti. Quando la nuova pistola è fatta da Beretta, ovviamente, la tradizionale analisi dei prodotti della concorrenza, che si effettua sempre prima di partire con un nuovo progetto, assume un aspetto particolare.
Qui la concorrenza è interna e il paragone avviene con la loro produzione, visto che la 92/98, piaccia o no, resta la pistola che è stata costruita in quasi quattro milioni di esemplari. Solo certe produzioni del tempo di guerra, finora, avevano raggiunto un numero di esemplari paragonabile.
Ma in quel caso la produzione forzata aveva inciso in misura non indifferente su funzioni e finiture.
Per quanto l’arma sia nota, studiata, esaminata e provata, il suo costruttore avrà sempre qualche informazione in più. Per fare un esempio, nessuna arma nasce perfetta. È per questo che si realizzano i prototipi, si fa una preserie e si conducono prove estensive.
Essere a conoscenza di tutti i passaggi nello sviluppo dell’arma precedente è un indiscutibile vantaggio che ha condotto alla realizzazione della pistola più affidabile e avanzata tra quelle oggi presenti sul mercato. Se a queste caratteristiche si aggiunge la conoscenza perfetta dei coefficienti d’attrito nell’uso sul campo, il vantaggio diventa pressoché incolmabile.
Dovendo confrontarsi con un best-seller, le caratteristiche di progetto riguardanti le prestazioni della nuova pistola erano praticamente già definite. L’affidabilità era il primo irrinunciabile requisito; stile ed ergonomia erano le parole chiave per tutto il resto. Occorreva avere meno parti, un’affidabilità superiore (non facile), un’estetica accattivante, una lunga vita dell’arma e una grande modularità. Se questa è correttamente studiata, ogni singolo pezzo che sia disponibile in più versioni ha a che fare con il tipo di utilizzo dell’arma o con la sua ergonomia. L’intercambio delle parti non genera mai nulla di inutile, ma sempre qualcosa di specializzato.
Quanto all’estetica, che oggi è un fattore molto importante dal punto di vista commerciale, la Casa gardonese aveva da poco presentato sul mercato la serie “x4 Storm”. Ovvio che anche la nuova arma dovesse presentare un “family feeling” con tutta la serie. La matita di Giugiaro ha provveduto allo scopo.
L’arma non è solo un restyling di un modello che ha avuto una immensa diffusione, fino a essere venduto in oltre tre milioni e mezzo di esemplari. Ora probabilmente sono anche di più, perché il mio dato è di due anni fa.
Gli ultimi beneficiano già di un nuovo elemento presente sulla Ninety-Two e perfettamente intercambiabile. Si tratta del blocchetto oscillante, che è stato esaminato con un’analisi a elementi finiti ed è stato modificato in alcuni diedri e nel puntone di azionamento.
L’analisi agli elementi finiti è una tecnica comunemente utilizzata in campo aeronautico e automobilistico; ora è stata applicata anche in campo armiero.
Il blocchetto precedente, a dire il vero, funzionava benissimo. Ma sono radicalmente cambiate le munizioni.
Negli ultimi anni sono emerse polveri più potenti e meno costose. Questa seconda caratteristica, in particolare, ha fatto sì che fossero adottate su vasta scala dai fabbricanti di munizioni.
Ne consegue che vi sono cartucce “standard” in 9 mm ben più toste del già potente 9M38 italiano per il MAB. L’arma, ovviamente, deve poter digerire anche quelle, cosa che nella Ninety-Two avviene senza difficoltà. Ma che peraltro sarebbe da sconsigliare, perché quelle munizioni sottopongono l’arma a uno stress che è sostanzialmente inutile ai fini delle reali prestazioni a essa richieste. Camerare le mine non è mai opportuno.
Elenchiamo gli altri elementi che distinguono la nuova pistola dall’arma sua ispiratrice in ordine sparso, perché la Ninety-Two meriterebbe un esame più approfondito. Ma non l’abbiamo avuta a disposizione per un tempo sufficientemente lungo, quindi qualche dettaglio potrebbe essere non sufficientemente sottolineato. Ci atteniamo quindi agli appunti presi a Gardone durante la presentazione alla stampa, pronti peraltro ad aggiungere altri elementi se essi dovessero apparire in un secondo tempo.
La nuova pistola, per iniziare, ha la doppia leva di sicura di nuovo tipo, mutuata da quella della Px4. Scarrellando, la forma delle leve aiuta a togliere la sicura, non a inserirla. Giusto, perché se qualcuno mette il colpo in canna è perché vuole usare l’arma e deve averla immediatamente disponibile senza altre operazioni.
La pistola non ha perni cianfrinati, a vantaggio della migliore precisione costruttiva consentita dalle spine rettificate. E non solo. Il perno cianfrinato è collocato con precisione nella sua sede in fabbrica. Ma non è detto che un armaiolo di reparto sia così attento.
La conseguenza è quella di avere un perno che è lento nella sua sede e, soprattutto, di avere gli elementi tenuti in sede da quel perno che non rispettano più la geometria originale.
Se quei componenti sono, ad esempio, cane e controcane, la qualità dello scatto va immediatamente degradando.
La novità più interessante è un recoil buffer in alluminio, anch’esso “suggerito” dalle attuali munizioni. Abituati come siamo ai recoil buffer in elastomero o a molla, la scelta di un elemento rigido potrebbe sembrare poco influente, se non addirittura inconsulta. Ma un minimo di riflessione fuga subito questa considerazione superficiale. Va infatti considerato che non esiste materia anelastica e che ogni elemento ha un proprio modulo elastico ben definito e calcolabile.
Benché quindi il buffer possa sembrare rigido a un primo sguardo (è nella stessa lega del fusto), se ne sfrutta il modulo elastico più basso, che riduce la deformazione elastica del fusto di circa il 15%. Una quantità più che sufficiente a garantire una lunga vita dell’arma, specialmente perché la riduzione della deformazione elastica avviene in un punto ben preciso.
Secondo Beretta, che ovviamente conosce a fondo la pistola, la vita utile del recoil buffer si attesta al di sopra dei 30.000 colpi. Dopo di che la sostituzione è davvero agevole.
Altre caratteristiche, sempre in ordine sparso, sono che le mire hanno lo stesso trattamento al Superluminova già presente sulla Px4. Il materiale restituisce la luce dopo un’esposizione anche breve. È lo stesso utilizzato per le lancette degli orologi subacquei e si illumina senza abbagliare.
Per il passaggio repentino da una situazione di luce forte a una di penombra, o anche al buio, è una soluzione davvero utile, senza la delicatezza delle ampolle al trizio.
La molla di recupero è “captive”, autocontenuta col guidamolla. Un pezzo in meno, nel conteggio militare delle parti. Ai fini dello stesso conteggio le guancette sono state sostituite da una sola guancia monopezzo, intercambiabile in due versioni a dorso curvo e a dorso rettilineo che mantengono lo stesso trigger reach.
Lo spessore dell’arma non cambia con le versioni standard delle guancette: si è parlato di una versione slim che però al momento non è stato possibile vedere. La sostituzione delle guancette prevede l’uso di un cacciaspine, ma non è un problema. In fin dei conti, uno sceglie le guancette con cui si trova meglio e le monta in via definitiva. Lo zigrino delle guancette, posteriormente, è lo stesso della Px4. Un disegno che ha richiesto molti studi a molte sperimentazioni.
Come è ormai d’obbligo, anche questa pistola presenta una slitta Picatinny, intelligentemente coperta da una protezione in plastica. Quando la slitta non è usata, è bene non potersi ledere con spigoli acuti. Il coperchio ha una fessura che consente la lettura del numero di matricola senza necessità di rimuoverlo.
Il pacchetto di scatto è quello della Px4, già a sua volta derivato da quello della 92/98. Il cane è alleggerito.
Il bottone di sgancio del caricatore è stato ingentilito senza per questo che ne sia modificata la funzionalità. È un particolare che contribuisce all’estetica e al “family feeling”. La leva di smontaggio, così come la procedura di smontaggio, è identica alla 92/98.
In buona sostanza, chi conosca la 92/98 si troverà immediatamente a suo agio senza necessità di addestramento ulteriore, beneficiando tuttavia di un’evoluzione significativa.
Scheda Tecnica
Produttore: Beretta, Italia
Modello: Beretta 90two
Tipo: pistola semiautomatica
Data progettazione: 2006
Date di produzione: 2006-ancora in uso
Calibro: 9mm parabellum, 9x21mm IMI, .40 S&W
Varianti: Type F, Type G
Lunghezza: 216 mm
Lunghezza canna: 125mm
Azionamento: azione mista, singola e doppia
Velocità alla volata: 365 m/s(9mm Para-9mmx21),305 m/s(.40 S&W)
Tiro utile: 50-100m
Alimentazione: caricatori da 12 colpi (.40), 15 colpi (9x19 e 9x21)
Organi di mira: mirino e mira posteriore sul carrello-otturatore, amovibili
Peso: 920 g