Violazione di domicilio, lesioni personali e riabilitazione: una nuova sentenza del Consiglio di Stato 

I fatti

Tizio richiede un primo rilascio del porto d’armi ad uso venatorio il quale verrà rifiutato dalla Questura a causa di una condanna penale relativa ai reati di violazione di domicilio (art. 614 c.p.) e lesioni personali (art. 582 c.p.) ed una serie di reati di minore entità quali appropriazione indebita di cose smarrite (procedimento poi archiviato).

Tizio, in data 5 luglio 2016 otteneva la riabilitazione. Questo elemento sarà preponderante nella vicenda di cui ci stiamo occupando oggi, anche se in un senso tutt’altro che scontato.

Tizio proporrà un ricorso davanti al TAR con le motivazioni che vedremo  qui di seguito.

Col primo motivo Tizio sottolinea come vi sia stato un automatismo del tutto illegittimo di un provvedimento di rifiuto del porto d’armi poiché l’Amministrazione, a sua detta, non si sarebbe, di fatto, preoccupata di restituire una valutazione obiettiva e ponderata, come imporrebbero gli artt. 11 e 43 del tulps. Nella pratica, quindi, Tizio lamenta come l’Amministrazione si sia preoccupata di applicare in modo assoluto, automatico ed arbitrario un provvedimento di rifiuto quando, invece, si sarebbe dovuta preoccupare di valutare elementi quali l’apprezzabile lasso di tempo trascorso dai fatti, il fatto che da quel momento il soggetto abbia intrapreso una buona condotta di vita nel rispetto degli altrui diritti. Addirittura Tizio, in sede di ricorso al TAR, sollecita l’organo giudicante a sollevare la questione di costituzionalità sull’art. 43 tulps, poiché lo stesso andrebbe a contrastare, in modo plateale, gli artt. 3 e 27 della Costituzione nella parte in cui non si attribuirebbe importanza alla ottenuta riabilitazione. In sintesi, quindi, spieghiamo in modo chiaro cosicché anche i meno esperti possano capire: questione di costituzionalità significa che una certa legge (in tal caso l’art. 43 tulps) andrebbe a contrastare con quanto detto, invece, nella Costituzione e, visto che tutte le leggi nel nostro sistema giuridico devono obbligatoriamente rispettare quello che dice la Costituzione, allora si investe la Corte Costituzionale di valutare se, effettivamente, una certa legge contrasta o meno con la Costituzione e, quando questo contrasto viene effettivamente confermato, quella legge dovrà essere abrogata o modificata.

Il secondo motivo Tizio sottolinea, in modo generale, e rimarca quindi, quanto già ampiamente lamentato con il primo motivo; è passato molto tempo dalle avvenute condanne, gli elementi sono risalenti nel tempo, e lo stesso Tizio ha intrapreso una condotta di vita comunque generalmente improntata al rispetto delle regole.

Il ricorso in Consiglio di Stato e i motivi del rigetto

Il ricorso al TAR sarà rigettato e quindi la questione, su ricorso di Tizio, approda in Consiglio di Stato il quale, ve lo diciamo subito, confermerà il provvedimento di rifiuto emesso dalla Questura dando così torto a Tizio.

A questo punto il lettore potrebbe chiedersi, in modo anche legittimo, come abbiano ragionato i giudici per arrivare a confermare un provvedimento del genere in presenza di una avvenuta riabilitazione. Sta a noi rispondere a questa domanda.

Leggendo il testo della sentenza, notiamo come i giudici amministrativi si siano preoccupati di ricostruire la storia giuridica dell’art. 43 del tulps.

La precedente formulazione, il testo precedente del 43 tulps (prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 104 del 2018) prevedeva che, in presenza di certe condanne, vi dovesse essere un automatico rifiuto del porto d’armi. Non si menzionava la rilevanza, e quindi il ruolo, di una avvenuta riabilitazione.

Sappiamo che l’art. 43 del tulps va obbligatoriamente letto assieme all’art. 11 dello stesso testo, il quale stabilisce che “Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate … a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione”.

In tal senso si sono formati, in seno alla giurisprudenza e quindi nell’interpretazione della materia, due orientamenti giurisprudenziali circa la possibilità, o meno, di attribuire rilevanza all’avvenuta riabilitazione del soggetto.

Come era prevedibile, un primo orientamento confermava una interpretazione più favorevole nei confronti della persona che richiedeva un porto d’armi; secondo questo orientamento, di fatto, l’Amministrazione avrebbe dovuto sempre operare una valutazione oggettiva e ponderata nei confronti di una situazione eventualmente caratterizzata da condanne ma nei confronti delle quali era intervenuta la  riabilitazione.

Il secondo orientamento, certamente più restrittivo, prevedeva nella sostanza di applicare in modo automatico un provvedimento di rifiuto anche nei confronti di chi abbia ottenuto la riabilitazione quando il soggetto presenti una richiesta di rilascio di una autorizzazione di polizia in materia di armi, lasciando invece la possibilità di ponderare la valutazione quando si faccia invece richiesta di una autorizzazione di polizia in generale. Non tutte le autorizzazioni di polizia riguardano le armi.

Si sottolinea, di nuovo, ma questo ormai lo sappiamo, come l’autorizzazione al possesso di armi sia da considerarsi una eccezione ad un generale divieto che trova riscontro  nell’art. 699 del codice penale e nell’art. 4, primo comma, della legge 18 aprile 1975 n. 110.

Il testo della sentenza, poi, continua affermando come la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato abbia recepito la modifica intervenuta sul 43 tulps da parte del d.lgs 104 del 2018 affermando come anche in tal caso (autorizzazioni di polizia in materia di armi) l’Amministrazione sia chiamata ad operare una valutazione ponderata del richiedente soprattutto quando lo stesso abbia ottenuto una riabilitazione.

In sintesi, quindi, stando a quanto ammesso dal Consiglio di Stato,  lo stesso organo si sarebbe in effetto preoccupato di porre in essere quella necessaria valutazione ponderata che è richiesta dalla legge e, proprio in virtù di tale valutazione ponderata, sarebbero emersi tutta una serie di elementi che certamente confermavano come Tizio non fosse soggetto pienamente affidabile. La condotta di Tizio è, a detta del Consiglio di Stato, non improntata al vivere civile ed al rispetto delle regole.

Cosa ci dice questa sentenza

Appare chiaro che la sentenza di oggi ci dice una cosa molto chiara, che l’appassionato di armi deve conoscere e che non può, in alcun modo, trascurare.

In presenza di riabilitazione è vero che l’Amministrazione dovrà per forza valutare in modo obiettivo il richiedente ma attenzione ! questa necessaria valutazione ponderata ed oggettiva non è garanzia di automatico giudizio favorevole. Non è che perché l’Amministrazione deve per forza valutare più elementi allora questo significa la garanzia di valutazione favorevole, anzi ! è proprio grazie ad una valutazione più permeante che potrebbero emergere elementi che vadano ad avvalorare il giudicato sfavorevole dell’Amministrazione. Infatti nella vicenda di Tizio che abbiamo appena letto è vero che era intervenuta la riabilitazione, e questo fatto viene preso in considerazione dai giudici, ma emergevano ulteriori elementi a carico del soggetto che, come si legge nella sentenza, testimoniavano pienamente come lo stesso avesse, in generale, una condotta di vita non ispirata al rispetto degli altrui diritti.

Normative di riferimento

Artt. 11 e 43 tulps
D.lgs. 104 del 2018
Artt. 699 codice penale
Art. 614 codice penale
Art. 582 codice penale

Video: Violazione di domicilio, lesioni personali e riabilitazione


Corrado Maria Petrucci 

Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia 

Responsabile rubrica legale  All4shooters.com  /  All4hunters.com      

email: legalall4shooters@gmail.com