Sondaggio dell'Unione Europea sulle armi da fuoco: votate tutti!

Non è un mistero che le grandi istituzioni sovrannazionali in tutto il mondo non vedano di buon occhio il possesso di armi da fuoco da parte dei comuni cittadini; ne sono testimoni le norme, inserite nell'ultimo trattato ONU sul commercio di armi (Arms Trade Treaty) riguardanti specificamente il commercio transnazionale di armi sportive. Nel corso degli anni ci siamo abituati ad andamenti "altalenanti" anche della posizione dell'Unione Europea. Questa volta, però, abbiamo la possibilità di farci sentire. Fino al 17 di giugno, infatti, sarà possibile esprimere la propria opinione On-Line tramite un sondaggio lanciato dall'Unione Europea: "Un approccio comune per ridurre i danni causati dall'uso di armi da fuoco nell'UE a fini criminali".

La premessa del sondaggio dichiara che:

La Commissione europea desidera consultare i cittadini e i soggetti interessati sugli interventi necessari per ridurre la minaccia delle armi da fuoco nell’UE. I contributi inviati confluiranno nella comunicazione che la Commissione sta preparando in vista dell'adozione alla fine di quest’anno e verranno integrati nelle eventuali future proposte legislative e altre iniziative.

Purtroppo, gli intenti sottesi di questa mossa sono rese subito evidenti nelle righe successive:

Le armi da fuoco sono un elemento ricorrente quando si parla di reati gravi, terrorismo e mercati illeciti. I fucili e le altre armi analoghe sono generalmente prodotti legalmente, ma funzionano per decenni e possono essere utilizzati per scopi criminali con conseguenze nefaste, come è accaduto di recente negli attentati di Tolosa, Utøya e Liegi. Il commercio di armi da fuoco può generare profitti, che arricchiscono la criminalità organizzata e minano lo Stato di diritto. Queste armi possono essere acquistate illegalmente nelle ex zone di conflitto, come i Balcani occidentali, o vengono prodotte mediante la riconversione di armi disattivate o l'assemblaggio di componenti in vendita su Internet.

Oltre a mentire sul ruolo delle armi sportive − che nascono semi-automatiche, con una destinazione d'uso prettamente civile! − nelle vicende di cronaca nera internazionale, si mente anche sulla possibilità di riattivazione di quelle disattivate e sull'assemblaggio "con componenti in vendita su Internet", e addirittura si demonizza il fatto che le armi prodotte legalmente "funzionano per decenni" − come se fosse auspicabile che una pistola o una carabina si rompessero irreparabilmente dopo pochi colpi!

Infine, si lodano come una gran cosa le normative internazionali e gli accordi che, lungi da rendere difficile la vita delle organizzazioni criminali che trafficano armi militari in zone di conflitto e ai delinquenti di strada, penalizzano quotidianamente i cittadini onesti:

Molti Stati membri hanno ratificato il protocollo delle Nazioni Unite sulle armi da fuoco, che vieta la fabbricazione illecita di armi da fuoco e il loro trasferimento tra Stati senza che gli Stati interessati siano a conoscenza del trasferimento e vi abbiano acconsentito. Ispirandosi al protocollo, l’UE ha adottato norme severe per controllare le importazioni ed esportazioni di armi da fuoco e rintracciarle più facilmente. Dal 2010 l'UE si è impagnata ad attuare un piano d'azione per contrastare il traffico clandestino di tali armi. Tuttavia, oltre alle norme commerciali nell’UE, non esiste un approccio comune per agevolare la cooperazione di polizia in questo settore, né vi sono definizioni comuni dei reati e delle sanzioni.

Sondaggio UE sulle armi da fuoco
Il timore legittimo è che si vogliano giustificare misure restrittive a livello comunitario

Il questionario contiene 25 domande suddivise in cinque sezioni: domande preliminari, il ruolo dell’UE nella lotta al traffico e all'uso di armi da fuoco, produzione legale, possesso e vendita delle armi da fuoco, stoccaggio, disattivazione e distruzione, ollaborazione con i paesi terzi, cooperazione tra forze di polizia, statistiche e rapporti. Le domande contenute nel modulo sono formulate in maniera piuttosto pelosa, e ad un occhio smaliziato la malafede è evidente: il tentativo di giustificare ulteriori misure restrittive a livello comunitario; una tendenza che potrebbe trovare anche da noi un auditorio ricettivo, alla luce anche della tragedia che si è svolta lo scorso 28 aprile di fronte a Palazzo Chigi. È dunque necessario, ora più che mai, che gli appassionati d'armi di tutt'Italia e tutt'Europa facciano sentire la loro voce tramite il questionario presente sul sito della Commissione Europea. Potrebbe non esserci, in futuro, un'altra occasione per far comprendere ai burocrati di Strasburgo e Bruxelles che le leggi vigenti nei paesi membri sono già sufficienti − ed anzi, a volte finanche troppo restrittive! − ad affrontare il problema, peraltro marginale, dell'impiego di armi da fuoco civili e sportive per usi criminali in Europa; che non è necessario intervenire se non in maniera più incisiva direttamente contro le grandi organizzazioni criminali e terroristiche; soprattutto, che non interessa, né deve interessare, alla burocrazia europea cosa i cittadini onesti possiedono ed usano; e soprattutto che il possesso e l'uso legale di armi da fuoco non dev'essere contrastato ed attaccato ad ogni pié sospinto, ma riconosciuto positivamente e sostenuto, spingendo magari per un rilassamento delle leggi nazionali negli stati membri (è l'esempio del Regno Unito) che pongono restrizioni ai limiti della dittatura, con l'unico risultato di creare Èlite protette dai corpi dello Stato e di lasciare i comuni cittadini alla mercé di criminali armati fino ai denti.