Riabilitazione penale e porto d’armi

L’istituto della riabilitazione penale

L’istituto della riabilitazione penale consente al cittadino che la richiede di cancellare gli effetti di una condanna di natura penale. L’istituto, che viene regolato dall’art. 179 del codice penale, è basato sulla dimostrazione della buona condotta di vita intrapresa dal soggetto che abbia scontato una pena a causa della commissione di un reato.

Uno dei primi elementi affinché la riabilitazione sia concessa è l’apprezzabile lasso di tempo intercorso tra il momento in cui il soggetto abbia espiato la propria condanna ed il momento in cui lo stesso presenti una istanza per ottenere, appunto, la riabilitazione. Di fatto, quindi, una condotta di vita incentrata sul pacifico rispetto delle regole e del vivere civile deve essere intrapresa e mantenuta dal soggetto per un tempo che non sia ristretto.

La riabilitazione, una volta ottenuta, permette la cancellazione di quegli effetti penali che potrebbero essere definiti come, in sostanza, residuali rispetto alla pena principale comminata. Che cosa intendiamo per effetti residuali ? Sappiamo bene che, nel diritto penale, spesso e volentieri oltre alla applicazione di una pena principale, come la pena detentiva ad esempio, si applicano nei confronti del reo una serie di pene accessorie che hanno natura strettamente punitiva e pregiudizievole nei confronti del condannato. Uno degli esempi classici è il ritiro del porto d’armi oppure l’eventuale diniego in sede di richiesta di primo rilascio. Alla base di queste pene accessorie vi è la necessità di tutelare tutta una serie di pubblici e legittimi interessi come, nel caso delle licenze di porto d’armi, la pubblica sicurezza.

Le condizioni affinché un soggetto possa presentare istanza di riabilitazione sono prima di tutto il decorso di almeno 3 anni dall’avvenuta espiazione o, altrimenti, estinzione della pena. Successivamente sarà necessario dimostrare, come accennato poc'anzi, di aver intrapreso una condotta di vita incentrata sulla buona condotta. In ultima istanza sarà necessario dimostrare di aver pagato le spese processuali ed eventuali obblighi di natura risarcitoria derivanti dal reato.

Riportiamo, per completezza espositiva, il testo dell’art. 179 del codice penale.

La riabilitazione è conceduta quando siano decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o siasi in altro modo estinta, e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta.

2. Il termine è di almeno otto anni se si tratta di recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99.

3. Il termine è di dieci anni se si tratta di delinquenti abituali, professionali o per tendenza e decorre dal giorno in cui sia stato revocato l'ordine di assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro.

4. Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena ai sensi dell'articolo 163, primo, secondo e terzo comma, il termine di cui al primo comma decorre dallo stesso momento dal quale decorre il termine di sospensione della pena.

5. Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena ai sensi del quarto comma dell'articolo 163, la riabilitazione è concessa allo scadere del termine di un anno di cui al medesimo quarto comma, purché sussistano le altre condizioni previste dal presente articolo.

6. La riabilitazione non può essere conceduta quando il condannato:

1) sia stato sottoposto a misura di sicurezza, tranne che si tratti di espulsione dello straniero dallo Stato ovvero di confisca, e il provvedimento non sia stato revocato;

2) non abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che dimostri di trovarsi nella impossibilità di adempierle.

7. La riabilitazione concessa a norma dei commi precedenti non produce effetti sulle pene accessorie perpetue. Decorso un termine non inferiore a sette anni dalla riabilitazione, la pena accessoria perpetua è dichiarata estinta, quando il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta.

Riabilitazione penale e porto d’armi

Partiamo prima di tutto da un importante riferimento normativo. Il d.lgs. 104 del 2018, ed in particolare l’art. 3, comma 1 lett. E) ha modificato l’art. 43 comma 2 del Testo unico di leggi di pubblica sicurezza prescrivendo che la licenza di portare armi può essere riscusata ai soggetto di cui al primo comma qualora sia intervenuta la riabilitazione penale, ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati, e a chi non può provare la propria buona condotta e non da affidamento di non abusare di armi. 

Appare chiaro che, in tema di rilascio di porto d’armi, essendo la materia oggetto di diritto amministrativo, è necessario rifarci al pensiero oramai pacifico ed acclarato del Consiglio di Stato che, con la sua ormai granitica giurisprudenza in materia, ha di fatto stabilito come anche nel caso di intervenuta riabilitazione penale sarà obbligatorio per l’amministrazione porre in essere una valutazione sia omnicomprensiva della situazione psicologica, sociale, di vita e di condotta del soggetto eventualmente richiedente una licenza di porto d’armi. Di fatto il Consiglio di Stato ha sottolineato come sia necessario che, tra il momento della espiazione della condanna ed il momento di richiesta del porto d’armi, sia passato un apprezzabile lasso di tempo, e che non siano incorse nuove situazioni che possano essere considerate come pregiudizievoli e che, come già menzionato, il soggetto abbia intrapreso in modo acclarato una condotta di vita ispirata al rispetto delle regole e del buon vivere civile.

Normative di riferimento

Art. 179 codice penale

Art. 3 comma 1 lett. E) d.lgs 104 del 2018

Art. 43 del Tulps

Video: Riabilitazione penale e porto d’armi



Corrado Maria Petrucci 

Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia 

Responsabile rubrica legale  All4shooters.com  /  All4hunters.com      

email:  legalall4shooters@gmail.com