Porto di coltello: riferimenti normativi ed aggiornamenti giurisprudenziali

Cosa dice la legge sul porto di coltello?

In questo caso sarà utile il riferimento all’art. 4 che vieta tassativamente di portare con se un coltello, che viene comunque dal legislatore fatto rientrare nel novero degli strumenti da punta o da taglio che, per le circostanze di tempo e di luogo, può essere utilizzato per l’offesa alla persona, se non si ha un giustificato motivo che deve essere oggettivo, vero, ed immediatamente riscontrabile.

Per fare un rapido esempio: il cacciatore che va a caccia può portare con sé il coltello, dato che per il tipo di attività che egli si accinge a svolgere, il coltello è un utile strumento per ottemperare a certe esigenze. Stesso discorso per l’agricoltore che si reca nel proprio podere per lavorare la terra. Anche qui, un coltello ma anche attrezzi quali accette, mannaie, falci, sono tranquillamente trasportabili ad esempio nella propria auto purché, in sede di controllo, si sia in grado di dimostrare che, in quel dato momento, ci si stava recando a lavorare la terra.

Quando uno strumento da punta o taglio può essere considerato arma in senso proprio o improprio?

Vediamo ora di risolvere anche questo dubbio. Vediamo cosa dice l’art. 45 del R.D. 6 maggio 1940.

Per gli effetti dell'art. 30 della Legge, sono considerati armi gli strumenti da punta e taglio, la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona, come pugnali, stiletti e simili.

Non sono considerati armi, per gli effetti dello stesso articolo, gli strumenti da punta e da taglio, che, pur potendo occasionalmente servire all'offesa, hanno una specifica e diversa destinazione, come gli strumenti da lavoro, e quelli destinati ad uso domestico, agricolo, scientifico, sportivo, industriale e simili.

Quindi: pugnali, stiletti, baionette ecc. sono armi in senso proprio. Questo significa che sono da sottoporsi alla disciplina delle armi in senso proprio.  È intervenuta in questo caso la Cassazione che, con sentenza 8032 del 22 febbraio 2019, ha chiaramente stabilito che sono da considerarsi armi in senso proprio, “quegli strumenti da punta e taglio che abbiano quelle caratteristiche tipiche delle armi bianche corte, e cioè il doppio filo della lama e la punta acuta. Nel caso della baionetta poi, la presenza del dispositivo di blocco che permette di inastarla sul fucile è un elemento fondamentale per stabilirne l'attitudine a offendere.”

La differenza, come dice il legislatore del 1940, sta nella “destinazione naturale”. Questo significa che se uno strumento viene concepito, progettato, e costruito per offendere avrà per forza alcune caratteristiche peculiari che ne definiscano la destinazione naturale. Il pugnale, per esempio, che è stato appositamente concepito per la difesa ed il combattimento, avrà per forza di cose il doppio filo e la punta acuminata; in questo modo sarà possibile infondere colpi da ogni direzione massimizzando l’effetto offesa e danneggiamento nei confronti dell’avversario.

Le dimensioni contano?

È errore comune pensare che le dimensioni contino qualcosa quando si parla di coltelli. l luogo comune relativo alle famose "quattro dita" parte dall’art. 80 del R.D. 6 maggio 1940 n. 635 (Regolamento di attuazione del TULPS) il quale stabiliva, in sostanza, che si potevano escludere dal novero degli strumenti atti ad offendere, e quindi si potevano portare, ad esempio coltelli o forbici la cui lama non avesse una lunghezza superiore ai quattro centimetri (quindi non quattro dita!!!).

Questa differenza non esiste più. L’art. 80 infatti fa riferimento, a sua volta, all’art. 42 del TULPS ed in particolare ai primi due commi i quali  sono stati abrogati proprio dall’art. 4 della legge 18 aprile 1975 n. 110.  Quindi anche un coltello con lama di 3 cm non può essere portato se non per giustificato motivo.

Coltello dimenticato nella tasca: sentenza della Cassazione sulla particolare tenuità del fatto

Vediamo ora una interessante sentenza della Corte di Cassazione che riguarda proprio il porto di coltello.  La sentenza di riferimento è la n. 35387 della I sez. penale.

Tizio in sede di controllo viene trovato con un coltello nella tasca dei pantaloni. Egli si giustificherà con gli agenti di pubblica sicurezza affermando che il coltello era stato inavvertitamente dimenticato nella tasca, poiché lo stesso oggetto veniva da lui abitualmente usato come attrezzo da lavoro agricolo.  

A quel punto scatterà per lui la denuncia e, purtroppo, la vicenda prenderà una brutta piega tale da arrivare fino davanti la Cassazione si pronuncerà nel modo che segue.

Volendo fare una sintesi, la Cassazione ha voluto dare ragione a Tizio riconoscendo allo stesso la particolare tenuità del fatto ai sensi del 131 bis codice penale, riconoscendone quindi la non punibilità in quanto l’evento era scaturito da una semplice dimenticanza, mera negligenza. In particolare, rileva la Suprema Corte, emergeva anche come Tizio fosse incensurato e quindi non abituale in certi comportamenti criminosi. Il fatto che la condotta di egli sia da considerarsi specchiata e priva condanne in passato, ha fatto sì che i giudici ne riconoscessero la non responsabilità relativamente alla questione.

Ricordiamo sempre che, per quanto la Cassazione riconosca, almeno a livello teorico, in alcuni casi la particolare tenuità del fatto da cui discende la non punibilità, questo non significa però che ci si debba sentire autorizzati a girare con un coltello in tasca giustificandosi, ove si sia sottoposti a controllo, adducendo una semplice dimenticanza. Ricordiamoci sempre che i processi costano tempo e denaro. Fate quindi moltissima attenzione.

Normative di riferimento

Art 4 legge 18 aprile 1975 n. 110

Art. 131 codice penale

Art. 40 R.D. 635 del 1940



Corrado Maria Petrucci 

Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia 

Responsabile rubrica legale  All4shooters.com  /  All4hunters.com      

email: legalall4shooters@gmail.com