Porto di coltello: chiarimenti normativi e giurisprudenziali

La normativa di riferimento: l’art. 4 della legge 18 aprile 1975 n. 110

Partiamo subito con un importante riferimento normativo, forse il più importante. Secondo quanto stabilito dall’art.  4 della legge 18 aprile 1975 n. 110

“ […]Senza giustificato motivo, non possono portarsi, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l'offesa alla persona […].”

Gli elementi che emergono da questo articolo sono molti, e tutti utili ed interessanti. Prima di tutto il giustificato motivo per il porto, al di fuori della propria abitazione o pertinenze, di bastoni con puntale e, nel caso che interessa a noi, di strumenti di punta e taglio atti ad offendere. Giustificato motivo significa una ragione che sia valida, effettivamente verificabile e dimostrabile sul momento, e non dopo, in caso di controllo da parte delle forze dell’ordine, e che sia soprattutto legale e che non comprometta la pubblica sicurezza. Se si va a caccia, attività perfettamente legale se svolta con i dovuti permessi e nei tempi e nei luoghi stabiliti dalla legge, il porto di coltello è sempre giustificato. Infatti durante l’esercizio venatorio un coltello è per forza strumento utile. Se si esce per andare a prendere un caffè con un amico, o si va dal commercialista, e ci si porta dietro un coltello, questo non è assolutamente legale. Non vi è infatti alcun motivo che giustifichi il porto di coltello in questo caso.

Se si è proprietari di un terreno lontano dalla nostra abitazione, è perfettamente legale portare con sé, ad esempio, una falce nella propria automobile quando ci si reca al terreno per svolgere dei lavori.

Il legislatore ci dice, inoltre, che è vietato il porto di qualsiasi strumento che non sia da considerarsi propriamente arma da punta o da taglio ma che sia utilizzabile, nel concreto - e quindi nella circostanza di tempo e luogo - per l’offesa alla persona.

Esempio: se si va allo stadio e ci si porta dietro un taglierino, uno strumento da taglio che non è stato concepito per offendere la persona ma come utensile utile a svolgere lavori manuali, è chiaro che a determinare il guaio sarà la circostanza di tempo e di luogo (la partita allo stadio). Giustificare, in caso di controllo da parte delle forze dell’ordine, il fatto di avere addosso un taglierino mentre si è allo stadio, apparirà certamente molto ma molto difficile.  E questo vale per quello strumento da taglio non appositamente concepito per offendere (es. taglierino) e sia, ed ancora di più, per strumenti quali i pugnali, che sono considerati armi a tutti gli effetti.

Quando uno strumento da punta e/o taglio è da considerarsi arma in senso proprio o improprio ?

Questa è la domanda che tantissimi appassionati, più o meno esperti, si pongono. Domanda a cui spesso, tanti pseudo-esperti rispondono in modo errato.

Vediamo cosa dice l’art. 45 del R.D. 6 MAGGIO 1940 n. 635

Per gli effetti dell'art. 30 della Legge, sono considerati armi gli strumenti da punta e taglio, la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona, come pugnali, stiletti e simili.

Non sono considerati armi, per gli effetti dello stesso articolo, gli strumenti da punta e da taglio, che, pur potendo occasionalmente servire all'offesa, hanno una specifica e diversa destinazione, come gli strumenti da lavoro, e quelli destinati ad uso domestico, agricolo, scientifico, sportivo, industriale e simili.

Quindi: pugnali, stiletti, baionette ecc. sono armi in senso proprio. Questo significa che sono da sottoporsi alla disciplina delle armi in senso proprio.  È intervenuta in questo caso la Cassazione che, con sentenza 8032 del 22 febraio 2019, ha chiaramente stabilito che sono da considerarsi armi in senso proprio, quegli strumenti da punta e taglio che abbiano quelle caratteristiche tipiche delle armi bianche corte, e cioè il doppio filo della lama e la punta acuta. Nel caso della baionetta poi, la presenza del dispositivo di blocco che permette di inastarla sul fucile è un elemento fondamentale per stabilirne l'attitudine a offendere.

Il coltello da bistecca, il taglierino, la falce, il machete, le forbici non sono armi in senso proprio. Sono strumenti da punta e taglio che non sono stati concepiti, disegnati, progettati e costruiti per offendere ma che, all’occasione, possono essere utilizzati per offendere. Sono quindi armi in senso improprio. Anche il semplice taglierino può, in un determinato e particolare contesto, diventare arma.

La differenza, come dice il legislatore del 1940, sta nella “destinazione naturale”. Questo significa che se uno strumento viene concepito, progettato, e costruito per offendere avrà per forza alcune caratteristiche peculiari che ne definiscano la destinazione naturale. Il pugnale, per esempio, che è stato appositamente concepito per la difesa ed il combattimento, avrà per forza di cose il doppio filo e la punta acuminata; in questo modo sarà possibile infondere colpi da ogni direzione massimizzando l’effetto offesa e danneggiamento nei confronti dell’avversario.

Il coltello da bistecca, invece, seppur concepito per tagliare la carne, non è stato concepito come strumento per offendere la persona anche se potrebbe essere utilizzato allo scopo. Ed è quindi logico che, se si viene sorpresi con un coltello da bistecca addosso ad esempio ad una manifestazione o quando si è in piazza a prendere l’aperitivo, si avranno problemi. Può essere considerato quindi arma impropria.

Il machete, se concepito, progettato e disegnato per tagliare rami di grosse dimensioni potrebbe comunque essere utilizzato come arma e quindi per offendere la persona. Stesso discorso vale per la falce.

La differenza la fa il luogo ed il tempo. Se vi fermano mentre andate all’orto con una falce e lo dimostrate, nessuno vi potrà dire nulla. Se vi fermano con un machete mentre andate alla partita di calcio di vostro figlio, vi denunciano.

Che sia chiaro, se si viene fermati fuori dalla propria abitazione con un coltello addosso e ci si giustifica adducendo come motivazione la necessità di difendersi, anche in questo caso si rischia una denuncia. Per la necessità di difendersi fuori dalla propria abitazione, nell’immediatezza di una aggressione, esiste il porto d’armi da difesa personale che viene rilasciato solo se si dimostri il concreto rischio per la propria incolumità. Il resto sono chiacchiere sui social.

Le dimensioni contano?

Doppi sensi a parte, le dimensioni non contano. C’è questo luogo comune delle famigerate 4 dita, che se fatto proprio potrebbe dare problemi davvero complessi da risolvere.

Partiamo da un presupposto. Il luogo comune relativo alle famose 4 dita parte dall’art. 80 del R.D. 6 maggio 1940 n. 635 (Regolamento di attuazione del tulps) il quale stabiliva, in sostanza, che si potevano escludere dal novero degli strumenti atti ad offendere, e quindi si potevano portare, ad esempio coltelli o forbici la cui lama non avesse una lunghezza superiore ai 4 cm (quindi non 4 dita!!!).

Questa differenza non esiste più. L’art. 80 infatti fa riferimento, a sua volta, all’art. 42 del Tulps ed in particolare ai primi due commi i quali  sono stati abrogati proprio dall’art. 4 della legge 18 aprile 1975 n. 110.  Quindi anche un coltello con lama di 3 cm non può essere portato se non per giustificato motivo.

Sintetizzando

Per portare addosso il coltello ci vuole il giustificato motivo. Secondo la Cassazione “il giustificato motivo di cui all'art. 4 comma 2 legge 110 del 1975 ricorre quando le esigenze dell'agente siano corrispondenti a regole relazionali lecite, rapportate alla natura dell'oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell'accadimento e alla normale funzione dell'oggetto" (Cass. Sez. I n. 4498 del 14.1.2008, rv 238946).

La giustificazione deve essere fornita nell’immediatezza dei fatti e del controllo da parte delle forze dell’ordine. 

Normative di riferimento

R.D. 18 giugno 1931 n. 773 (Testo unico di leggi di pubblica sicurezza)

R.D. 6 Maggio 1940 n. 635  (Regolamento di attuazione del Testo unico di leggi di pubblica sicurezza)

Sentenze di riferimento

Cass. Sez. I N. 4498 del 14 gennaio 2008

Cass. N.  8032 del 22 febraio 2019

Video: Porto di coltello, chiarimenti normativi e giurisprudenziali


Corrado Maria Petrucci 

Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia 

Responsabile rubrica legale  All4shooters.com  /  All4hunters.com      

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