Obbligo di denuncia delle armi bianche: la nuova sentenza della Cassazione

I fatti

Tizio presenta ricorso per Cassazione perché era stato condannato per la detenzione, senza denuncia, di una baionetta e di alcune munizioni. Tizio adduceva, in riferimento alla baionetta, che la stessa versava in uno stato di così avanzato deterioramento dovuto alla ruggine, che la stessa poteva considerarsi sostanzialmente come un mero pezzo di ferro, totalmente inservibile e quindi non in grado di offendere.

Dal punto di vista della normativa di riferimento addotta da Tizio, sulla quale il medesimo ha costruito il proprio impianto difensivo, troviamo la menzione della modifica dell’art. 38 del Testo unico di leggi di pubblica sicurezza operata dall’art. 3 comma 1, lett. E) del d.lgs. 26 ottobre 2010 n. 204 il quale a sua volta recepisce la direttiva 2008/51/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008  la quale ha modificato la direttiva 9114/77/CE del Consiglio, in materia di controllo ed acquisizione di armi. Ai sensi di tali passaggi normativi, l’obbligo di denuncia riguarderebbe solo le armi da fuoco.

La normativa di riferimento – Circolare Min. Interno del 17 gennaio 2020

Per comprendere in modo chiaro quali siano le normative di riferimento e quale interpretazione va data alla disciplina in materia di acquisto, detenzione, porto e trasporto delle armi bianche è intervenuto il Ministero dell’Interno con la circolare del 17 gennaio 2020 (Circolare 557/PAS/U/000644/10171(20)). La ragione primaria di questa circolare è stata quella di rispondere alle numerosissime richieste di chiarimento che pervenivano all’Ufficio legislativo del Ministero della Difesa.

La circolare, prima di tutto, enuclea quello che è il quadro normativo di riferimento richiamando l’art. 30 del Tulps, secondo cui sono, ai fini amministrativi, “armi proprie” quelle da sparo e tutte quelle la cui destinazione finale è l’offesa alla persona. Successivamente, ai sensi dell’art. 585 c.p. sono da ricomprendersi nella qualificazione giuridica di arma “anche tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo”.

Infine, ai sensi dell’art. 45 primo comma del R.D. 6 maggio 1940 n. 635, in riferimento all’art. 30 del tulps, sono da considerarsi armi anche “… gli strumenti da punta e taglio, la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona, come pugnali, stiletti o simili”.

 In ordine quindi alla disciplina appena menzionata, in tale categoria rientrano tutti quegli strumenti non specificatamente menzionati nelle norme, ma che per le loro caratteristiche ingegneristiche e di funzionamento, possono considerarsi deputate all’offesa alla persona, se muniti di punta e di taglio devono considerarsi sottoposte alla disciplina delle armi con tutte le conseguenze giuridiche del caso quali porto, trasporto, acquisto e, soprattutto, obbligo di denuncia e titolarità di titoli abilitativi al possesso.

La decisione della Cassazione

Tornando quindi alla sentenza di cui al primo paragrafo, la Cassazione prima di tutto evidenzia come la considerazione addotta da Tizio in relazione allo stato di deterioramento della baionetta sia, in sostanza, una mera considerazione di fatto che non ha trovato assolutamente riscontro davanti al giudice di merito.

Per quanto riguarda, invece, la mancata denuncia del possesso della baionetta, la stessa, avendo quelle caratteristiche ingegneristiche e strutturali tipiche di uno strumento al cui destinazione finale è l’offesa alla persona, rientrerebbe in pieno nella disciplina delle armi in senso proprio.

Evidenzia infatti la Corte che “secondo la giurisprudenza di legittimità l’omessa denuncia della detenzione di una “baionetta”, costituendo, questa, un’arma in senso proprio e non una parte di arma (a Sez. U, n. 11137 del 24/11/1984, Bottin, Rv. 167101; Sez. 1, n. 5045 del 14/2/1986, Calvi, Rv. 172998), integra la contestata contravvenzione di detenzione abusiva di armi, incombendo sul detentore l’obbligo di farne denuncia al locale Ufficio di pubblica scurezza ai sensi dell’art. 38, comma 1, r.d. 18 giugno 1931, n. 773. E ciò anche a seguito delle modifiche apportate dall’art. 3, comma 1, lett. e), d.lgs. 26 ottobre 2010, n. 204, che ha limitato l’obbligo di denuncia alle sole parti di armi da fuoco, come definite dall’art. 1-bis, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 527, secondo quanto di recente ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, con arresto pienamente condivisibile, che deve essere riaffermato in questa occasione (Sez. 1, n. 21303 del 21/9/2016, dep. 2017, Galbiati, Rv. 269953)”.

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