Liti condominiali e conseguenze sul porto d’armi

I fatti

Tizio e Caio discutono pesantemente e dalla lite, che inizialmente si manteneva su scambi di natura strettamente verbale, si passa alle percosse. Entrambi i litiganti si recano al pronto soccorso facendo refertare al personale medico di essere stati rispettivamente oggetto di aggressione e quindi di percosse. L’oggetto della lite verteva sul fatto che Caio avesse tagliato, illegittimamente, un tronco di larice apposto da Tizio in prossimità delle loro abitazioni.

Tizio querela Caio ed a quest’ultimo viene revocato dal questore il porto d’armi ad uso caccia ed un fucile regolarmente posseduto e denunciato.

Caio quindi propone ricorso avverso il provvedimento emesso dal questore sostenendo le proprie ragioni con motivazioni di natura sia procedurale che di merito.

Prima di tutto, infatti, egli sostiene come non gli sia mai stata notificata la comunicazione di avvio del procedimento di revoca del porto d’armi. Da tale fattore egli lamenta di essersi visto precludere il proprio diritto alla difesa ed alla contestazione della versione che Tizio aveva raccontato in sede di querela.

Egli, inoltre, lamenta come la motivazione addotta dal questore per la revoca del porto d’armi sia, di fatto, manchevole sotto molteplici punti di vista, per nulla basata su fatti oggettivamente riscontrabili lamentando, inoltre, l’assurdità del giudizio prognostico di inaffidabilità fatto a suo carico dall’amministrazione.

Cosa dice la legge

Appare necessario fare, adesso, alcune constatazioni di natura strettamente tecnica e giuridica, per capire in che modo si possa giungere ad un giudizio di inaffidabilità e come la legge ne riconosca la piena sussistenza.

Prima di tutto richiamiamo all’attenzione del lettore gli artt. 11 e 43 del R.D. 18 giugno 1931 n. 773, con cui il legislatore ha, in modo assolutamente chiaro, enucleato quei casi in cui il porto d’armi deve essere ricusato o, altrimenti, direttamente negati in sede di domanda di primo rilascio.

L’art. 11 terzo comma, in specie, dice apertamente che le licenze di porto d’armi devono essere negate a chi sia stato condannato per delitti contro la persona: le percosse, oggetto di denuncia fatta ai danni di Caio da parte di Tizio rientra a pieno titolo nel novero dei delitti e dei reati contro la persona. Le percosse, infatti, sono regolate dall’art. 581 del codice penale.

Ricordiamo inoltre come la valutazione del questore circa l’affidabilità trovi nella legge il riconoscimento di ampia discrezionalità che, comunque, non deve mai in alcun modo sfociare in decisioni di natura parziale ed arbitraria.

Nel testo della sentenza, infatti, viene riportato l’art. 43 del Tulps il quale riconosce al Questore l’ampio potere discrezionale di valutare l’affidabilità di un soggetto proprio per tutelare valori di assoluta rilevanza come l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza e tale giudizio di potenziale inaffidabilità potrebbe inoltre trovare riscontro sulla scorta di circostanze atipiche e quindi non per forza sulla base di giudizi di natura strettamente penalistica.

Si riporta, sempre nel testo della sentenza, due importantissime sentenze della Corte Costituzionale, e cioè la sentenza dell’11 febbraio 1981 n. 24 e quella del 16 dicembre 1993 n. 440 con le quali la Corte Costituzionale ha affermato come la licenza di portare armi al di fuori della propria abitazione e delle pertinenze della stessa sia da considerarsi non già un diritto soggettivo legittimamente riconosciuto, ma, al contrario, una eccezione ad un generico divieto.

La decisione

Sulla base di quanto abbiamo appena riportato, la decisione ai danni di Caio non potrà che essere di natura negativa. Sulla base proprio di circostanze strettamente atipiche prescindenti quindi da valutazioni e conseguenze di natura strettamente penalistica, e sulla base del giudizio dei “più probabile che non” l’amministrazione ha proteso verso un giudizio di piena inaffidabilità del ricorrente e quindi  il tribunale ha conseguentemente tolto il porto d’armi a Caio.

In sintesi: la Questura, secondo il TAR, ha legittimamente tolto il porto d’armi a Caio proprio perché la lite con il vicino, che ha portato a percosse perfettamente attestate dai referti di pronto soccorso, anche se sul piano penalistico non ha avuto conseguenze, ha comunque dimostrato come Caio sia persona comunque inaffidabile per possedere armi.

Tra le altre cose il TAR riconosce che Caio, proprio in virtù di quanto attestato dallo stesso Tizio, si trovi con questo in uno stato di gravissima litigiosità e conflittualità e quindi, sulla base di tale conflittualità, il TAR ha confermato quanto stabilito dalla Questura per la quale è altamente probabile che anche in futuro vi saranno altri episodi di pesanti conflitti.

Normative di riferimento

Artt. 11  e 43 R.D. 18 giugno 1931 n. 773

Art. 581 codice penale

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Corrado Maria Petrucci 

Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia 

Responsabile rubrica legale  All4shooters.com  /  All4hunters.com      

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