La Cassazione torna sulla corretta custodia delle armi

I fatti

Tizio ricorre per Cassazione avverso la sentenza di condanna emessa in primo grado, e confermata in appello, che lo condannava al pagamento di una ammenda di euro 200 ed alla confisca delle proprie armi. Durante un controllo da parte delle forze dell’ordine allo stesso veniva contestata la mancata diligenza nella custodia delle armi ed in particolare di tre pistole, fucili e munizioni all’interno della propria abitazione.

Tizio, a sostegno della propria tesi e delle proprie argomentazioni, eccepisce come in realtà egli abbia in realtà adottato le dovute attenzioni e le dovute premure per la custodia delle proprie armi. Infatti, sebbene all’interno della propria abitazione non vi fosse un impianto di allarme, l’abitazione stessa era comunque protetta da porte con serratura ed in particolare la porta d’ingresso  avrebbe, a detta di Tizio, anche una sbarra che assicurerebbe l’impossibilità di accesso da parte di non autorizzati. L’abitazione avrebbe avuto anche inferriate alle finestre, tutte. Inoltre Tizio, vivendo da solo, eccepiva come le persone che frequentavano la propria casa, all’epoca dei fatti, fossero solo i figli, maggiorenni ed entrambi titolari di licenza di porto d’armi, quindi non imperiti all’uso e maneggio di armi.

In particolare, l’elemento che a noi interessa in questo caso, è il fatto che al momento del controllo da parte dei Carabinieri, gli stessi verbalizzavano un fatto assai particolare. Le armi erano nella pronta ed immediata disponibilità del proprietario, quindi, anche potenzialmente, accessibili a chiunque.

Cosa dice la normativa

Come abbiamo già imparato, è necessario ribadire in questo caso cosa dice la normativa in relazione alla custodia di armi e munizioni. Ci viene in aiuto l’art. l’art. 20  della Legge n. 110 del 1975 stabilisce che “la custodia delle armi […] e degli esplosivi deve essere assicurata con ogni diligenza nell’interesse della sicurezza pubblica”. Come è possibile evincere la dicitura, non a caso, è volutamente generica. La genericità è uno strumento che il legislatore utilizza per poter sottendere ad una certa disciplina derivante da una norma giuridica tutta una serie di fattispecie e quindi situazioni che possono configurarsi comunque nel modo più vario e disparato.

L’elemento che interessa notare qui è il bene giuridico sotteso a questa tutela e cioè la pubblica sicurezza.

È infatti fatto obbligo agli appassionati o, comunque, a chi lavora nel settore delle armi e ne ha piena disponibilità evitare, con ogni diligenza possibile, l’accesso alle armi da parte di imperiti o comunque persone che potrebbero farne un uso diverso dalla destinazione finale dell’arma stessa magari detenuta per il tiro sportivo o per l’attività venatoria.

I motivi del rigetto del ricorso

La Corte di Cassazione decide che il ricorso è infondato e giustifica la propria decisione adducendo le motivazioni che seguono. Il materiale oggetto della questione veniva infatti tenuto da Tizio, almeno al momento del controllo, su mensole, dietro la porta d’ingresso della camera da letto, a lato del letto stesso, all’interno di un comodino,  ed in un cassetto della cucina. Il tutto privo di sistemi di chiusura quali, ad esempio, una serratura.

Il giudice di merito, secondo la Cassazione, ha ritenuto sostanzialmente, e giustificando le proprie argomentazioni con la giurisprudenza pacifica della stessa Corte, che il dovere di diligenza nella custodia delle armi e delle munizioni non potesse in alcun modo ritenersi pienamente adempiuto dalla mera e semplice adozione di sistemi di antifurto. La norma, infatti, parla chiaro. La violazione della stessa si integra non già quando a mancare sia l’adozione di specifiche misure di sicurezza, peraltro obbligatorie per alcune categorie come collezionisti di armi o rivenditori autorizzati, ma quando, invece, ad essere inficiata sia la vera e propria custodia delle armi. Nel senso che la ratio della norma è quella non solo di scongiurare l’appropriazione e l’accesso indebito alle armi da parte di malintenzionati ma anche dagli abituali frequentatori della casa, quali familiari ed amici.

Secondo il tribunale, infatti, in questo caso, la mera adozione di cancelli con serratura, sbarre e catenacci alle porte non è, in alcun modo, elemento sufficiente a scongiurare il pericolo di accesso alle armi da parte di imperiti.

I nostri consigli

Come avrete di certo imparato, non a caso la normativa relativa alla diligenza nella custodia delle armi è generica. In tal modo il legislatore sottende alla disciplina un numero sempre maggiore di fattispecie sulle quali poi i giudici dovranno pronunciarsi. La giurisprudenza della Cassazione ha ritenuto, ad esempio, diligentemente custodite quelle armi riposte in luogo occulto e non individuabile da terzi, oppure in luogo chiuso all’interno dell’abitazione o di sue pertinenze  a cui non era concesso l’accesso indiscriminato a chiunque ne in modo immediato a chi frequentava la casa. Noi di All4shooters consigliamo sempre di chiudere le armi in una cassaforte che sia costruita nel rispetto delle normative vigenti in materia e che sia collocata in un luogo ove sia difficile un eventuale tentativo di scasso e di asporto della medesima.

Normative di riferimento

Legge 18 aprile 1975 n. 110 artt. 20  e 20-bis

Testo unico di leggi di pubblica sicurezza (R.D. 18 Giugno 1931 n. 773)

Codice penale

Sentenze di riferimento

Cassazione - sentenza n. 11334 del 24 marzo 2021 prima sezione penale

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Corrado Maria Petrucci 

Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia 

Responsabile rubrica legale  All4shooters.com  /  All4hunters.com      

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