Bimbo a scuola con cartuccia a pallini: revocata la licenza al padre

Il fatto

Immaginate che vi chiamino da scuola e vi dicano che vostro figlio ha portato in classe una cartuccia cal. 12. Come ci rimarreste? È quanto accaduto in Campania, in una scuola elementare, in cui un bambino si è presentato una mattina con una cartuccia nello zaino. Tra lo stupore dei compagni, certamente affascinati dall’oggetto che, almeno a quell’età, non si vede tutti i giorni, le insegnanti, giustamente allarmate e preoccupate, avvertivano la dirigente scolastica che, immediatamente, segnalava l’accaduto alle forze dell’ordine.

Fulmineo l’intervento degli agenti che subito davano inizio alle indagini che hanno portato, successivamente, alla revoca del porto d’armi ai danni del padre del bambino.

L’Amministrazione contestava la “scarsa o nulla diligenza nella custodia delle armi” da parte del papà. Tale scarsa o nulla diligenza si sarebbe infatti desunta dal fatto che un minore convivente avesse potuto accedere alle munizioni e portarne una in classe.

Il ricorso

Il papà del bambino decide di presentare ricorso nei confronti del provvedimento della Prefettura (provvedimento ex art. 39 tulps) asserendo che tale provvedimento fosse da considerarsi illegittimo, in ragione del fatto che, al momento del controllo da parte delle forze dell’ordine nella propria abitazione, le armi risultavano, in effetti, correttamente custodite all’interno di una fuciliera blindata, perfettamente chiusa.

il ricorso verrà comunque rigettato e il papà decide di presentare quindi ricorso al TAR.

Il rigetto del ricorso al TAR

Anche il Tribunale Amministrativo Regionale darà torto al malcapitato papà con le ragioni che di seguito vi mostriamo.

Come abbiamo ben capito, di fatto, l’Amministrazione contesta il fatto che il ricorrente abbia mal custodito le proprie armi, non applicando la dovuta diligenza come richiesto dalla legge (art. 20 della legge 18 aprile 1975 n. 110).

Tale mancata diligenza non si è desunta dal fatto che le armi non fossero state correttamente custodite dal soggetto quando, nei suoi confronti, si procedeva a controllo. Abbiamo infatti già detto che, quando gli agenti di pubblica sicurezza procedevano a controllo, senza alcun problema verbalizzavano come le armi fossero, in effetti, correttamente custodite all’interno di una fuciliera blindata.

La mancata diligenza, come ovvio che sia, viene desunta dal fatto che un minore convivente abbia potuto, in qualche modo, accedere alle munizioni e, dopo essersi impossessato di una di queste, portarla a scuola.

Il fatto che tale eventualità si sia verificata (non viene detto esattamente come sia stato possibile) ha fatto dedurre all’Amministrazione come le armi fossero, in effetti, mal custodite essendo praticamente a piena disposizione addirittura di un bambino il quale, presumibilmente, non è in grado di aprire con una chiave una fuciliera blindata a quattro, anche cinque mandate o, addirittura, ad inserire un codice sulla tastiera di una eventuale serratura con chiusura elettronica.

La fattispecie quindi così ricostruita, ha fatto quindi propendere l’Amministrazione per un giudizio di totale inaffidabilità nei confronti del disattento papà.

Cosa dice la legge?

Dopo aver ricostruito il fatto, che certamente ha dell’incedibile, è utile qui andare a vedere cosa dice la legge in materia di corretta custodia di armi e munizioni.

Ci interessa, nel particolare, prendere in esame l’art. 20 della legge 18 aprile 1975 n. 110 che, esplicitamente, dice che la custodia delle armi e degli esplosivi deve essere assicurata con ogni diligenza del caso nell’interesse della pubblica sicurezza.

la dicitura che il legislatore utilizza non è, a caso, vaga e di ampio respiro. È infatti impossibile definire e stabilire i confini logici e giuridici del termine “ogni diligenza del caso”.

Ci viene in aiuto la giurisprudenza della Cassazione che ha stabilito che la corretta e piena diligenza nella custodia delle armi deve essere valutata secondo ciò che accade più spesso, o potrebbe di solito accadere. Per i più avvezzi al diritto il principio è quello dell’ id quod plerumque accidit.

Spieghiamo cosa significa. Dal momento in cui Tizio dovesse decidere di acquistare un’arma, qualsiasi essa sia, dovrà custodirla valutando la situazione in cui l’arma sarà inserita, una volta entrata in casa. Tizio dovrà valutare la presenza, in casa propria, di conviventi imperiti all’uso delle armi, eventuali minori conviventi o tossicodipendenti (speriamo di no!) o se la zona in cui egli vive è purtroppo caratterizzata da un alto tasso di criminalità. Tutti elementi, ma non solo questi, che un uomo dotato della diligenza del buon padre di famiglia dovrà considerare quando dovrà portare a casa un’arma appena acquistata. L’arma dovrà quindi essere solo ed esclusivamente nella piena, ma anche potenziale disponibilità dell’interessato. Nessuno, oltre a lui, dovrà potervi accedere.

Capite bene che, così impostata, la questione apre un mondo fatto di valutazioni sempre diverse, mai uguali tra di loro, ed è appunto per questo che il legislatore ha voluto essere così generico quando ha elaborato l’art. 20 della legge 18 aprile 1975 n. 110.

Qualche consiglio utile

La sentenza di cui al primo paragrafo non dice come abbia fatto il bimbo a prendere una cartuccia e a portarla a scuola. Le cose potrebbero essere andate sostanzialmente in due modi.

Le nostre sono supposizioni!

Primo, magari mentre il papà sistemava la fuciliera ed il tesoretto con le cartucce all’interno, magari per procedere ad una pulizia di stagione, avendo tirato fuori tutto dalla fuciliera, avrebbe potuto far cadere accidentalmente una cartuccia che, rotolando, sarà finita chissà dove. Il bambino, giocando in casa, potrebbe averla trovata e messa in tasca e portata a scuola.

Secondo, il papà, di ritorno da una battuta di caccia o da una sessione di allenamento al tiro a volo, potrebbe essersi ritrovato in tasca una cartuccia non ancora esplosa e, nella fretta e nella disattenzione, potrebbe averla poggiata da qualche parte. Anche qui il bambino potrebbe averla trovata ed essersene furtivamente appropriato.

È improbabile, come già detto, che il bambino possa aver aperto autonomamente la fuciliera. Parliamo di un bambino delle elementari. Tra le altre cose, la giurisprudenza afferma come anche le chiavi che chiudono una fuciliera devono esser custodite affinché l’unico a potervi accedere sia il legittimo proprietario, lui e solo lui.

Alla luce delle nostre supposizioni, il consiglio è quello di fare sempre attenzione a ciò che ci rimane in tasca dopo essere tornati dalla caccia o dal poligono; nella frenesia e nei vari pensieri che purtroppo ci assalgono nuovamente, dopo esserci rilassati a caccia o a fare sport con le nostre armi, la possibilità di una semplice disattenzione può costare davvero carissimo. Ricordiamoci sempre che fare ricorso al Tar costa soldi ed energie e non sempre l’investimento è utile. Nel caso di specie, le probabilità che, nel caso la questione approdi al Consiglio di Stato (massimo organo giudicante in materia amministrativa) il malcapitato papà si veda ridare il porto d’armi sono esigue.

Anche quando si dovesse decidere di fare una pulizia generale della fuciliera, eseguite sempre da soli l’operazione e mai e poi mai in presenza di altre persone. Ripetiamo, e non ci stancheremo mai di dirlo, che anche le più piccole disattenzioni possono costare carissimo! un bambino è affascinato dalle armi, lo siamo stati tutti fin da piccoli, e, nell’innocenza che è della loro età, potrebbero appropriarsi di qualcosa che è meglio non tocchino almeno fino a quando non prenderanno il porto d’armi da grandi. Fate quindi molta attenzione.

Normative di riferimento

Art. 39 Testo unico di leggi di pubblica sicurezza

Art. 20 legge 18 aprile 1975 n. 110

Video: Bimbo a scuola con cartuccia a pallini, revocata la licenza al padre



Corrado Maria Petrucci 

Esperto in Diritto delle Armi e della Caccia 

Responsabile rubrica legale  All4shooters.com  /  All4hunters.com      

email: legalall4shooters@gmail.com