Armi senza pace

La Lega Nord, nel corso della discussione che stava riguardando l’approvazione del predetto decreto (che contiene molte disposizioni di legge e le armi rappresentavano solo una piccola parte), presentava un emendamento con il quale si proponeva la totale cancellazione del nostro art. 1; l’emendamento veniva messo al voto in aula e raccoglieva i voti necessari alla sua approvazione grazie all’insolita (per questi tempi politici) alleanza tra la Lega ed il PDL.

La nuova normativa in materia di armi, sulla quale tanto si era discusso, è stata cancellata in un attimo, con un tratto di penna “parlamentare”, e il tutto all’insaputa dei diretti interessati, ovvero le associazioni dei produttori di armi che, anzi, nelle stesse ore, stavano intavolando fruttuose trattative con il PD per far presentare (e, soprattutto, votare) degli emendamenti necessari per aggiustare il tiro dell’articolo 1 del decreto 79.

La conseguenza di questo voto sarà che il sistema disegnato dalla predetta norma resterà in vigore fino alla sua scadenza naturale, quella del 20 agosto, e poi sparirà nel nulla, come non fosse mai esistito, lasciando il Paese nella totale anarchia. Di fatto non vivrà mai, perché ora non vedo per quale motivo il BNP dovrebbe preoccuparsi di avviare un sistema informatico per la elencazione dei modelli, sapendo che al rientro dalle ferie dovrà buttarlo nel cestino; anche chi deve importare un’arma o immetterla sul mercato, a questo punto, aspetterà la riapertura del BNP dopo la pausa estiva per non rischiare che la sua richiesta venga inoltrata alla CCCCA.

Sinceramente appare molto difficile comprendere il perché di questa mossa politica e soprattutto chi siano gli scellerati consiglieri che possono aver ispirato questo emendamento; non crediamo che la scelta possa essere nata nelle stanze di via Bellerio, dove in questo momento hanno ben altro cui pensare.

Non si capisce, però, a chi possa giovare questa assurda cancellazione di una norma che, con tutti i suoi difetti, comunque rappresentava una regolamentazione del settore più snella e funzionale rispetto alla precedente e che, per come si stavano mettendo le cose nelle stanze dei palazzi romani, aveva buone possibilità di essere corretta e migliorata. Ora si torna alla più totale incertezza, con un settore così complesso e delicato come quello delle armi privo di una pur minima regolamentazione.

La cosa fa ancora più sorridere (in senso ironico) se si pensa che tutto ciò accade nel Paese con il più elevato numero di norme in vigore al mondo, nel quale si è regolamentato di tutto, dai bisognini dei cani all’accesso delle bibite negli impianti sportivi.

Non esiste nazione al mondo che non abbia previsto quale tipologia di armi può liberamente circolare sul suo territorio, perché anche se è vero che non sarà una “normetta” a garantire la sicurezza di uno Stato, bisogna pur mettere un freno alle smanie degli appassionati (a quanti di voi piacerebbe tenere un cannone anticarro funzionante come arredo per il giardino?).

L’assenza di una normativa specifica non farà altro che ricreare quella profonda incertezza che in questi mesi (dalla soppressione del Catalogo Nazionale alla emanazione del decreto 79) ha attanagliato il settore.

L’incertezza è la cosa peggiore che ci si possa augurare in un periodo di grave crisi economica quale l’attuale. I cittadini, tormentati da sempre più pressanti balzelli e con lo spettro di poter perdere il loro lavoro da un momento all’altro (per i più fortunati che ancora hanno un’occupazione), sono portati a spendere con estrema parsimonia; le armi, che sono certamente un bene voluttuario, non rientrano tra le attuali priorità delle famiglie. Se poi si hanno anche incertezze circa la sorte che in un futuro più o meno lontano i miei costosi giocattoli potrebbero subire, ecco allora che si rinuncia ben volentieri al nuovo acquisto, a favore di qualcosa di più utile.

L’incertezza è estremamente negativa anche per le aziende, che prima di avventurarsi nella progettazione e produzione di una nuova arma, vorrebbero avere certezze circa la possibilità di poterla poi commercializzare. Per le aziende e gli appassionati, quindi, una qualsiasi normativa sarebbe più vantaggiosa del nulla. Chi ha voluto il nulla, non ha tenuto conto che l’attuale impianto della legge 110/75 prevede che tutte le licenze per la produzione, vendita ed esportazione di armi comuni sono rilasciate dalle autorità di P.S., alle quali, però, quali siano le armi comuni doveva dirlo il Catalogo Nazionale.

Ora che il Catalogo non c’è più e nessun’altra norma aiuta a definire quali sono le armi comuni, teoricamente dovranno essere le singole autorità di P.S. a decidere autonomamente se l’operazione per la quale si richiede la licenza rientra nell’ambito dell’articolo 31 del TULPS, in quanto le armi interessate sono quelle indicate dall’art. 2 della legge 110/75, cioè quelle comuni da sparo. Ma le singole autorità chiamate dalla legge a rilasciare tali licenze (che spesso sono dei semplici agenti della Polizia di Stato) solitamente non hanno la competenza tecnica per capire, dai soli dati riportati nell’istanza (marca, modello e calibro dell’arma), se quell’oggetto ha le caratteristiche richieste dal citato art. 2. Cosa accadrà quindi? Semplice: nulla.

Molti uffici non rilasceranno autorizzazioni in attesa di avere precise istruzioni dal Ministero; altri faranno espliciti quesiti al Ministero e non assumeranno iniziative in attesa di risposte; ben pochi si prenderanno la responsabilità di autorizzare l’importazione di nuove armi, specie se di calibri “inconsueti” (tipo il .50 BMG?) o lunghe semiautomatiche. E tra le nuove armi immesse sul mercato non potranno esservi armi sportive, perché ora non c’è più alcuno strumento normativo per attribuire tale qualifica; chi, per ragioni di numeri in detenzione, avrà necessità di munirsi di un’arma sportiva, dovrà rivolgere le sue attenzioni solo ai vecchi modelli iscritti nel Catalogo Nazionale, almeno fin quando essi saranno disponibili sul mercato.

Temo, quindi, che andremo incontro a un periodo molto buio, destinato a perdurare almeno fino alla prossima legislatura; dopo quanto accaduto in Senato, con l’evidente spaccatura della maggioranza e la strana estemporanea alleanza tra ex alleati di governo (stimolata, con molta probabilità, da accordi sotto banco per ottenere un sostegno politico per far passare le proposte di riforma costituzionale in chiave “presidenzialista”), appare molto difficile immaginare che qualcuno voglia avventurarsi ancora in questo campo minato parlamentare rappresentato dalle armi.

Cari appassionati di armi, godiamo allora le ferie e questi ultimi giorni di regolamentazione della materia e, dopo ferragosto, buona anarchia a tutti!