Winchester M1

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Winchester M1
Data la perdurante popolarità della carabina M1 tra tiratori civili, collezionisti e cacciatori, numerose aziende tra cui la Remington continuano a proporre sul mercato caricamenti in cal.30-M1 Carbine

“Più piccolo, più piccolo, più piccolo!”. Le guerre moderne, fatte perlopiù di scontri a bassa intensità e di breve durata su distanze ridotte, anche in ambiente urbano, hanno portato alla nascita di due grandi tendenze, fonti di controversia. La prima, la distribuzione tra le truppe di carabine al posto dei fucili: armi essenzialmente identiche ma con canna più corta, di dimensioni ridotte, più maneggevoli in ambienti ristretti ma penalizzate in quanto a prestazioni balistiche.

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Di fronte alla guardia del grilletto sono posizionate la leva della sicura manuale e il pulsante di rilascio del caricatore amovibile

La seconda, la costante richiesta di armi PDW, o Personal Defence Weapons, da affidare a personale specializzato o di retrovia, che colmi il gap tra arma da fianco (pistola), e l’ingombrante fucile/carabina che un geniere, un medico o un pilota d’elicottero non possono portare con sé; in questo caso, il problema sorge nel trovare un compromesso tra portabilità, intesa come insieme accettabile di dimensioni e peso, e potenza di fuoco, intesa come prestazioni dell’arma sia per gittata e precisione, sia della balistica terminale; un gap che non può essere colmato dalle pistole mitragliatrici, che utilizzando munizioni per arma corta non garantiscono efficacia contro bersagli protetti. Il risultato è una ridda di design diversi che vanno dalle versioni ultra-corte dei fucili d’assalto, alle armi super-futuristiche con munizioni proprietarie più o meno efficaci ma completamente fuori standard.

Ma... ehi, un momento! Chi ha detto che questa necessità è una cosa nuova? Niente di più falso! Stiamo soltanto rivivendo un dilemma che quasi settant’anni fa, per la precisione nei tardi anni ʼ30, fece lambiccare il cervello a molti tecnici armieri e ufficiali dell’Esercito degli Stati Uniti. 

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Caricatore prismatico in lamierino dʼacciaio, della capacità di quindici colpi

All’epoca era appena stato adottato il leggendario M1 Garand, che sarebbe rimasto in servizio per molto tempo, sia negli USA che all’estero, e che accontentava tutti... o quasi. Sì, perché il calibro era il .30-06 Springfield, lo stesso dei fucili a ripetizione Springfield M1903 e Eddystone P17 con cui gli USA avevano combattuto la Prima guerra mondiale, e lo stesso utilizzato in armi quali il fucile automatico BAR M1918 A1 e le mitragliatrici Browning M1917 e M1919. Un calibro dalla gittata chilometrica, preciso, potente…

Ma all’inizio, quando si era dato il via al processo d’adozione, il calibro del nuovo fucile doveva essere il più piccolo .276-Pedersen, cartuccia che avrebbe permesso la produzione di un’arma più leggera e maneggevole, e con un rinculo minore. Si era infine deciso di mantenere il .30-06, di cui gli arsenali militari erano stracolmi, per non causare problemi di standardizzazione e riorganizzazione produttiva e logistica con conseguenti aggravi di costi per le casse pubbliche di un Paese che stava ancora riprendendosi dello shock economico della Grande Depressione. 

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Carabina Winchester M1 vista dal lato destro
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Munizioni su due file, a presentazione singola, sullʼelevatore del caricatore, di cui esisteva anche una versione da trenta colpi

In soldoni, l’adozione del Garand non aveva affatto risolto il problema per cui era stato adottato: si trattava di un fucile ancora troppo lungo e pesante, con un rinculo punitivo, poco adatto a unità di retrovia, paracadutisti e truppe d’assalto rapido che necessitavano di un’arma dalla maggiore portabilità ma con prestazioni superiori a quelle della cartuccia calibro .45 ACP utilizzata nelle pistole M1911 A1 e le PM Thompson. Anche questi ultimi sarebbero stati accettabili, salvo il peso. Ma i Tommy Gun erano troppo costosi, ragion per cui non erano in dotazione in grandi numeri; e il PM M3 Grease Gun era di là da venire.

Bisognava quindi rimettersi al tavolo di progettazione. La richiesta fu avanzata ufficialmente nel 1938 allo Ordnance Department dell’Esercito USA, e fu approvata nel 1940, innescando una gara tra le principali industrie armiere americane. Tra queste, Winchester. Nel 1939, alla morte del suo ingegnere capo Ed Browning, parente del più famoso John Moses, la Winchester assunse David Marshall Williams nella speranza che potesse dare il tocco finale ai suoi progetti lasciati in sospeso.

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Otturatore della carabina M1 in chiusura
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Otturatore aperto, cartuccia pronta a essere spinta in camera

Williams era un personaggio singolare, la cui figura fu anche spunto per il film del 1952 Carabina Williams interpretato da James Stewart: apprendista fabbro, scartato dalla Marina e da un’accademia militare, all’epoca del Proibizionismo si era buttato nella produzione clandestina di liquori, il che gli aveva fruttato una condanna a trent’anni per la morte di un vice sceriffo durante un’irruzione nella sua distilleria. Durante il suo periodo “dietro le sbarre”, il sovrintendente della prigione aveva notato la sua abilità nella meccanica e lo aveva destinato al lavoro presso l’officina interna. Lì Williams si era distinto per l’abilità nel riparare le armi da fuoco delle guardie carcerarie. Si era dato anche al disegno tecnico, arrivando a concepire due principi che aveva fatto brevettare e che avrebbero rivoluzionato il mondo armiero: il pistone a corsa corta e la camera flottante. La sua abilità gli guadagnò molte simpatie, e nel 1929 il governatore del North Carolina gli concesse un forte sconto di pena; nel 1931 fu rilasciato. 

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Vista sinistra della Winchester M1

Il suo primo atto alla Winchester fu di metter mano al prototipo del Winchester Military Rifle di Ed Browning, un’arma in .30-06 che era stata proposta al concorso per la sostituzione del M1903 poi vinto dal Garand, e il cui sistema di funzionamento a otturatore basculante a chiusura posteriore aveva dato prova di scarsa affidabilità. Williams vi incorporò il suo sistema di pistone a corsa corta, oltre a un otturatore girevole e una barra di funzionamento mutuati dal fucile Garand. Il resto del lavoro lo fecero altri tecnici Winchester, William C. Roemer e Fred Humeston, che provvidero a rimpicciolirlo, dotandolo di una canna di 458 mm. Per l’inizio del 1941, il prototipo finale era pronto: pesava circa 2,5 kg e la sua impostazione di carabina semiautomatica alimentata da un caricatore estraibile da 15 colpi era ripresa dalla vecchia Winchester M1905. In effetti il prototipo finale ne utilizzava alcune parti nell’assemblaggio. La calciatura era classica, in legno. L’aspetto esteriore, soprattutto dell’azione, ricordava quello del fucile Garand, tanto che nel corso degli anni la carabina sarebbe stata conosciuta anche col nickname “Baby Garand”, efficace ma fattualmente scorretto.

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La robusta tacca di mira anteriore e le sue alette di protezione

Derivata dalla munizione della M1905, la .32-WSL, era anche la cartuccia sviluppata per la nuova carabina: chiamata .30-Carbine, ne era essenzialmente una versione Rimless per facilitare l’estrazione. La cartuccia era molto diversa da qualsiasi altro calibro .30. Più piccola, la .30-Carbine (in metrica 7,62x33 mm) usava inneschi non corrosivi e una palla da 110 grani a punta arrotondata. Sparata dalla canna da 18” della carabina, la cartuccia sviluppava una V0 di circa 600 m/s, una via di mezzo tra la munizione di una pistola mitragliatrice e quella di un fucile d’ordinanza dell’epoca, con una gittata effettiva massima di circa 270 m. 

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Primo piano della tacca di mira posteriore regolabile

Ovviamente le sue prestazioni lasciavano un po’ a desiderare, specie a confronto con quelle delle munizioni “a piena potenza” dei fucili dell’epoca; ma la carabina non era stata concepita per la prima linea. Suoi destinatari principali erano ufficiali e sottufficiali, specialisti già carichi di equipaggiamenti diversi da armi come gli addetti alle comunicazioni, medici, genieri, cuochi…; la carabina si rivelò, soprattutto nel corso della Seconda guerra mondiale, essere l’ideale anche per truppe paracadutiste, equipaggi di veicoli corazzati e serventi di mitragliatrici e mortai. L’arma fu testata dall’Esercito USA a più riprese tra l’agosto e l’ottobre del 1941, quando fu ufficialmente adottata e standardizzata con la denominazione di U.S. .30-Cal M1 Carbine; di riflesso, la sua munizione prese la denominazione ufficiale di .30-M1. E colui che aveva reso possibile la sua creazione, David Williams, assunse il nomignolo di Carbine, che l’avrebbe accompagnato fino alla fine dei suoi giorni.

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Il punto dʼaggancio per la baionetta, denominata M4, appositamente ideata per la carabina M1

La standardizzazione della carabina M1 presso le FF.AA. Americane avvenne appena in tempo, due mesi prima dell’attacco giapponese a Pearl Harbour e l’ingresso degli USA nella Seconda Guerra Mondiale. I primi ad averla furono i Marines impegnati sul fronte del Pacifico; col D-Day del 6 giugno 1944, l’arma sarebbe stata impiegata in grandi numeri anche sul fronte Europeo.

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Marchi di fabbrica sotto il ponticello del grilletto di una carabina M1

Inizialmente la carabina M1 era stata concepita come arma a raffica, anche se quest’opzione fu poi parzialmente scartata. Ciononostante, durante il conflitto furono progettate e prodotte numerose varianti della M1. La prima di queste varianti a entrare in servizio fu la M1 A1, con una calciatura modificata per l’utilizzo da parte di unità paracadutiste: impugnatura a pistola e calciolo a stampella in metallo ripiegabile lateralmente. Di questa variante furono prodotti circa 150.000 esemplari durante tutto il conflitto.

Di seguito fu riesumato il “vecchio” progetto dell’arma a raffica, con la costruzione nel 1945 della M2, essenzialmente una M1 capace di fuoco automatico e munita di un selettore di tiro scorrevole sul lato sinistro dell’azione. Per la M2 fu prodotto anche un caricatore ricurvo della capacità di 30 colpi; lo spegnifiamma, inizialmente a tromboncino, fu in seguito sostituito dal modello standard della carabina M1. La velocità ciclica della M2 nel tiro a raffica variava tra gli 850 e i 900 colpi al minuto. Le M2 prodotte furono circa 600.000, alcune delle quali con la calciatura pieghevole M1 A1. La carabina M2 non conobbe mai la popolarità della sua sorella semiautomatica, dimostrandosi una brutta via di mezzo tra un fucile d’assalto e una PM; e durante la guerra di Corea si guadagnò una brutta fama d’inaffidabilità soprattutto durante l’utilizzo a raffica.

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Un passante metallico assicura la canna alla porzione frontale della calciatura in legno

L’ultima variante, conosciuta come M3, derivava direttamente dalla M2 e fu prodotta in soli 3000 esemplari. Era equipaggiata con un attacco di tipo T3 con un visore notturno attivo a raggi infrarossi, lo Snooperscope.

Tra gli accessori che vennero sviluppati nel corso del conflitto per la M1, degno di nota è senz’altro il lanciagranate M8, impiegato con un’apposita munizione a salve.

La carabina M1 e le sue varianti furono utilizzate letteralmente a milioni durante la Seconda guerra mondiale dagli USA e dagli Alleati, anche per operazioni d’incursione da parte di unità quali il SAS britannico e i Commandos del SOE che agivano a supporto di formazioni partigiane dietro le linee nemiche. A oggi, il numero di carabine M1 e derivate fabbricate supera i sei milioni, rendendo di fatto questa “piccolina” l’arma militare più fabbricata al mondo dopo i fucili d’assalto Kalashnikov e M16. Durante la guerra, i fabbricanti principali furono Winchester e General Motors (Inland Division), a cui si aggiunsero altri 8 Sub-Contractors tra cui IBM e Underwood Typewriter. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, la carabina M1 fu distribuita a piene mani a tutti i paesi nuovi alleati del blocco USA contro l’Unione Sovietica. La Germania le distribuì alla Polizia della Baviera, e in Italia i Carabinieri le hanno avute in carico fino a pochi anni fa. In Giappone fu fabbricata dalla Howa Machineries per l’utilizzo da parte della Polizia e delle Forze di Autodifesa giapponesi, e i modelli Howa vennero anche importati negli USA da cui venivano poi rivenduti ad acquirenti istituzionali nel sud-est asiatico. La carabina M1 continuò a essere impiegata militarmente anche dagli stessi USA, che ne fecero abbondante uso durante la guerra di Corea.

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Munizioni .30-M1 Carbine con ogiva FMJRN

Fu proprio durante questo conflitto che le contraddizioni di questa piccola grande carabina si fecero più evidenti. Probabilmente era un segno dei tempi che cambiavano e della modernizzazione che avanzava a passo spedito, ma le FF.AA. Americane presero sempre più in considerazione le lamentele riguardo agli inceppamenti, dovuti soprattutto a molle di recupero troppo deboli e all’insufficiente energia di rinculo generata dalla munizione .30-M1, ma soprattutto alla mancanza di potere di penetrazione e di Stopping Power della cartuccia. Tali lamentele erano state espresse anche durante la Seconda guerra mondiale, ma non si poteva certo pretendere da una munizione FMJ e a punta arrotondata, a 1190 Joules d’energia, di avere il potere d’arresto del .30-06 di un Garand. Le prestazioni inoltre variavano molto a seconda delle condizioni dell’ambiente circostanti, e in particolare risultarono carenti nelle giungle filippine e sulle fredde montagne coreane.

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Benevento, 1993: il fotografo Matteo Brogi, allora allievo nellʼArma dei Carabinieri. Allʼepoca le reclute venivano ancora addestrate al maneggio e allʼuso di questʼarma, oggi dismessa

Gli USA mandarono ufficialmente in pensione la carabina M1 durante la guerra del Vietnam. A sostituirla fu un’arma versatile e leggera, e molto più potente, quale il fucile M16. Le carabine M1 in arsenale furono alienate ai civili o a governi amici, soprattutto al Vietnam del Sud che le fornì alle milizie locali dei Montagnard. Tra i paesi del sud-est asiatico a ricevere grandi quantità di carabine M1 dagli USA sotto gli auspici dei Military Assistance Program vi furono la Thailandia e la Birmania.

Nonostante il suo pensionamento, la carabina M1 continuò a essere considerata un’ottima alternativa per le unità di Polizia praticamente fino a tutti gli anni ’70; e la sua popolarità come arma a uso civile, per la caccia, per il tiro ricreativo o per la difesa, è ancora all’apice anche se il crimpaggio del bossolo rende la vita difficile agli appassionati della ricarica. Gli accessori Aftermarket disponibili negli USA per la carabina M1 sono di tutti i tipi e praticamente non si contano.

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Il capolavoro di David Marshall Williams, la carabina M1, ha servito per decenni in tutto il mondo e continua ancora a rappresentare un “must” per tiratori civili e collezionisti

Questo perché, per usi sulle distanze ravvicinate contro obiettivi non forniti di protezioni balistiche, la M1 Carbine è ancora uno strumento di tutto rispetto, dalle prestazioni paragonabili a quelle di un .357-Magnum, munizione quest’ultima dello stesso peso della .30-M1 (110 grani), sparata a una velocità inferiore (400 m/s contro 600 m/s) e con un inferiore carico d’energia (560 Joules contro 1190), ma avvantaggiata dall’utilizzare spesso munizionamento Hollowpoint o con palla scamiciata. È per questo motivo che l’unità BOPE della Polizia di Rio de Janeiro l’utilizza ancora, così come la MAGAV, la Polizia israeliana, che si fece costruire la M1 dalla Israel Military Industries in grandi quantità; la Polizia israeliana è tuttora affezionata alle prestazioni della .30-M1, tanto da aver recentemente “tentato l’avventura” con un’arma di concezione nazionale camerata per tale calibro, la carabina IMI Magal, rivelatasi un fallimento a causa dell’errata impostazione tecnica; le ormai vecchie carabine M1 della Polizia israeliana sono state dunque ricondizionate da un’altra ditta israeliana, la IAI - Israel Arms International, con parti di fabbricazione moderna importate dagli USA, per continuare a prestare servizio il più a lungo possibile.

La carabina M1 fu inoltre lo strumento di difesa personale preferito dal Leader afro-americano Malcolm X. Dal 1945 a oggi, almeno 10 imprese armiere, tre delle quali non americane, hanno intrapreso la fabbricazione della carabina M1 per usi commerciali o istituzionali; e la M1 è stata utilizzata per scopi militari o di ordine pubblico in 15 paesi diversi, tra cui l’Italia.

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La carabina M1 in smontaggio da campo

Categorizzare la carabina M1 e le sue varianti secondo i canoni della divisione per tipologia delle armi militari moderne non è compito facile. La M1 è sufficientemente precisa sulle brevi distanze: a 90 m si possono ottenere gruppi variabili tra i 3 e i 5 MOA, più che buoni per lo scopo per cui era stata intesa, cioè come arma di difesa a distanze ravvicinate ma superiori a quelle di utilizzo della pistola. La gittata e l’energia alla bocca sono superiori a quelle di qualunque pistola mitragliatrice dell’epoca (Seconda guerra mondiale), anche se la munizione.30-M1 è più piccola e leggera sia della .45-ACP che di qualsiasi munizione da fucile d’ordinanza. Ancora più arduo è classificare la M2/M3. L’arma non è mai stata ideata per essere un fucile d’assalto “concorrente” al contemporaneo Sturmgewehr 44 tedesco, e la munizione .30-M1 difetta parecchio in velocità alla bocca rispetto al calibro 8x33, che inoltre utilizza una cartuccia Spitzer che perde molta meno energia sulle distanze superiori alle 100 yarde. Una PDW ante litteram, insomma? Questo lasciamo che siano i singoli lettori, o meglio, i singoli tiratori, a deciderlo. 

Un avvertimento per chi volesse comprarne una: le carabine M1 sono ampiamente disponibili, in ottime condizioni, sul mercato dell’ex ordinanza nel nostro Paese. Ma per via di un’interpretazione della legge, la classificazione venatoria dell’arma è oggetto di un dubbio amletico. Le autorità di Polizia tendono a considerarla arma comune non atta all’impiego venatorio; il principale distributore di carabine M1 in Italia, Euroarms, è disponibile a fornire tutta la documentazione tecnica e giuridica utile per contestare quest’interpretazione e richiedere, all’atto della denuncia, la registrazione come arma da caccia.


Scheda tecnica

ProduttoreModelli militari USA: Winchester, Inland, IBM, Irwin-Pedersen, National Postal Meter, 
Quality Hardware, Rock-Ola, Saginaw Gear, Underwood, Standard Products.
Modelli commerciali negli USA: Alpine Industries, Auto-Ordnance, National Ordnance,
Plainfield Machine, Universal, Iver Johnson, AMAC, Kahr Arms.
Modelli commerciali e militari fuori dagli USA: Israel Military Industries e Israel Arms
International (Israele) - Howa Machineries (Giappone)
DistributoreEuroarms Italia Srl, Concesio (BS);
tel: 030 2751725 begin_of_the_skype_highlighting            030 2751725      end_of_the_skype_highlighting  
 www.euroarms.net
ModelloM1 Carbineend_of_the_skype_highlighting
Catalogo Nazionale 6726
Tipologia Carabina semiautomatica a recupero di gas con pistone a corsa corta 
Calibro .30-M1 Carbine (7,62x33mm)
Chiusura Geometrica, con otturatore rotante 
Canna Lunghezza 457 mm 
Caricatore/serbatoioAmovibile, bifilare con capienza di 10 colpi (originariamente 15 o 30 colpi)
Scatto Azione singola a cane interno 
Sicure Manuale che blocca la catena di scatto 
Organi di mira Mirino anteriore metallico fisso, diottra posteriore metallica regolabile (a seconda dei modelli) 
Materiale e finiture Acciaio al carbonio, legno di noce per le calciature 
Lunghezza totale 905 mm 
Peso a vuoto 2360 g 
Prezzo 600 euro circa, IVA inclusa 
Varianti militari M1 A1- Carabina semiautomatica per paracadutisti, calciatura in legno con impugnatura a pistola e calciolo metallico ripiegabile lateralmente.
M2/M3- Carabina a fuoco selettivo, disponibile con calcio fisso, con calciatura munita di stampella ripiegabile lateralmente, o con agganci per l'installazione di dispositivi per la visione notturna. Velocità ciclica nel tiro a raffica tra gli 850 e i 900 colpi al minuto