Una pistola per il Volkssturm

Volkssturm
Bombardamenti statunitensi verso la fine della guerra in Germania

Negli ultimi mesi del 1944 la Germania era allo stremo. Nei primi giorni di Ottobre, dopo la soppressione della rivolta, le truppe tedesche si erano ritirate dalla Germania. Il 14 Ottobre uno dei migliori comandanti tedeschi, il Feldmaresciallo Erwin Rommel, si era suicidato dopo le accuse che gli erano state mosse in seguito all’attentato contro Hitler. Il 12 Novembre la corazzata Tirpitz era stata affondata da un bombardamento della RAF. Mancavano meno di sei mesi alla disfatta finale: l’8 Maggio Wilhelm Keitel avrebbe firmato la resa incondizionata a Berlino, al quartier generale sovietico del maresciallo Žukov.

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Membri della milizia popolare nazista, meglio nota come Volkssturm

Alla fine del 1944, comunque, mancavano uomini e materiali. I bombardamenti avevano colpito le vie di comunicazione e moltissimi stabilimenti; la produzione non riusciva a star dietro alle perdite di equipaggiamento. Per le sole armi corte, le truppe tedesche avevano perso 110.092 pistole nella prima metà del 1944; alla fine dell’anno le perdite sarebbero state 282.701.  Distrutte, appartenenti a truppe sconfitte, sequestrate nei depositi dalle truppe alleate che stavano avanzando, queste perdite erano troppe per essere compensate dalla produzione, pur spinta al massimo.

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Il disegno di un prototipo Mauser

Ma più di tutti mancavano gli uomini. La Wehrmacht non ne aveva più a sufficienza per fermare l’avanzata sovietica e il generale Guderian, lo stratega della guerra lampo, propose di riprendere l’esperienza del Landsturm prussiano che dal 1813 al 1815 si era battuto con azioni di guerriglia contro le forze napoleoniche. Nacque così il Volkssturm, una milizia territoriale costituita da persone tra i 13 e i 60 anni che non prestavano già servizio nelle forze armate e che non erano indispensabili allo sforzo bellico, visto che anche il lavoro nelle fabbriche era drasticamente diminuito in seguito ai bombardamenti.

C’erano ragazzi giudicati troppo giovani per la guerra, feriti in convalescenza, riformati alla leva. In teoria il Volkssturm esisteva già a partire dal 1925, ma solo quando Hitler ordinò a Martin Bormann di iniziare il reclutamento di massa quell’armata sulla carta divenne una realtà, anche se la prevista forza di sei milioni di uomini non fu mai raggiunta. Le unità furono poste sotto il diretto comando del partito, per passare agli ordini della Wehrmacht quando fossero entrati in azione; l’insieme di uomini del Volkssturm e di soldati della Wehrmacht aumentava moltissimo l’efficacia dei primi.

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Il prototipo attribuito a Gustloff ma verosimilmente di Mauser, con ritardo d’apertura a gas
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Il prototipo attribuito a Gustloff ma verosimilmente di Mauser, in smontaggio di campagna

Responsabile per armamento e addestramento fu Heinrich Himmler. Ma mentre l’uniforme fu semplificata in un bracciale nero con la scritta Deutscher Volkssturm Wehrmacht accompagnato da stellette da porre sul colletto dell’abito civile, che per molti era già in qualche misura paramilitare, e l’addestramento verteva soprattutto sul fucile Mauser K98 e sul Panzerfaust, l’armamento costituiva un problema. C’era di tutto: accanto ai pochi K98k furono distribuiti vecchi Gewehr 98s, Gewehr 71, Steyr-Mannlicher M1888s, pistole Dreyse M1907. In aggiunta, c’erano armi belghe, sovietiche, inglesi, italiane e francesi catturate o requisite nel corso della guerra.

Volkssturmgewehr
Una vista esplosa del Volkssturmgewehr

Per la verità la Germania aveva sviluppato alcune armi semplici ma abbastanza efficaci, frutto del Primitiv-Waffen-Programm, come l’MP3008 e il Gerät Potsdam – gli Sten tedeschi – e i fucili da VG1 a VG5 realizzati da Walther, Spreewerk, Rheinmetall, Mauser e Steyr. Mentre i primi erano copie brutali ed estremamente semplificate del K98, anche se il VG1 era alimentato da un caricatore amovibile, con mire fisse e sicura molto brutale costituita da una lamiera che si insinuava dietro il grilletto l’ultimo, costruito da Gustloff e conosciuto come Volkssturmgewehr, era un semiautomatico ad apertura ritardata che impiegava la munizione 8x33 Kurz. 

Volkssturmgewehr
Il Volkssturmgewehr di Gustloff: ne furono prodotti circa 10.000

Era stato progettato da Karl Barmitze e fu prodotto, in circa 10.000 esemplari, dal Gennaio 1945 alla fine della guerra. Inizialmente fu chiamato MP507, salvo diventare MP508 con l’aggiunta di una pistola nell’impugnatura. Il caricatore era quello dello Sturmgewehr 44. L’arma è costruita più o meno come una pistola semiautomatica, con la molla di recupero posta intorno alla canna ed il carrello-otturatore che rincula che contiene percussore ed estrattore; la parte posteriore della struttura metallica non rincula e reca il cane, il controcane ed il grilletto. L’apertura ritardata sistema Barnitze utilizzava i gas spillati in prossimità della camera per creare una resistenza all’arretramento dell’otturatore; lo stesso principio lo troveremo sulla Volkspistole di Mauser, che proprio per questo motivo fu erroneamente attribuita, come produzione, a Gustloff e lo ritroveremo ancora sulla pistola P7 di Heckler & Koch. Il Volssturmgewehr era compost di 36 parti, più rivetti e viti, di cui 12 richiedevano operazioni di fresatura, 21 si producevano per stampaggio e 6 erano molle.

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Il fucile VG1 è un K98 brutalmente semplificato e privo di finiture
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il mitra MP3008 trae ispirazione dallo Sten, pur senza esserne una copia esatta

La precisione, per un’arma di quel tipo, era deplorevole ma sufficiente per il tiro alle corte distanze che essa presupponeva: a 100 metri la metà dei colpi stava in un cerchio di 10,2 centimetri di raggio ed il cento per cento in un cerchio di 19,8 centimetri di raggio, misure senz’altro sufficienti a garantire di colpire un nemico puntando al bersaglio grosso. Tuttavia le sole prove di cui abbiamo notizia sono quelle effettuate dai sovietici su un Gustloff catturato e non è detto che riflettessero la totalità della produzione, specialmente considerando che verso il termine della guerra le ispezioni al prodotto potevano essere meno rigorose, fino ad immettere in servizio esemplari che in tempo di pace sarebbero stati scartati. 

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Il primo esperimento di Walther con la lamiera stampata

Il problema logistico, con tante armi in tanti calibri diversi, era spaventoso, aggravata dal fatto che negli ultimi mesi di guerra alle armi già eterogenee si aggiunsero fucili da caccia ad anima liscia ed anche armi prese dai musei. La bella teoria secondo cui il Volkssturm sarebbe dovuto essere equipaggiato sia dalla Wehrmacht sia dalle SS si scontrava con il fatto che entrambi non avevano armi da distribuire.

Per le armi corte, era ancora peggio. I responsabili locali del partito erano autorizzati a ricevere armi dalle fabbriche situate nel loro territorio, ma queste sarebbero dovute provenire da impossibili surplus di produzione o essere costruite in forza di un contratto militare. In condizioni ordinarie, non vi era alcunché per il Volkssturm. 

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L’arma aveva chiusura geometrica con canna rotante

Il problema del sostegno produttivo allo sforzo bellico era sentito dai principali produttori, tanto che fin dagli inizi del 1944 sia Mauser sia Walther avevano cercato di semplificare le loro armi, costruite dal pieno con notevole dispendio di lavorazioni meccaniche, tempo e materiali. Vi furono prototipi, mai entrati in produzione, che tuttavia servirono di esperienza quando alle aziende fu chiesto di produrre in tempi brevi e a costi bassi una grande quantità di armi funzionanti; uno di essi, realizzato da Walther con un fusto di cui era stampato solo il telaio mentre i fianchi erano costituiti da lamiera tranciata di precisione, aveva una chiusura stabile realizzata con il sistema della canna rotante.

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La presenza degli elementi di lamiera è visibile sui fianchi del telaio
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È ben visibile la lamiera tranciata

La nuova arma doveva utilizzare il caricatore della Walther P38, arma d’ordinanza, ed essere in grado di mettere tutti i colpi in un bersaglio di 20x20 centimetri alla distanza di 25 metri. La storia della Volkspistole, tuttavia, è breve e ha inizio il 30 Novembre del 1944, con una riunione tra il segretario di Stato Karl Saur, lo SS-Obergruppenführer Gottlob Berger e vari funzionari del Technisches Amt. 

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Dettaglio con il Walther-Schleife
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è evidente l’alto numero di spine e rivetti; le saldature furono limitate al minimo

Nell’occasione Saur promise una consegna mensile di 20.000 esemplari di Volkspistole e il giorno successivo questa promessa si tradusse in una proposta di contratto che fu inviata all’SS-Standartenführer Purucker, il quale la inoltrò alla Walther come Ordine di Guerra nr. 1005 Waffen-SS il 4 Gennaio 1945; non consta che proposte d’ordine siano state inoltrate a Mauser e Gustloff. Si era ormai al Crepuscolo degli Dei e la situazione produttiva era disperata, ma sarebbe stato difficile per Walther rifiutare un ordine con quella provenienza, anche se la produzione era impegnata con altre armi militari: P38, K43 e VG10 lasciavano ben poco spazio per altro, specialmente considerando al crescente difficoltà di approvvigionamento delle materie prime.

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La Walther Volkspistole, lato sinistro

Quindi, dopo aver accettato l’ordine, Fritz Walther scrisse a Purucker confermando di aver ricevuto l’ordine, ma aggiungendo che non sarebbe stato possibile rispettare le consegne di Febbraio e Marzo. 

La produzione non sarebbe stata possibile prima della realizzazione dell’attrezzaggio e si chiedeva di sollecitare l’invio dei materiali necessari per essa, soprattutto lamiera d’acciaio. Inoltre Walther faceva notare che l’ordine ricevuto aveva priorità uno mentre le altre armi costruite avevano priorità zero, per cui l’approvvigionamento di materiali per la priorità uno era ulteriormente difficoltoso. 

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La Walther Volkspistole, lato destro

Come conseguenza di questa lettera, il 10 Febbraio l’ordine fu classificato come Führer Notprogramm, programma di emergenza di Hitler, ma la produzione di massa non ebbe mai inizio, anche perché il 4 Aprile gli americani occuparono l’area di Zella Mehlis. La pistola conservata dalla Walther, attualmente nel museo dell’azienda, reca stampigliato il numero 105 ma la matricola è 12; verosimilmente il numero 105 fu impresso dopo la fine della guerra.

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Nella vista posteriore è ben visibile il sistema dei due semicarrelli

Dell’arma si conosce solo questo esemplare oltre a quello fotografato.

Praticamente l’intera arma, che nonostante la progettazione nel Primitiv-Waffen-Programm ha una certa eleganza ed una spiccata personalità, è realizzata in lamiera stampata e solo poche parti, che si limitano a canna, guidamolla, blocchetto otturatore e cane esterno, sono realizzate dal pieno. 

Le parti sono unite con spine e rivetti e la saldatura a punti è stata limitata al minimo indispensabile. Solo le guancette dell’impugnatura sono tradizionali in legno e unite al fusto da una coppia di viti. Nonostante la costruzione in lamiera stampata, il peso non è particolarmente ridotto visto che l’arma scarica pesa 1088 grammi. L’otturatore è tenuto in sito da due spine, che assorbono l’intera forza del rinculo; il carrello è costituito da due semicarrelli che si incastrano l’uno nell’altro e accolgono l’otturatore; la giunzione posteriore tra i due è assicurata dagli intagli di presa di quello esterno, realizzati per coniatura, che si incastrano in corrispondenti alloggiamenti ricavati in quello interno, mentre in volata i due semicarrelli sono rivettati. Le guide del carrello sono costituite da brevi tratti ricavati nel fusto per stampaggio e sono cinque per parte.

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La canna ha un ingrossamento anteriore per l’accoppiamento con il carrello, la matricola è 9

In volata, la canna si inserisce nel carrello per mezzo di un ingrossamento ricavato durante la tornitura esterna; posteriormente essa è unita al fusto da un elemento cilindrico che si inserisce in un foro cieco ricavato nella parte posteriore della canna stessa, in corrispondenza dell’ingrossamento in culatta. 

L’elemento è comandato dalla leva posta sul fusto davanti al grilletto: abbassandola il cilindro si retrae ed è possibile sfilare la canna in avanti. Quindi si separano carrello e fusto. Le uniche stampigliature di fabbrica dell’arma sono la matricola, il logo Walther (Walther-Schleife) sul lato sinistro del carrello e le lettere S (Sichert) e F (Feuer) che contrassegnalo le due posizioni della sicura. Il numero 105 sull’arma con matricola 6, - ma la canna reca il numero 4 - come già detto fu verosimilmente aggiunto dopo la guerra; la pistola del museo Wather matricola 12 ha nella stessa posizione il numero 14.

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Una vista delle mire; la tacca è ricavata da una ripiegatura mentre il mirino è saldato

L’arma è in singola azione e funziona a chiusura labile. L’esemplare già appartenente alla collezione Visser, che ho avuto la fortuna e l’emozione di tenere in mano durante una visita a Geoffrey Sturgess, manifesta una fortissima assistenza del cane, il cui armamento è duro almeno quanto quello della nostra Beretta 34; in aggiunta, considerato il peso totale dell’arma, l’insieme carrello-otturatore non era leggero. Peraltro con lo gli stessi principi gli Spagnoli avevano in servizio armi a chiusura labile camerate nel potente 9x23mm Bergman-Bayard, da loro chiamato 9 Largo. La tacca di mira è ricavata da una ripiegatura del semicarrello esterno mentre il mirino, che non si poteva ricavare di pezzo per stampaggio, è saldato.

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Non si dovrebbero MAI aggiungere scritte a un reperto storico!

Il progetto è intelligente ed economico. Anche in questi tempi di realizzazioni plasticose, resta il rimpianto che la produzione della Walther Volkspistole sia stata accantonata con la fine delle ostilità: con gli attuali materiali, le moderne tecnologie di tornitura automatica e magari un elemento conico che trattenga la canna al fusto con maggiore precisione e attui il recupero automatico dei giochi, l’arma sarebbe ancora attualissima, più che adatta per il porto in servizio. E in dimensioni ridotte, magari camerata per il 9mm corto o il 9mm Makarov e con guancette stampate per ridurre lo spessore, sarebbe ancora un eccellente ed economicissimo attrezzo per il porto occulto e la difesa personale. 


La rarità degli esemplari non ha consentito di averli a disposizione per fotografarli direttamente. Le foto pubblicate su queste pagine sono dovute alla cortesia della Casa d’aste James Julia, che si è occupata della vendita della collezione di Geoffrey Sturgess e ne detiene il copyright. Le foto dei fucili sono tratte da cataloghi di Hermann Historica, i disegni da Ezell.