Ben 2376 postazioni per MG, 479 piazzole per cannoni anticarro, svariate casematte in cemento armato, fossati anticarro, denti di drago e oltre 120km di filo spinato e reticolati, tutto ciò nel settembre del 1944 era la Linea Gotica (Grüne Linie) un sistema difensivo che correva da Pesaro a Marina di Massa dove i soldati della Wehrmacht trincerati e armati fino ai denti aspettavano le truppe alleate che stavano faticosamente e lentamente risalendo l'Italia. Anche nella zona delle montagne del selvaggio Casentino, in provincia di Arezzo, tutto era pronto. La storia militare però ebbe un altro corso e nell'autunno del 1944 questo settore del fronte fu interessato in maniera minore rispetto all'Appenino tra Firenze e Bologna - Imola, nel Pistoiese e in Garfagnana o nella zona adriatica, dove si combatterono gli scontri decisivi per lo sfondamento finale della Linea Gotica avvenuto solo nell’aprile del 1945.
Oggi però è possibile visitare questa parte di Linea Gotica seguendo un suggestivo percorso trekking che si chiama “Anello della Linea Gotica” e che grazie ad un'accurata segnaletica indica esattamente a chi lo percorre dove si trovavano postazioni difensive, ricoveri per truppa, depositi di munizioni, piazzole per cannoni e mortai nonché Fox Holes (tane di volpe) e nidi di mitragliatrici. Non solo proseguendo per “Il Sentiero dei Tedeschi” è possibile ripercorrere lo stesso tragitto che 77 anni fa facevano in mezzo ai boschi paracadutisti e truppe da montagna tedesche, collegando i due principali comandi di zona. I resti delle postazioni tedesche non sono stati restaurati in questo settore della Linea Gotica ma, osservando le immagini provenienti da altre zone, che qui vi riportiamo, è facile farsi un'idea del loro originario aspetto.
Infatti, gli ingegneri dell'Organizzazione Todt, incaricata qui come in tutto il Reich dei lavori campali, avevano messo a punto una dozzina di modelli di rifugio standard che poi i genieri della Whermacht realizzavano in loco dirigendo spesso il lavoro della manodopera locale che si serviva di grossi tronchi e materiale di facile reperibilità.
Essi offrivano una valida protezione per le truppe in linea contro i bombardamenti aerei, il tiro delle artiglierie campali e quello ancor più micidiale dei mortai nemici. Se non centrati in pieno i rifugi tedeschi con i loro terrapieni e i loro camminamenti di trincea antistanti, scavati a zig-zag, costituivano una valida barriera contro le schegge di granata. Non solo la costruzione di tali rifugi veniva spesso realizzata poco sotto i crinali là dove era più difficilmente inquadrabile dal tiro dei cannoni. La sapiente mimetizzazione, di cui i tedeschi erano diventati maestri a questo punto della guerra, dei vari ingressi faceva poi il resto. Al loro interno l'isolamento termico dalla terra era assicurato con un pagliericcio o da semplici assi di legno mentre per l'illuminazione si faceva perlopiù ricorso a candele, lampade al carburo o torce elettriche a batteria. Per il riscaldamento ci si affidava invece a stufe artigianali o in ghisa dotate di tubi di latta per eliminare il fumo dall'interno del ricovero.