Siccome tutti dicono che le armi sono pericolose, allora le armi sono pericolose. E sparano da sole.

Perché le nostre posizioni, sono sempre chiuse in una gabbia? Ci avrai fatto sicuramente caso. Ad esempio, le analisi ben fatte su alcuni mass shooting americani, considerazioni analitiche sulla sostenibilità logica di certe “statistiche”, rimangono sempre diffuse all’interno delle nostre cerchie ristrette di persone, riviste, o gruppi. Questo intendo con “chiusura nella gabbia”. Il solo tentativo di diffondere queste opinioni al di fuori delle gabbie, provoca: la censura, la ridicolizzazione, risposte incongruenti.

Come costruire la gabbia

Esperimento Asch
L’esperimento di Solomon Asch: “Quale tra le linee A, B e C è della stessa lunghezza della linea X?”

Nel 1951 lo psicologo Solomon Asch fece un bellissimo esperimento. Sintetizzo parecchio: mostrò a un gruppo di persone una lavagna con una serie di linee rette. Il gruppo era preventivamente addestrato a “recitare” delle risposte deliberatamente sbagliate. Solo il soggetto sperimentale (la “cavia”) era ignaro di questo accordo preventivo. Lo sperimentatore chiese: “Quale tra le linee A, B e C è della stessa lunghezza della linea X?”.

Tutti quelli interrogati, i “complici”, davano apposta, stessa risposta sbagliata. Solo il soggetto sperimentale dava la risposta corretta. Dopo un po’di situazioni simili, tuttavia, il soggetto sperimentale arrivava a negare la sua stessa percezione corretta. In pratica, mentiva a se stesso, sotto la pressione psicologica del gruppo.

Ora, se al posto delle linee, ci fossero immagini (o post) di armi? Voilà, il gioco è fatto. Il processo psicologico è lo stesso.

Solomon Asch fu uno psicologo polacco trasferitosi negli USA dove fu docente allo Swarthmore College, in Pennsylvania. È famoso per i suoi studi sulla riprova sociale.

Se tutti ti dicono che le armi sono solo brutte e cattive e sparano da sole, tu ci crederai. Ma non solo: se ti faranno sentire anche in colpa per il solo fatto che proponi una visione diversa, ed argomentazioni differenti, allora ti hanno etichettato come “Mad or Bad” (cattivo o pazzo: il risultato finale di ogni brainwash e social control). Diventerà “peccato” pure solo ricercare informazioni e pensare. E ora abbiamo anche capito perché i commenti dissonanti vengono cancellati con tanta solerzia, le persone che “osano discutere” con un certo analista, vengono immediatamente bannate.

Il meccanismo di Solomon Asch, funziona solo se nell’aula tutti dicono la cosa falsa. Funziona solo se sulle bacheche, giornali, tv, si fanno risultare solo quelli che dicono che la riga corta è invece lunga.

Un altro psicologo americano, Irving Janis, ha dimostrato il pericolo del “Groupthink”; in cui ha anche mostrato i meccanismi della tendenza all’espulsione di pensieri scomodi, contrari al gruppo; e – fondamentale- creare l’auto persuasione. Significa fare in modo che il soggetto manipolato sia convinto che i pensieri e le azioni siano frutto di decisioni autonome (il “noleggio dei pensieri” di altri). In tale situazione, puntare sulla razionalità e la buona fede delle persone è di norma una strategia fallimentare. In pratica, ogni argomentazione razionale anche solida non “attecchisce”; è necessario pertanto far presa solo e soltanto sulle emozioni.

E’ questo il motivo per cui le risposte/riscontri, degli antiarmi (ammesso di non venire bannati o bloccati) sono quasi sempre “pensieri a noleggio” che-fateci caso-esprimono terrore, paura, una vera fobia per l’oggetto o l’argomento in discussione.

Le argomentazioni solide del logos antiarmi non sono né argomentazioni, né tantomeno solide.

Allora, come far funzionare la propaganda disarmista?

Semplice: con il groupthink alla … Irving Janis.

Due tiratrici con Marlin 1917
L’incubo degli antiarmi: due ragazze si divertono pacificamente sparando con una mitragliatrice Marlin 1917. Una bellissima foto di Oleg Volk.

Allora i pochi che sono capaci di giudizio, o osano solo cercare e verificare, sono costretti a tacere, e possono parlare solo quelli del tutto incapaci di avere opinioni proprie. Sono proprio questi ultimi i soldatini più utili della propaganda antiarmi: diventano i difensori più zelanti e intolleranti di quelle opinioni. Essi, bannano e condannano neppure più colui che la pensa diversamente, ma addirittura il solo intento di avere opinioni: l’audacia di voler giudicare da sé, diventa stigma sociale. Questi soldatini diventeranno poi i delatori, i “segnalatori su facebook”, eccetera. Quando un’opinione (antiarmi, ndr). diventa molto diffusa e condivisa, è impossibile da smontare, anche se palesemente falsa. E – attenzione: si attiva il postulato: “Se fosse del tutto falsa, non sarebbe condivisa da così tante persone, quindi è vera.” Wow: pensiero autoreferenziale.

Come smontare la gabbia

Prima di tutto rendersi conto che chi cancella, o banna, che il quotidiano che non vi pubblica mai la lettera di risposta ad articoli farlocchi sui nostri argomenti, non lo fa perché è “cattivo”, “stupido”, eccetera.

Se penso così, inconsapevolmente, partecipo alla costruzione della gabbia.

Chi vi banna agisce così, perché dietro ci sono persone che conoscono molto bene i meccanismi del consenso e della riprova sociale.

Allora una soluzione è metacomunicare. Cioè non tanto discutere sulle statistiche dei mass shooting, etc. (quello viene dopo), ma dimostrargli questi meccanismi psicologici. Anche sol parlarne, come stiamo facendo, e come presente anche nello Statuto di AUDA.


Roberto Pasero (psicoterapeuta cognitivo comportamentale)

Francesco Volta (analista di rischio e praticante Mindfucker)

Associazione Utilizzatori delle Armi

www.AUDA.it

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