Fortificazioni storiche in Italia: la batteria costiera di Punta Chiappa

La 202ª Batteria costiera del Regio Esercito, detta batteria di Punta Chiappa (punta piatta), faceva parte del sistema costiero a difesa di Genova durante la Seconda guerra mondiale insieme alle batterie di Arenzano, Monte Moro e Pegli ed era un sistema antinave a protezione del Golfo di Genova costruito alla fine degli anni trenta sul versante occidentale della penisola di Portofino. In quel periodo la situazione politica dell’Italia aveva visto in campo estero un inasprimento dei rapporti con le potenze europee in particolar modo con la Francia e di conseguenza la necessità di realizzare un rafforzamento delle difese costiere del paese, soprattutto nelle vicinanza di basi navali e di importanti centri industriali. Per la piazza di Genova fu decisa la costruzione di due batterie da 152/45, la batteria Mameli e appunto la batteria Punta Chiappa, supportate da due pontoni armati dislocati nel porto di Genova, e dal "primo gruppo di batterie mobili ferroviarie". 

Quello che riamane della piazzola destinata al pezzo antiaereo da 37 mm che si trova tra la sentinella ed il corpo di guardia.

Scoppiata la Seconda Guerra Mondiale ci si rese conto però che tutti questi accorgimenti difensivi non erano sufficienti. Le incursioni navali francese del 14 giugno 1940, e inglese del 9 febbraio 1941, evidenziarono in maniera drammatica che le batterie di Punta Chiappa e Mameli con i loro pezzi da 152 non erano in grado di impensierire le navi avversarie. Fu così fu decisa la costruzione di due nuove e moderne batterie costiere, dotate di affusti per pezzi dal 381/40, la batteria Monte Moro e la Batteria di Arenzano. La batteria di Punta Chiappa non entrò mai in azione, in quanto durante le incursioni di giugno e febbraio, le navi nemiche erano totalmente fuori dalla portata dei suoi cannoni che  erano appunto pezzi di medio calibro (modello Schneider 152 mm) che potevano sparare proietti da 47 kg, fino ad un colpo al minuto, per una distanza massima di 19 km. I  cannoni erano posizionati in "barbetta" su  piattaforme di calcestruzzo; ogni postazione era allestita su piazzola, coperta da reti mimetiche. Nella roccia alle spalle delle piazzole erano scavate due stanze, dove venivano tenute le munizioni. Oltre ai cannoni antinave la batteria poteva contare, qualora fosse stata inquadrata dal cielo nonostante le reti mimetiche, su alcune postazioni contraeree, armate con mitragliatrici di grosso calibro. Una, da 37 mm, era posizionata sulla piazzola tra la sentinella ed il corpo di guardia, l’altra, da 20 mm, era installata sul tetto della Stazione protetta di tiro. Queste armi potevano sparare fino a 50 colpi al minuto ad una distanza massima di 5 km. Tutta la batteria era organizzata a caposaldo, e difesa da un sistema di reticolati e campi minati. Del complesso della batteria facevano parte anche diverse installazioni, oggi ancora visitabili. Il Bunker Telemetrico, ossia la Stazione protetta di tiro nella cui parte posteriore era ricavata una nicchia che probabilmente aveva funzione di portamunizioni. Una botola con coperchio metallico permetteva l’ingresso al tunnel di collegamento con il bunker radio sottostante. Poi c’erano i cosiddetti  sevizi logistici: un'infermeria,  fondamentale a causa della lontananza degli ospedali, un locale comando, i dormitori, che erano divisi tra quelli destinati agli ufficiali che avevano a disposizione un edificio indipendente con diverse stanze e bagno autonomo, e quelli per i soldati semplici ed i sottufficiali  che dormivano tutti insieme in due grandi camerate. Nello stesso edificio vi era poi la mensa con a fianco   un magazzino. Poi si trovavano  le cucine e le latrine.

Il Golfo di Genova visto dal sentiero che conduce alla postazione.

Tutti i locali erano addossati a pareti rocciose, dove erano ubicati gli ingressi dei tunnel (lunghi anche 25 metri) che portavano ai depositi e ai ricoveri per il personale. Di fronte all'ingresso del locale comando è tuttora visibile, una lama metallica con funzione di pulisciscarpe, necessaria a togliere il fango dalle suole. Un'insegna con la scritta "Chiappa" e a fianco uno scudetto che assomiglia ad uno stemma araldico si trovano invece sopra lo stipite di una porta. In uno dei rifugi antiaerei è ancora leggibile la scritta in tedesco:"Spiele nicht mit ein Gewehr, denn es konnt geladen sein", "Non giocare con un fucile, perché potrebbe essere carico". Dopo l’8 settembre del 1943 la batteria di Punta Chiappa passò sotto il controllo della Wehrmacht non prima che l’organizzazione Todt ne rinforzasse le strutture adattandole a bunker in funzione antisbarco: al posto di due delle piazzole, furono realizzate due casematte a "guscio di tartaruga" che furono armate con due pezzi antiaerei della Flak da 88 mm; si trattava di spesse costruzioni in cemento armato dalla forma che ricorda il carapace di una tartaruga, che servivano a difendere i cannoni ed i soldati da proiettili, esplosioni e schegge proprio grazie alla loro particolare forma. Essendo però molto grandi, anche se venivano mimetizzate, rimanevano più visibili rispetto alle precedenti piazzole italiane, perfettamente nascoste nell’ambiente. Il loro comando  fu installato a San Rocco di Camogli all'interno di Villa Giulia.

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Video: La batteria costiera di Punta Chiappa